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Comune di Garlasco

Comune di Garlasco (1436 - sec. XVIII)

Fondo

Storia archivistica:

L’archivio storico del comune di Garlasco si trova nel palazzo del Municipio, in tre locali recentemente riattati e dotati di armadietti e scaffalature metalliche, assieme agli archivi degli enti assistenziali estinti.

Pur non conoscendo i diversi spostamenti subiti nei secoli dall’archivio, dall’esame della documentazione si ricava che fino a tutto il sec. XVIII i documenti sono conservati nella sala delle riunioni del consiglio della comunità, situata nella torre del castello di Garlasco. L’archivio storico comprende i documenti dal 1436 al 1950, tutti rilegati nel 1960 a formare circa 500 volumi, la documentazione degli archivi degli enti assistenziali estinti (ospedale S. Rocco, E.C.A., Società di Mutuo Soccorso, Opere pie) è conservata in 128 buste(1).

Non si ha notizia delle motivazioni che hanno portato alla rilegatura, né da chi sia stata proposta. Tra il 1959 e il 1960 l’amministrazione comunale, su espresso invito della Soprintendenza Archivistica di Milano, incarica l’allora segretario Renato Russo di riordinare l’archivio di deposito per i documenti dal 1952 al 1959. Probabilmente il Russo, presa visione anche dell’archivio storico, propone l’opera di rilegatura onde evitare possibili furti e garantire la “buona conservazione” dell’archivio. Il risultato è di dubbia utilità: si vedono documenti rifilati ai margini e altri piegati in quattro parti e cuciti al centro in modo tale da impedirne la lettura. Considerando la frequente casualità nella sequenza dei documenti all’interno di ogni volume, si può presumere che la rilegatura non sia stata preceduta da un riordino logico dei documenti. Si nota infine che sono stati rilegati anche molti registri già provvisti di legatura originale.

Esiste un inventario degli atti dal 1436 al 1897 di cui non si conserva copia in comune, redatto, su richiesta della Soprindentenza Archivistica di Milano, probabilmente a opera del segretario comunale di Garlasco e spedito alla Soprindentenza il 25 settembre 1950(2). Tale inventario risulta assolutamente sommario e metodologicamente differente da quello commissionato con delibera del 26 novembre 1967 dal comune di Garlasco e consegnato in Soprindendenza il 2 aprile 1969(3).

Già nel settembre 1965 l’incaricato del riordino e dell’inventariazione, presa visione dell’archivio, rileva nella sua relazione che “non ha una fisionomia archivistica ben definita. Anche la raccolta di oltre 500 volumi contenenti gli atti dal 1436 al 1935 (bellissima esteriormente) non è altro che un ammasso continuo di carte legate senza nessuna indicazione, classificazione, inventariazione…”. Nella relazione al termine dei lavori avvisa di essersi attenuto ad una classificazione dei documenti basata sulle 15 categorie adottate per gli archivi correnti, perché così li aveva trovati ormai definitivamente rilegati, avvertendo inoltre di essersi maggiormente diffuso nell’analisi delle buste contenenti i documenti più antichi e di maggior rilievo. “…Essendo però il fondo riordinato in precedenza da persona non competente, sulla base delle 15 categorie, e in seguito definitivamente compromessa ogni possibile revisione, con la rilegatura dei fascicoli, non si è potuto ricostruire il vecchio ordinamento; si è curato allora al massimo di descrivere analiticamente gli atti, specie quelli più antichi ed importanti (cat. V)…”. La consultazione di questo inventario risulta però alquanto complicata, non essendo stato adottato un criterio uniforme di individuazione delle unità archivistiche: talvolta si dà notizia dei singoli documenti compresi in un volume, altre volte tutto il volume è citato come unità, pur contenendo invece documenti assolutamente diversi per tipologia: pertanto l’inventario risulta lacunoso. In entrambi gli inventari sopra menzionati i documenti sono classificati secondo le 15 categorie, ma l’inventario del 1950 descrive in tutto 95 buste, riducendo ogni categoria all’elenco di poche voci riferite ad archi cronologici molto ampi(4).

Esiste in archivio un inventario che risale al 28 febbraio 1778 ed è stato redatto in osservanza alle normative stabilite dal “Regolamento dei Pubblici” del 6 giugno 1775(5). Dopo alcuni tentativi di ricostruire l’ordinamento primitivo dell’archivio comunale secondo questo inventario, si è constatato che esso risponde ad esigenze di collocazione e reperibilità di documenti ormai svanite e non segue criteri archivistici. Si segnalano infine due elementi indicativi di altri tentativi di riordino, dei quali non si è in grado di ipotizzare una collocazione cronologica e che saltuariamente hanno riscontro nell’inventario del 1969. In alcuni volumi esistono delle camicie del sec. XX rilegate insieme ai documenti sulle quali sono indicati oggetto, categoria, classe, fascicolo; da qui probabilmente la scelta di uniformarsi all’uso delle 15 categorie nel riordino del 1969.

Sulle camicie originarie o sulla prima carta delle unità archivistiche rilegate è presente una numerazione a matita rossa o blu, talvolta apposta in ordine progressivo all’interno del singolo volume o fascicolo, talvolta apposta in ordine inverso e spesso in questo caso in funzione di una sequenza cronologica dei documenti, altre volte ancora senza rispecchiare alcun ordine apparente, magari con un salto nella numerazione o con la ripetizione di numeri uguali nello stesso volume.

Per consentire l’individuazione delle unità archivistiche rilegate nei volumi, si sono indicati al campo segnatura il numero del volume, progressivo per tutto l’archivio, e il numero dell’unità (n.), che coincide con la numerazione a matita rossa o blu apposta sulle camicie o sulla prima carta di ogni singola unità dal precedente riordinatore. Nel caso in cui tali numeri risultino ripetitivi all’interno di uno stesso volume o, comunque, di difficoltosa o dubbia individuazione, si sono specificati gli estremi delle carte secondo la numerazione recente.

Non sussistendo valide motivazioni archivistiche si è preferito abolire la definizione di categoria, classe, fascicolo fornita dall’inventario; si è comunque cercato di rispecchiare i criteri di suddivisione delle unità suggeriti dallo stesso.

I registri delle “serie speciali”, sono numerati progressivamente all’interno di ogni singola categoria: infatti, l’inventario riporta la voce “spec.” seguita da categoria e numero di registro.

La legatura indicata è quella originale, fermo restando il fatto che tutti i documenti presenti in archivio sono stati rilegati in epoca recente.

Alla voce “titolo – natura giuridica” per gli atti singoli si è specificata la natura giuridica del documento, riportando in nota l’eventuale titolo originale. Diversamente, non potendo individuare la natura giuridica, si è citato il titolo originale, in mancanza di ciò, lo si è formulato; per registri e fascicoli si è sempre mantenuto il titolo originale.

Le segnature antiche, apposte sulla camicia o sulla prima carta degli atti, sono state segnalate in nota.

1 Si conserva anche l’archivio dell’orfanotrofio Serafini, in disordine e privo d’inventario; tale archivio e quelli degli altri enti assistenziali estinti non sono stati presi in considerazione dal progetto Archidata.

2 Nel 1952 viene trasmesso alla Soprintendenza Archivistica di Milano anche l’inventario di deposito per gli anni 1898-

3 L’inventario, suddiviso in due volumi, comprende anche gli archivi degli enti assistenziali estinti, ed è stato compilato dal cavalier Mario Caruso per conto della ditta R. Rizzi, allaquale ha affidato i lavori nella delibera

4 Non si sa a cosa corrisponda ogni voce, perché da varie testimonianze risulta che all’epoca i documenti giacevano sparsi in una stanza in stato di totale abbandono

5 Le sgneature citate in nota nelle schede unità sono tratta dl sudeddo inventario; cfr unità 4 dell’inventario che segue

Codici identificativi:

  • MIBA002F3C (PLAIN) | Annotazioni: Verificato il 18/10/2013

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Soggetti produttori

Progetti