Industria bottoni Ambrogio Binda ( 1829 - 1953 )

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Ente economico / impresa

Sede: Milano

Codici identificativi

  • MIDB0016EE (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]

Profilo storico / Biografia

Il periodo dell’industrializzazione milanese coincide con quello delle vicende più importanti della famiglia Binda e delle sue due industrie: le Cartiere Binda e l’Industria Bottoni Ambrogio Binda.
Ambrogio è il fondatore di entrambe le industrie che fanno capo alla famiglia Binda. I suoi due figli, Carlo e Cesare, si suddividono tra loro il patrimonio industriale della famiglia, legando così i destini dei due rami della famiglia a quelli delle due imprese. Alla discendenza di Carlo rimane la gestione delle Cartiere Binda, a quella di Cesare la gestione del Bottonificio.
Ambrogio Binda nacque a Milano il 15 febbraio 1811 da genitori poverissimi. Il padre, Gaetano Binda, morì dopo cinque anni e la madre, Teresa Aspersioni, lasciò il figlioletto orfano alla tenera età di sette anni.
All’età di nove anni Ambrogio Binda entrò, come operaio, nella fabbrica di passamanerie di Vigoni e vi restò fino al 1829. In quell’anno, con i risparmi accumulati, comperò due vecchi telai e iniziò la produzione di galloni d’oro per la Ditta Casati di Milano insediandosi nel Coperto dei Figini.
In seguito Binda decise di provare a produrre bottoni in legno ricoperti da quadratini di stoffa, industria di cui l’Inghilterra aveva il monopolio.
Nel 1842, per poter ampliare la produzione, Ambrogio Binda trasferì l’attività in un edificio a Ponte San Celso, ma anche questa soluzione si rivelò ben presto poco idonea a soddisfare le sempre crescenti richieste del mercato.
Nel 1847 lo stabilimento ottenne la qualifica di Imperial Regia Fabbrica, con le prerogative connesse, e all’Esposizione universale di Parigi dello stesso anno ottenne il riconoscimento della “grande medaglia”. In quell’anno il bottonificio impiegava 145 operai e 146 telai a mano e, nonostante il salto quantitativo di macchine e manodopera, si configurava ancora come un’azienda artigianale il cui fondo di esercizio annuale era di appena 400 lire austriache.
Nello stesso anno venne anche ultimata la costruzione del nuovo palazzo di famiglia, ancora oggi esistente, con annessa fabbrica in corso di Porta Romana 122, ad opera dell’ing. Girolamo Rovaglia. Si tratta di un edificio con pianta ad “U” costituito da scantinato, piano terra e tre piani. Lo stile tardo neoclassico e il gusto decorativo dei particolari non lasciano presagire l’attività manifatturiera che vi si svolge. L’unico riferimento è la protome umana raffigurante Mercurio, dio protettore dei commerci, nella chiave di volta del portone ad arco. La parte di edificio in cui si trovava la fabbrica è andata quasi completamente distrutta dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e al suo posto sorgono oggi delle abitazioni.
Secondo l’"Eco della Borsa" la fabbrica di bottoni di stoffa di Ambrogio Binda era uno dei più industriosi opifici di Milano e l’unico di questo genere in Italia. Negli anni precedenti al 1850, malgrado la moda avesse moltiplicato l’uso dei bottoni a gambo flessibile, essi provenivano dall’Inghilterra e dalla Prussia. Ambrogio Binda, “passamantiere”, mandò in Francia e in Inghilterra Carlo Grugnola, suo rappresentante, per imparare i metodi di fabbricazione. E questi, non potendo avere disegni delle macchine utilizzate, le memorizzò per poi riprodurle al suo ritorno. Da un successivo viaggio in Svizzera, Francia e Inghilterra riportò operai specializzati che aiutassero quelli già attivi nella fabbrica di Ambrogio Binda.
Grazie ai bassi prezzi praticati e alla buona qualità del prodotto, il Bottonificio ottenne commissioni anche dai paesi in cui questi bottoni erano nati.
Alla fine degli anni Cinquanta la fabbrica, in cui lavoravano 600 addetti, disponeva di macchine moderne, copiate da modelli inglesi e prussiani.
Nel 1868 Ambrogio Binda concesse ai due figli maggiori, Carlo e Cesare, la procura generale per la gestione del bottonificio. Nel 1872 assegnò loro il 90% degli utili dell’azienda, la cui ragione sociale era Ditta Ambrogio Binda.
Alla morte del padre, nel 1874, Carlo e Cesare Binda ereditarono la gestione congiunta dell’azienda. Nel 1881 stipularono una convenzione, conservata in archivio, per la gestione della Ditta. La società in nome collettivo tra i due fratelli venne sciolta nel 1885. Come già anticipato, la gestione del bottonificio passò interamente a Cesare e ai suoi discendenti, mentre restò a Carlo, e al suo ramo della famiglia, la gestione della Cartiera Binda.
Nel 1900 Cesare Binda, nipote del fondatore, e Michelangelo Artini costituirono una società in nome collettivo denominata “Ambrogio Binda”. Il 7 novembre 1906 la società venne sciolta e messa in liquidazione e contemporaneamente venne costituita la “Società Anonima Industria Bottoni Ambrogio Binda”. Il bottonificio divenne, quindi, una Società per azioni i cui soci erano: Carlo Binda in nome proprio e con procura del padre Cesare Binda, Michelangelo Artini, Amerigo Ponti, Alberto Locatelli, Annibale Ghisalberti (Banca Commerciale Italiana) e Rodolfo Jacobovitz (Banca Commerciale Italiana).
Nel 1911 l’impresa si ingrandì con l’acquisto di uno stabilimento a Palazzolo sull’Oglio.
Cesare Binda, pronipote di Ambrogio Binda, e l’ing. Attilio Brovelli divennero Direttori generali nel 1920 e a partire dal 22 luglio 1926 Cesare Binda restò Direttore generale unico.
Gran parte della produzione dell’azienda è di tipo militare, sia per l’abbigliamento che per l’artiglieria. Nell’inventario si trovano infatti molti documenti riguardanti i rapporti tra il Bottonificio e l’Esercito italiano.
Nel 1942 lo stabilimento di Palazzolo sull’Oglio venne ceduto alla Industria Italiana Bottoni Sintetici (I.B.I.S.).
Nel 1947 il capitale sociale venne aumentato 3.750.000 lire.
Nel 1951, alle soglie della chiusura, il Bottonificio, con sede in viale Campania, dotato di mensa aziendale, disponeva di una potenza installata di 100 HP e aveva rappresentanze nelle principali città italiane (Torino, Bologna, Genova, Firenze, Roma, Napoli, Palermo) e presso le amministrazioni statali di Torino, Milano, Verona, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, La Spezia, Taranto.
Alla guida del Bottonificio, nel periodo in cui era una Società per azioni, dal 1906 al 1953, si sono avvicendate numerose persone ricoprendo le cariche di presidente, consiglieri e sindaci.
Presidente: Amerigo Ponti (1906-1927), Cesare Binda (1928-1953).
Consigliere delegato: Michelangelo Artini (1906-1920), Cesare Binda e Attilio Brovelli (1921-1925), Cesare Binda (1926-1953).
Consiglieri: Carlo Binda (1906-1919), Rodolfo Jacobovitz (1906-1915), Alberto Locatelli (1906-1927), Mino Gianzana (1916-1925), Carolina Locatelli Cambiaghi (1920-1927), Attilio Brovelli (1926-1927, 1947-1948), Giacomo Zonchello (1928-1946), Corrado Orazi (1928-1946), Gilberto Brovelli (1947-1951), Giuseppe Meroni (1949-giugno 1952), Irma Necchi (giugno-dicembre 1952).
Sindaci: Carlo Dragoni (1906-1926), Corrado Mangiagalli (1906-1927, 1932-1936), Guido Sacchi (1906-1919), Attilio Brovelli (1920, 1928-1946), Vittorio Vismara (1921-1922), G. B. Leoni (1923-1941), Antonio Villa (1927-1931), Renato Rognoni (1937-1952), Giuseppe Meroni (1942-1948), Carlo Carones (1947-1952), Luigi Crosio (1949-1952).
Nel 1952 il capitale venne portato a 15.000.000 ma nel 1953 l’Industria Bottoni Ambrogio Binda venne messa in liquidazione, principalmente per contrasti interni al Consiglio d’amministrazione e nonostante la decisa opposizione di Cesare Binda.

Complessi archivistici

Compilatori

  • Elisabetta Sanvito (Archivista)