Comune

Il 23 ottobre 1859 viene emanata quella che è conosciuta come legge Rattazzi, che prevede l’estensione alle province lombarde degli ordinamenti di comuni e province vigenti nello stato sabaudo. Qualche anno dopo, con la legge 20 marzo 1865, n. 2248 l’ordinamento è esteso a tutto il territorio nazionale, con l’esclusione delle province ancora appartenenti allo Stato pontificio. Così, le istituzioni comunitative che per secoli avevano governato il territorio degli Stati preunitari vengono ovunque sostituiti dal nuovo assetto istituzionale, quello del Comune.
La legge Rattazzi dispone anzitutto la suddivisione territoriale del Regno in Province, Circondari, Mandamenti e Comuni (art.1). Si occupa poi di disciplinare l’organizzazione di questi ultimi: ciascun comune avrà da allora un Consiglio comunale, elettivo, ed una giunta comunale, espressa dal Consiglio; può avere un segretario e un ufficio comunale, ma più comuni possono valersi di uno stesso segretario ed avere un solo archivio. Il Consiglio comunale, secondo la legge in questione, era composto da un numero di membri che variava a seconda del totale della popolazione del Comune. La Giunta municipale era costituita dal Sindaco e anch’essa da un numero variabile di assessori e supplenti, a seconda della popolazione. Lo stesso atto normativo disciplina il sistema elettorale fissando diritti e limiti dell’elettorato attivo e passivo per la costituzione del Consiglio comunale: vi partecipano gli abitanti che pagano contribuzioni dirette di entità determinate in base al numero di abitanti; ne sono esclusi analfabeti, donne, interdetti e soggetti condannati a pene correzionali. Seguivano le competenze del Consiglio comunale, della Giunta municipale, le modalità di nomina e le funzioni svolte dal Sindaco, che riveste la doppia funzione di ufficiale del governo, in quanto tale nominato direttamente dal Re, e di capo dell’amministrazione comunale. Negli ultimi due capi vengono prescritti vari obblighi in materia di amministrazione e contabilità, nonché gli obblighi di sottomissione all’esame dell’intendente, poi divenuto prefetto, delle deliberazioni e dei bilanci comunali.
In seguito all’ampliamento del Regno, la legislazione del 1865 viene estesa (d.l. 1 agosto 1866, n.3130) alle Province del Veneto e a Roma, e provincia (d.l.15 ottobre1870, n.5928), attuando l’unificazione amministrativa anche nei territori di nuova annessione. La legge 30 dicembre 1888, n. 5865 apporta poi notevoli modifiche alla precedente legislazione, e si può dire che costituisca tuttora l’ossatura dell’ ordinamento comunale.
Per quasi cinquanta anni, fino al ripristino nel 1946 degli organi rappresentativi, l’ordinamento comunale si è fondato pressoché esclusivamente sulle successive disposizioni emanate con i testi unici del 1915 e del 1934. Con la Costituzione repubblicana, approvata con deliberazione dell’Assemblea costituente in data 22 dicembre 1947, si fissano i principi inerenti al nuovo ordinamento dei Comuni e delle Province, unitamente a quelli riguardanti gli altri enti territoriali, le Regioni. Un intero capitolo della Carta costituzionale, il V, con 20 articoli, dal 114 al 133, è dedicato alla configurazione della struttura amministrativa dei comuni, imprimendo al principio dell’autonomia locale un valore determinante, in senso qualificatorio dello Stato. A partire dal 1990 sono state approvate una serie di norme tendenti ad accentuare l’autonomia legislativa di comuni e province e a semplificare gli ordinamenti istituzionali e finanziario-contabili relativi a tali enti. La legge 8 giugno 1990 n. 142, contemporaneamente all’affermarsi delle istanze di trasparenza e partecipazione del privato all’attività procedimentale, ha apportato rilevanti modifiche al quadro preesistente, stabilendo un nuovo assetto dei rapporti tra Stato, Regione, ed autonomie locali (Comuni, Province, comunità montane). Con il decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, è stato approvato il “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, che ha provveduto a coordinare e riscrivere le disposizioni contenute in oltre quaranta leggi, abrogando tra le altre la L. 142/90, la l.265/1999 e il T.U. del 1934, in un testo unitario che stabilisce l’organizzazione, gli organi, le disposizioni relative al personale, al bilancio e al sistema finanziario e contabile di comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi.
Ad ultimo, la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 ha riformato il titolo V – parte seconda della Costituzione apportando modifiche rilevanti al testo unico del 2000. La legge ha stabilito che i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni sono enti autonomi, con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla Costituzione. L’art. 118 dispone che le funzioni amministrative siano attribuite ai comuni a meno che, per assicurarne l’esercizio unitario, non siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato. La legge ha riservato alla legislazione esclusiva dello Stato, oltre a materie quali la politica estera, i rapporti con le confessioni religiose e l’organizzazione amministrativa statale, anche la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.