Comune di Castione della Presolana ( sec. XII - )
Tipologia: Ente
Tipologia ente: Ente pubblico territoriale
Sede: Castione della Presolana
Codici identificativi
- MIDB0001E9 (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]
Profilo storico / Biografia
Insediamento umano già in epoca preistorica, come testimonia la notevole quantità di reperti archeologici ritrovata sul suo territorio, Castione della Presolana è certamente, come il toponimo stesso ci indica, centro fortificato in epoca romana. Si tratta, con ogni probabilità, di un semplice “castrum” posto a tutela dello “iugum” della Presolana, attraverso il quale passa la strada che dalla valle di Scalve, ricca di importanti giacimenti minerari, porta a Clusone (centro di vita romana di un certo rilievo, già allora polo centrale di quel comprensorio territoriale che più tardi prenderà il nome di valle Seriana Superiore). Da Clusone si diramano le due strade principali di raccordo della valle con i territori limitrofi: una in direzione sud-est, verso l’importante centro portuale di Lovere e l’altra verso Bergamo, cui la valle Seriana è stata “attributa et contributa” sotto Augusto. Questo patrimonio municipale passa alla corona e ai duchi in epoca longobarda, per essere infine donato da Carlo Magno alla canonica di Tours. La sua acquisizione da parte del vescovo di Bergamo, avvenuta nel 1026, si colloca in quel processo di accrescimento del patrimonio episcopale iniziato nel sec. IX, mirante alla costituzione di un possesso (spesso coincidente con il “comitatus” carolingio) fruibile economicamente attraverso l’imposizione dei diritti di fodro e banno. Sui suoi possedimenti in valle Seriana Superiore il vescovo di Bergamo esercita inoltre la propria “iurisdictio” attraverso un gastaldo con sede a Cerete.
Fra il sec. XII e il sec. XIII si assiste a un avvicendamento, nel controllo di questi territori, fra il vescovo e i suoi vassalli, molti dei quali cercano di sottrarsi ai propri obblighi e di mutare il proprio possesso condizionato in proprietà allodiale. Su questo esempio, e contemporaneamente al processo di costituzione del comune cittadino, poco alla volta le popolazioni soggette cercano di svincolarsi da una tutela signorile che si traduce in una pressante fiscalità. Le antiche vicinie cominciano a sentirsi capaci di organizzarsi da sè. Si hanno così le prime iniziative di autodifesa e autogoverno delle comunità rurali, che, fra il sec. XII e il sec. XIII, si organizzano in comuni con istituzioni – i consoli e l’assemblea del villaggio – corrispondenti a quelle dei comuni cittadini e la cui vita tende a essere regolata attraverso una legislazione scritta. Fra i primi esempi di organizzazione autonoma nella valle Seriana Superiore si annoverano quelli di Ardesio e di Cerete, invano contrastati da un potere vescovile ormai sempre più debole.
Lo sfuggire alla pressione fiscale non è comunque, nel caso dei comuni di valle, la cui posizione geografica rende più difficile ogni forma di controllo esterno, la principale spinta verso la ricerca dell’autonomia. Come osserva il Tabacco qui “…l’iniziativa può originare da allodieri che costituiscono vicinie in qualche modo estranee alle pressioni esercitate dallo sviluppo dei grandi patrimoni fondiari…”. L’acquisizione della proprietà allodiale, cioè libera da vincoli feudali, dei beni comuni (pascoli, boschi, miniere, ecc.) quindi, non solo permette alle associazioni rurali di liberarsi dai vincoli del potere signorile, ma costituisce anche la base sulla quale vanno organizzandosi i comuni. Per quanto riguarda la valle Seriana Superiore emblematico è il caso del comune di Ardesio, costituitosi per la volontà dei vicini di difendere interessi economici collettivi (principalmente lo sfruttamento delle miniere di ferro). In questo contesto si inquadra anche la formazione del comune di Castione della Presolana.
Non rimane purtroppo traccia documentaria del processo di emancipazione dal quale è scaturita l’istituzione comunale, ma esso sicuramente traspare da un atto del 1180 con il quale il vescovo Guala investe gli uomini di Castione della Presolana del fodro, e in particolare da una successiva conferma del vescovo Lanfranco, che si impegna anche a non alienare le terre rimastegli se non a quei medesimi vicini. A questi due documenti, citati in una pregevole e a tutt’oggi valida monografia del Mazzi su Castione della Presolana, è da aggiungere un accordo stipulato tra la curia vescovile di Bergamo e i vicini originari di Castione della Presolana in materia di decime, datato 11 aprile 1242, riportato in un elenco contenuto in fascicolo di atti e note relative alle acquisizioni di terreni effettuate dal comune tra i secc. XII e XVIII.
E’ difficile poter affermare se a quella data abbia già preso forma a Castione della Presolana un organismo comunale vero e proprio. La documentazione dell’archivio non ci permette di risalire, a questo proposito, più in là del 1337, anno a cui è datata la più antica delle pergamene costituenti la sezione iniziale della serie “Instrumenti”, dalla quale il comune risulta avere ormai raggiunto una fisionomia ben determinata, con sue magistrature e forme di rappresentanza.
Peraltro, è legittimo pensare che già nella prima metà del sec. XIII i comuni rurali del territorio bergamasco abbiano raggiunto un certo livello di organizzazione e di autonomia, se negli statuti di Bergamo della prima metà del sec. XIII è specificato che i loro rappresentanti dovevano dare mallevaria di eseguire gli ordini del comune cittadino.
Ciò indica come il comune di Bergamo cerchi di consolidare, ma anche di controllare attraverso una normativa scritta, i rapporti recentemente stretti con il contado nella fase delle lotte civili (1226 – 1229); la codificazione statutaria fornisce, inoltre, un suggello di legittimità all’espansione del comune cittadino.
Nodo cruciale, al riguardo, è la questione fiscale. Gli statuti del 1263 riportano la divisione del contado in quattro “squadre” (“fagge” o “factae”), in base alle quattro porte della città. Al fine di ripartire gli oneri all’interno di ogni “squadra”, viene richiesto a ogni comune di stabilire i propri confini. Nel caso di comuni le cui dimensioni risultino troppo esigue per assicurare alla città un adeguato prelievo, viene disposta la loro unione con altre comunità.
Purtroppo non rimane l’atto originario relativo ai confini del territorio di Castione della Presolana, sul quale gli statuti del 1248 individuano l’esistenza di tre comuni: Castione e Campello, Tede, Lantana.
E’ probabile che questi tre comuni siano stati di dimensioni assai limitate, tanto da non garantire il pagamento delle imposte, se gli emendatori dello statuto ne decidono la riunione. Solo Lantana ottiene di rimanere separato fino al 1497, anno in cui avviene la riunione, come attesta il già citato elenco di documenti presenti in archivio.
Sta di fatto che nella seconda metà del sec. XV, epoca per la quale l’archivio inizia a fornire una documentazione più completa, queste località hanno perso ormai ogni caratteristica di autonomia e vengono citate al più come contrade, se non come semplici riferimenti geografici.
Il comune, in cui sicuramente dal sec. XV si evidenzia la divisione in quattro principali contrade (Castione, Rusio, Bratto e Dorga), persegue con insistenza fra i secoli XIII e XVI la costituzione di un vasto patrimonio allodiale, come risulta sia da una serie di atti citati dal Mazzi sia da documenti presenti nell’archivio.
Sempre il Mazzi cita da una fonte settecentesca: “…nel 1551 fu posta una penale di L. 25 a chiunque ardise tagliare o estirpare legne a pregiudizio dei vicini di Castione nei beni (…) dei quali dicesi che ipsi possederunt et directi et utilis pleno iure…”.
Dalla stessa fonte apprendiamo che nel 1408 i vicini acquistano una casa confinante con la piazza principale (probabilmente la sede del comune). Al 1413 – 1414, 1530 e 1537 sono invece datati i successivi acquisti di tre mulini.
I beni comunali e le entrate connesse al loro sfruttamento vengono fruiti unicamente da coloro che sono in possesso dello status di “vicino originario”, i quali sono anche gli unici a poter accedere alle cariche pubbliche. Ciò sarà fonte di lunghe contese fra i vicini e i cosiddetti “forestieri”, coloro cioè che, pur abitando sul territorio del comune e ivi pagando le imposte (compresa la quota di soggiorno), non fanno parte di quelle famiglie che originariamente avevano costituito la vicinia. Tali contese (di cui abbiamo una testimonianza già il 18 giugno 1380, data in cui, come risulta dal nostro elenco, venne emessa una sentenza a favore dei “vicini originari”) si protraggono fino alla seconda metà del sec. XVIII, quando i rettori veneti cercano, con diversi ordini, di sanare la situazione, che interessa anche altre comunità della valle. Il bene più prezioso è costituito dalle riserve boschive, delle quali si fa più evidente lo sfruttamento a partire dal sec. XVII. Da questo momento il comune ricorre alla vendita di ingenti quantitativi di legna o all’affitto a lunga scadenza di porzioni di bosco per far fronte ai molti debiti, contratti soprattutto a causa dell’onere fiscale. Raramente il comune ricorre alla vendita di beni immobili, tendendo alla conservazione del proprio patrimonio fondiario. Ciò risulta facilmente comprensibile se si considera che non solo la libera proprietà di questi beni ha costituito la base sulla quale si è andato organizzando il comune, ma anche che in una economia di tipo silvo-pastorale enorme è l’importanza di queste risorse. Questa economia di sussistenza si protrae per tutto l’arco del periodo di antico regime ed oltre, se ancora nel 1857 Stefano Jacini può osservare che “…nel corso di molti secoli avevano sempre potuto conservarsi le antiche abitudini (…). Era il fondo comunale che provvedeva principalmente alla sussistenza dei montanari, i quali si dedicavano in gran numero alla pastorizia contribuendo un modico corrispettivo al comune per ogni capo di bestiame erbatico che conducevano al pascolo; ed attendono anche all’agricoltura, costruendo case col legname comunale, scaldandosi col legname comunale, concimando il terreno collo strame del bosco comunale, cibandosi e vestendosi per mezzo degli armenti e delle greggie che si allevavano sul pascolo comunale…”.
Per quanto riguarda le vicende storiche di più ampia prospettiva, la valle Seriana Superiore segue il destino di Bergamo, dove fra il sec. XIV e l’inizio del sec. XV si avvicendano il dominio visconteo e quello malatestiano.
Al periodo visconteo risale l’organizzazione delle valli in vicariati, indipendenti sia giuridicamente sia amministrativamente dalla città. Oltre ad essere amministrate da vicari, le valli sono esenti “…ossia legate alla città solamente dall’obbligo di versare alla camera fiscale la somma che veniva loro assegnata per dazi e altri oneri verso il signore; (…) i loro uomini venivano chiamati uomini delle valli esenti…”.
L’istituzione viscontea delle valli esenti è, come osserva il Belotti, un tentativo di legalizzare una situazione “de facto” preesistente, creatasi “…per il tradizionale contrasto fra le valli e la città, determinato da ragioni economiche, come lo sviluppo minerario e laniero di alcune località e poi dalla violenza delle fazioni e quindi dal bisogno di una conveniente difesa, che si esplicò allargando sempre più la competenza dei vicari e sottraendo i contributi agli arbitri cittadini…”.
L’autonomia della valle Seriana Superiore rispetto a Bergamo verrà ulteriormente sancita dai privilegi concessi da Pandolfo Malatesta.
Dal 1428 e, salvo brevi incursioni francesi e spagnole, fino a tutto il sec. XVIII, Bergamo e il suo territorio entrano a far parte della Terraferma veneta.
Venezia imposta qui, come altrove, la propria dominazione nel segno del rispetto delle consuetudini locali e conferma l’autonomia della valle Seriana Superiore che, unica fra le valli bergamasche, ottiene il diritto di eleggere un patrizio veneto in qualità di podestà.
L’interesse di Venezia nei confronti di questi territori soggetti è fondamentalmente di tipo fiscale e militare e quasi tutti i suoi interventi, miranti alla normalizzazione della vita amministrativa e sociale della comunità, hanno come fine ultimo quello di facilitare il proprio prelievo sia di denaro sia di uomini.
In questo atteggiamento si colloca anche l’estimazione generale delle vallate ordinata da Venezia nel 1544. A essa segue, nel 1596, l’accurata indagine sullo stato patrimoniale dei comuni del territorio bergamasco effettuata dal capitano di Bergamo Giovanni da Lezze, fonte di moltissime notizie anche per quanto riguarda la valle Seriana Superiore e la comunità di Castione della Presolana. Sostanzialmente invariata rimarrà l’organizzazione del comune per tutto il periodo della dominazione veneta. Il passaggio alla repubblica Cisalpina, verificatosi nel 1797, e in seguito al regno d’Italia, testimoniato da diversa documentazione dell’archivio, avviene senza evidenti rivolgimenti, mantenendosi di fatto invariato, almeno per i primi anni, lo stato di cose precedente.
Complessi archivistici
- Comune di Castione della Presolana (1337 - 1807)
Compilatori
- Antonino Piscitello (Archivista)
- Monica Testa
- Annalisa Zaccarelli (Archivista)
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