Consorzio autonomo Milano Monza Umanitaria - CAMMU ( 1921 - 1938 )

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Ente funzionale territoriale

Sede: Monza

Codici identificativi

  • MIDB000CE8 (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]

Profilo storico / Biografia

In esecuzione del regio decreto legge n. 1792 del 3 ottobre 1919, la Villa Reale di Monza con il Parco e le incluse Ville Mirabello e Mirabellino, cessarono di far parte della dotazione della Corona e furono retrocessi al demanio dello Stato, per essere in parte assegnati in uso al Ministero dell’istruzione pubblica e in parte trasmessi in proprietà dell’Opera nazionale combattenti, altresì ribadendo e prevedendo il duplice scopo di designare tali beni a Istituti di istruzione superiore e a enti legalmente riconosciuti che provvedessero all’assistenza dei mutilati, invalidi e orfani di guerra. Di lì a poco, in base al regio decreto n. 2578 del 31 dicembre 1919, fu trasferita all’Opera nazionale combattenti la proprietà del Parco di Monza, ad eccezione della parte annessa alla Villa Reale, della Villa Mirabellino, nonché dell’ex Monastero delle Grazie con cinquanta ettari di terreno circostante.
La Reggia, resasi improvvisamente disponibile, fu più specificamente destinata, con decreto presidenziale 30 aprile 1920, “a istituti professionali d’arte applicata all’industria e a grandi esposizioni per lo stesso oggetto” (1), amministrati dai comuni di Milano e Monza, a tal fine consorziati, sotto la vigilanza del Sottosegretariato per le antichità e le belle arti. Da quest’assegnazione rimanevano esclusi la Rotonda dell’Appiani, in considerazione del suo carattere monumentale e artistico, e l’appartamento di re Umberto I, destinato dalla Real Casa a rimanere chiuso in rispettosa memoria dell’infausto accadimento (2). Restavano viceversa annessi alla Villa Reale e, di conseguenza assegnati al Consorzio da costituirsi, i piazzali, i giardini, la cappella e la porzione di Parco attigua. L’ex Monastero delle Grazie, infine, fu concesso in uso, con il terreno circostante, alla Regia Scuola superiore di agricoltura di Milano per istituirvi un podere dimostrativo.
Nel frattempo, per concorde determinazione dei comuni di Milano e Monza e della Presidenza del Consiglio, venne chiamata a partecipare al Consorzio la Società Umanitaria, Fondazione P. M. Loria di Milano, in considerazione della riconosciuta esperienza e competenza nel campo dell’insegnamento artistico e industriale e dei contributi apportati allo sviluppo delle arti decorative. Il Consorzio, costituitosi con la partecipazione paritetica delle tre istituzioni, venne eretto in ente morale con decreto reale n. 2029 del 29 dicembre 1921, assumendo la denominazione di Consorzio Milano-Monza-Umanitaria per le Università delle arti decorative (CMMU), poi Consorzio autonomo Milano-Monza-Umanitaria (CAMMU). Il Consiglio d’amministrazione posto alla reggenza del medesimo era presieduto dai Sindaci, poi Podestà di Milano, e risultava costituito da sei rappresentanti del comune di Milano, tre rappresentanti di Monza e due della Società Umanitaria. Come stabilito nello statuto dell’ente, “[…] al raggiungimento dei suoi fini il Consorzio provvede[va] coi contributi iniziali degli enti partecipanti, coi concorsi dello Stato, di enti locali, di industriali, coi lasciti, donazioni o sovvenzioni” (3).
Al fine di realizzare compiutamente il programma che si proponeva, il CAMMU ottenne in locazione dall’Opera nazionale combattenti (1 dicembre 1921) il Regio Parco di Monza, impegnandosi a trasformarlo in “[…] un grande luogo di ritrovo e di divertimenti pubblici per le cittadinanze di Monza e Milano, con teatri all’aperto, stadi per gare sportive, piste per corse di cavalli”; “[….] il tutto però compatibilmente con l’estetica e con la nobile storia e tradizione dei luoghi” (4). In base alla medesima convenzione e alla volontà già espressa nella donazione del Parco all’Opera nazionale combattenti, il Consorzio si obbligava altresì a concedere alle Associazioni dei mutilati, invalidi di guerra e combattenti di Milano e Monza l’uso di zone del Parco per l’organizzazione di raduni e festeggiamenti, nonché, in un secondo tempo, a garantire a tali istituzioni una serie di prerogative, tra le quali una ripartizione degli utili provenienti dalla sub-concessione di aree del Parco.
Pertanto, conformemente agli obiettivi convenuti con l’Opera nazionale combattenti, il CAMMU stipulò ulteriori sub-locazioni di porzioni del Parco con la SIAS (Società incremento automobilismo e sport, poi SAM, Società autodromo Monza) e la SIRE (Società incoraggiamento per le razze equine) per la realizzazione e la gestione dell’Autodromo, dell’Ippodromo e dell’allevamento di razze equine, nonché con altre associazioni e privati per l’esercizio di svariate attività sportive, ricreative e di ristoro nel Regio Parco.
Nella domanda di costituzione in ente morale del Consorzio (5), rivolta al Sottosegretariato per le belle arti del Ministro della pubblica istruzione, l’accento veniva posto sulle finalità culturali e artistiche, sulla funzione educativa e didattica e sul valore “altamente sociale” che il CAMMU assumeva con la propria istituzione, proponendosi di raggiungere “[…] il massimo dei risultati nella produzione dell’arte applicata, appunto per la organizzazione scientifica e didattica onde l’arte, non schiava di una tradizione, profittando dell’ampio materiale a sua disposizione e dei mirabili progressi della tecnica, si adatta alle nuove esigenze, tendenze e manifestazioni della vita sociale”.
La concessione in locazione del Parco da parte dell’Opera nazionale combattenti maturò contestualmente alla necessità da parte del Consorzio di sostenere gli oneri che un simile programma richiedeva. Difatti l’Opera, in base alle proprie tavole di fondazione, non avrebbe potuto svolgere nel Parco attività diversa da quella agricola e tali redditi non sarebbero stati sufficienti a pareggiare il bilancio di quella gestione; di contro il CAMMU non avrebbe potuto assolvere adeguatamente i compiti dettati dal proprio statuto senza gli utili ricavati dalla conduzione e dallo sfruttamento del Regio Parco.
Nel 1922, compiuti i lavori di adattamento dei locali della Villa, grazie ai mutui contratti con gli Enti consorziati e ai contributi pubblici, presero avvio i corsi dell’Università delle arti decorative, gestiti per il primo quinquennio direttamente dalla Società Umanitaria, competente in materia d’insegnamento professionale e delegata direttamente dall’amministrazione del Consorzio a far sì che “[….] col miglior coordinamento amministrativo possibile [fosse] ottenuta la massima unità ed economia di servizi comuni nell’interesse dei due enti”. A partire dall’anno scolastico 1925-1926, la Scuola assunse la denominazione di Istituto superiore per le industrie artistiche (ISIA) e dal 1927 passò sotto la gestione diretta del CAMMU. All’Istituto fu annesso un Convitto per dare ospitalità agli allievi.
Nel 1923 fu altresì inaugurata la Prima mostra biennale internazionale delle arti decorative, la quale, alternandosi con la Biennale d’arte pura di Venezia, andava a integrare le manifestazioni artistiche italiane, rivendicando l’utilità dell’arte decorativa e l’applicazione delle tecniche industriali moderne alle arti tradizionali. Le Mostre si proponevano, come dichiarato nella domanda di costituzione in ente morale (6), di promuovere e “[…] indirizzare la produzione nazionale di arte applicata chiamando ogni due anni a raccolta le industrie italiane per controllarne lo sviluppo e incoraggiarne il progresso col raffronto dei risultati ottenuti dalle affini industrie straniere invitate contemporaneamente ad esporre i loro prodotti”. Il direttore generale Guido Marangoni, già incaricato di guidare la sistemazione e il funzionamento amministrativo del Consorzio, assunse per le prime tre edizioni anche la direzione tecnica delle Biennali, avvalendosi della cooperazione di comitati regionali o di sezione e affiancato dal segretario ordinatore delle Mostre Raffaele Calzini e dal segretario generale del Consorzio Manrico Bonetti.
Con decreto prefettizio 16 novembre 1928, il senatore Giuseppe Bevione fu nominato commissario straordinario del CAMMU, in luogo del Consiglio d’amministrazione cessato in seguito alle dimissioni dei suoi componenti, dando avvio alla gestione commissariale che escludeva dall’amministrazione del Consorzio gli Enti consorziati per affidarne la reggenza ad un unico commissario che svolgesse l’articolato programma con una più agile e pronta efficienza.
Giuseppe Bevione, dopo un attento esame della situazione ereditata, confermò alla direzione amministrativa del Consorzio, con la qualifica di primo segretario, Carlo Alberto Felice, il quale aveva già svolto dal maggio 1928 le funzioni direttive che erano state di Guido Marangoni, attribuì a Manrico Bonetti le mansioni di segretario economo e a Carlo Biraghi quelle di ragioniere.
Decise poi di rinviare di un anno l’Esposizione d’arte decorativa, confermando alla direzione della medesima il direttorio organizzatore già formatosi in seno al cessato Consiglio d’amministrazione e composto dal pittore Mario Sironi e dagli architetti Gio Ponti e Alberto Alpago Novello. Tale rinvio, nei propositi del commissario Bevione, doveva servire a rendere la Triennale “[…] una manifestazione notevolmente più importante e grandiosa delle precedenti, in modo da aprire un ciclo nuovo a queste periodiche rassegne e dar loro vasta risonanza non solo in Italia ma in tutto il mondo civile” (7); volle quindi abbandonare l’intermediazione di comitati di sezione e le divisioni regionali poiché “[…] un’opera d’arte decorativa veramente moderna, originale e ben eseguita ha in sé una ragione d’essere per cui supera le anguste cornici del pittoresco rusticano e si innesta nella vita nazionale” (8).
Inoltre, in seguito a un disegno di legge presentato il 21 giugno 1929 dal capo del governo Benito Mussolini di concerto con i ministri delle finanze Antonio Mosconi, dell’istruzione pubblica Giuseppe Belluzzo e delle comunicazioni Galeazzo Ciano, l’Esposizione triennale internazionale delle arti decorative e industriali moderne fu riconosciuta e autorizzata in via permanente, “[…] in modo da rendere sempre meglio rispondenti alle loro finalità questi periodici convegni in cui si affina il gusto e si compie con sicurezza e rapidità l’esame critico e commerciale della produzione italiana e straniera” (9).
Ciò nonostante il prestigio e l’autorità godute dalle Esposizioni non trovarono riscontro con la situazione rilevata da Bevione per quanto riguardava l’Istituto superiore per le industrie artistiche, il quale, dopo un avvio difficile dal punto di vista economico ma anche didattico e metodologico, mancava ancora di una propria identità e non riusciva ad assumere quel carattere di scuola superiore a cui l’ormai ufficiale e definitivo mutamento di denominazione si ispirava. Il commissario Bevione elaborò pertanto un radicale riordinamento dell’Istituto che lo trasformasse nella “[…] scuola artistica e tecnica di più alto livello esistente in Italia”, attrezzata di laboratori “coi più moderni mezzi tecnici e [dove] l’insegnamento vi sarà impartito sulla materia, da artisti e da maestri d’arte eccellenti per fama ed abilità tecnica” (10).
Le Mostre di Monza, affermatesi con il consenso del pubblico e della critica, giunsero così alla loro prima edizione triennale, svoltasi nel 1930. Un quarto allestimento, ancora più vasto e ambizioso dei precedenti, ulteriore conferma del successo raggiunto. Il direttorio ordinatore, nel programma della Triennale (11), si dichiarava “[…] convinto che con le arti industriali e decorative, tanto vicine alla vita e ai bisogni quotidiani, efficacemente si raffina e si orienta secondo unanimi criteri il gusto del pubblico; che gli artisti e i produttori italiani possono anche in questo campo conquistare in prima linea il loro antico posto d’onore purché vogliano operare con metodo, coraggio e lealtà. Queste virtù, sono tanto più necessarie oggi che la Nazione, per opera del Fascismo, tende ad affermare la propria unità spirituale in ogni modo e in ogni espressione della sua vita genuina e profonda”. Le rassegne artistiche monzesi, infatti, al pari dell’Istituto, avevano incontrato il favore e il sostegno del regime fascista, in quanto promotori e sostenitori dello sviluppo dell’industria italiana e dell’inserimento delle arti applicate in un mercato in via di espansione. Una relazione redatta al termine della Quarta esposizione (12) ne celebrava il “[…] successo completo di critica e di pubblico, suggellato dall’interesse di personaggi augusti, di altissime autorità e di molti competenti italiani e stranieri”, ricordando che fu inaugurata dai principi di Piemonte, “i quali ne riportarono una così gradita impressione da volervi tornare in settembre in forma privata per ripercorrerla con più calma ed aggio, e fu visitata il 21 maggio dal Duce, che sintetizzò il suo alto giudizio in un solo aggettivo: splendida”.
Tuttavia quella che sarebbe stata l’ultima edizione monzese della Triennale si chiuse con un deficit al quale il CAMMU, nonostante i contributi assicurati dagli Enti consorziati, non poteva far fronte. La difficile situazione finanziaria in cui versava il Consorzio era strettamente connessa alla gestione dell’Istituto superiore per le industrie artistiche e – come si ricava da un progetto di sistemazione dell’Ente (13) – alle “spese per trasformazioni avvenute in esso nel 1929, per la creazione di nuove sezioni e di nuovi laboratori per l’insegnamento pratico, senza che fosse in alcun modo ricercata la possibilità di fare affluire nuovi sussidi”.
Al grave dissesto finanziario si contrapponeva, nondimeno, un consolidato successo e una felice prospettiva di sviluppi duraturi, ragioni per cui il CAMMU vide separare le proprie sorti dall’Esposizione a cui aveva dato vita e fortuna: per volere di Benito Mussolini e con decreto legge n. 949 del 25 giugno 1931 venne istituita in ente autonomo, con sede a Milano, l’Esposizione triennale internazionale delle arti decorative ed industriali moderne e dell’architettura moderna, gettando appunto un nuovo sguardo sul mondo dell’architettura. I giornali dell’epoca (14) ribadivano la necessità del trasferimento delle manifestazioni internazionali dalla Villa Reale di Monza – “[…] nonostante la sontuosa regalità dell’ambiente, anzi proprio per cagione di quella e dei costosi e faticosi adattamenti che essa imponeva” – alla nuova sede nel Palazzo dell’Arte di Milano – “[…] nel cuore della città operosa e feconda” – ritenendo Milano “[…] una cornice di una modernità adeguata ai loro scopi”, in grado di assicurare “[…] una vitalità ricca e propulsiva” più consone al nuovo ruolo che la Triennale andava ad assumere in rapporto al mercato internazionale dell’arte sostenuto da Mussolini.
Al CAMMU, nuovamente amministrato, con decreto prefettizio 17 aprile 1932, da una commissione composta da tre rappresentanti dei rispettivi Enti consorziati, rimaneva così la gestione dell’ISIA e del Regio Parco. I rapporti con l’Opera nazionale combattenti, tuttavia, risultavano sempre più difficili e controversi poiché l’Opera reputava una lesione ai propri diritti il fatto che il Consorzio ricavasse dalla gestione del Parco una somma considerata notevolmente superiore al canone d’affitto convenuto. Ne scaturì un’annosa azione giudiziaria in cui il CAMMU venne accusato di inadempienza contrattuale e di aver trattenuto illegittimamente, dal canone pattuito, una percentuale che stimava dovuta, in riferimento alle riduzioni disposte dai Sindacati fascisti dell’agricoltura per gli affitti colonici. Tale complessa vertenza si concluse con un accordo tra le parti in base al quale il Consorzio rinunciò al contratto di locazione e, con atto di transazione 12 aprile 1933, retrocesse il Parco alla proprietaria Opera nazionale combattenti, ottenendo in via definitiva un risarcimento economico. Tale soluzione consentì al Consorzio una momentanea disponibilità di denaro per far fronte alla crisi finanziaria, ma lo privò della principale fonte di reddito da cui attingeva per assolvere le proprie finalità istituzionali.
Nel frattempo la gestione dell’Istituto rivelava le medesime difficoltà economiche: “nel 1934 la Commissione giudicatrice riunitasi alla conclusione dei corsi […] lamentava che l’ISIA non avesse finanziamenti adeguati e perorava per ottenerli” (15).
Fu in seguito a tali circostanze che i comuni di Milano e Monza, estromessa la Società Umanitaria il cui compito era andato esaurendosi, allo scopo di continuare a promuovere attività e manifestazioni culturali, chiesero e ottennero in dono dal Governo, in proprietà indivisibile, con regio decreto legge n. 2044 dell’1 dicembre 1934 convertito in legge n. 554 del 4 aprile 1935, la Villa Reale con i giardini e l’annessa porzione di Parco. Successivamente, con rogito 17 settembre 1937, acquistarono pro indiviso la rimanente zona di Regio Parco di proprietà dell’Opera nazionale combattenti, impegnandosi a perseguire i medesimi scopi prefissati con la donazione della Villa.
La gestione della Villa e del Parco di Monza da parte dei due Comuni venne, infine, regolamentata con una convenzione stipulata il 16 maggio 1938, per effetto della quale cessò a tutti gli effetti l’attività del Consorzio autonomo Milano-Monza-Umanitaria, il cui nome scomparve gradualmente dalle carte dell’archivio per lasciar spazio a quello dei Comuni che lo avevano costituito.
L’ISIA, “nel 1939 – 1940, di nuovo sotto l’egida – benché più nominale che effettiva – del Consorzio, […] assumeva un carattere ufficiale ottenendo che fosse riconosciuto valore legale ai titoli rilasciati alla fine dei corsi” (16), e ricevette l’intitolazione alla memoria di Costanzo Ciano, proseguendo la sua attività fino alla brusca interruzione sopraggiunta con gli eventi bellici e politici del 1943.
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Note
1. Cfr. Archivio del Consorzio autonomo Milano-Monza-Umanitaria (d’ora in poi ACAMMU), busta 4, fasc. 1.
2. Il re Umberto I fu assassinato a Monza il 29 luglio 1900 per mano di un anarchico che intendeva vendicare i caduti di Milano del 1898.
3. Cfr. ACAMMU, busta 1, fasc. 1.
4. Cfr. ACAMMU, busta 3, fasc. 6.
5. Cfr. ACAMMU, busta 1, fasc. 1.
6. Ibidem.
7. Cfr. ACAMMU, busta 40, fasc. 3.
8. Ibidem.
9. Cfr. ACAMMU, busta 30, fasc. 3.
10. Cfr. ACAMMU, busta 40, fasc. 3.
11. Cfr. ACAMMU, busta 30, fasc. 3.
12. Ibidem.
13. Cfr. ACAMMU, busta 2, fasc. 1.
14. Cfr. ACAMMU, busta 37, fasc. 4.
15. R. BOSSAGLIA (a cura di), L’ISIA a Monza. Una scuola d’arte europea, Monza, Associazione Pro Monza, 1986, p. 51.
16. Ibidem.

Complessi archivistici

Compilatori

  • Marina Regina (archivista)