Comune di Chiuro ( sec. XIII - )
Tipologia: Ente
Tipologia ente: Ente pubblico territoriale
Sede: Chiuro
Codici identificativi
- MIDB0001EA (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]
Profilo storico / Biografia
L’insediamento di Chiuro ha senza dubbi origine antichissima. Questa ipotesi, sostenuta da numerosi studiosi, è documentata anche dal ritrovamento di due massi incisi, presumibilmente dell’età del bronzo, nei pressi della frazione di Castione.
La sua posizione sul versante retico, una zona solatia e lontana dal fondovalle paludoso, favorì l’insediamento e lo sviluppo successivo del paese come centro rurale.
Bisogna giungere fino al 918 per trovare, per la prima volta, il nome del paese in un documento: Petalperto di Gravedona vende ad Allone “de loco Clure” per trenta soldi, nove pezze di terreno “in fundo et vico Ponte e Clure”.
La diffusione del cristianesimo e la conseguente esigenza di evangelizzazione portò a costruire in Valtellina dieci pievi.
Chiuro era parte della pieve di Tresivio. Il suo territorio comprendeva gli attuali comuni di Montagna, Poggiridenti, Ponte, Chiuro, Castello dell’Acqua e Piateda. L’unità della pieve, per vari motivi, andò lentamente disgregandosi e parallelamente si assiste a una crescita economica, politica ed amministrativa dei vari centri. Non si sa con precisione quando Chiuro divenne comunità autonoma, ma probabilmente quando si staccò dalla pieve costituì con Ponte un’unica entità amministrativa.
Nel 1444 Ponte e Chiuro costituivano già due comunità distinte. In quell’anno, l’11 settembre, Melchiorre Guizzardi, arbitro e commissario ducale della Valtellina, emanò una sentenza con cui stabilì i confini e ripartì i beni comunali tra i due paesi.
Il territorio della comunità si estendeva dalla sponda retica, dove erano situati gli abitati di Chiuro e Castione, alla sponda orobica, dove si trovava il paese di Castello dell’Acqua.
La terra di Chiuro era distinta in due quadre, quella dei Nobili Antichi e quella dei Vicini; Castello dell’Acqua era costituita dalle quadre degli Scalvini e dei Pontignano, rispettivamente poste ad ovest ed est della Val Grande. Castione comprendeva una sola quadra.
Varie furono le liti tra le due quadre della sponda orobica e le tre quadre della sponda retica, sia per l’utilizzo dei beni comunali, sia per questioni amministrative. Nel 1536 fu stipulato un accordo per consolidare l’unità comunale, con la pena pecuniaria di 200 ducati d’oro a chi non avesse rispettato i patti.
Organo della massima importanza per la vita del comune era il consiglio, che provvedeva all’effettiva gestione ed amministrazione della comunità. Era composto da 5 consiglieri, uno per ogni quadra, ed era presieduto dal decano. Il consiglio aveva potere decisionale per la gestione dei beni comunali, per l’imposizione delle taglie e delle tasse e per ogni spesa o lavoro da effettuare.
Altra figura preponderante della vita amministrativa del comune era il decano. Veniva nominato dal consiglio ed era scelto quasi sempre tra i componenti della quadra dei Nobili. Questa usanza probabilmente causò le proteste delle altre quadre. Nel 1537 un decreto dei Signori delle Tre leghe stabiliva la nomina, per cinque anni, di un altro decano da affiancare a quello scelto fra i nobili. In seguito, il 26 gennaio 1786, Scipione Juvalta, governatore di valle e arbitro eletto dalle cinque quadre in lite tra loro, emanò una sentenza con cui stabilì, oltre a varie regole per l’amministrazione del comune, “che oltre il decano dei signori nobili debba esservi altro decano collega quali eleggersi debba a ruota dalle rispettive quadre esclusivamente di quella dei signori nobili”.
Il decano aveva varie incombenze: presiedere il consiglio, rappresentare la comunità al consiglio di terziere, incamerare le entrate ed effettuare le spese, in alcuni casi anticipando denaro proprio. Alla fine del suo mandato presentava “la resa dei conti” al consiglio che doveva approvarla.
Altri agenti di comunità che assolvevano compiti specifici erano: il cancelliere o notaio, i campari, che custodivano i campi, gli stimatori di beni, il servitore, attuale messo comunale, e gli esattori.
Vi erano poi anche i consigli delle varie quadre che si riunivano per motivi svariati tra cui l’elezione del consigliere e le modalità di riscossione delle tasse.
Le entrate della comunità erano costituite dai proventi ricavati dalle taglie, imposte su beni immobili, dalle tasse e dall’affitto di beni o diritti (monti, gestione di ‘hospitia’, diritto di pesca nell’Adda).
Notevoli erano anche gli oneri: i contributi di terziere, il pagamento delle quote per i funzionari governativi e le opere pubbliche.
La comunità era anche oberata dalle spese per l’alloggiamento di truppe che transitavano in valle. Numerose compagnie furono alloggiate e mantenute a spese della comunità e i chiuresi sopportarono angherie e prepotenze. Chiuro infatti si trovava in una posizione di passaggio al centro della valle ed era diventata tappa obbligata per chi, proveniente dal terziere di mezzo, si dirigeva verso la Svizzera o l’alta valle.
Questo favorì anche il commercio e contribuì all’apertura di numerosi esercizi per la vendita del pane, del vino e della carne e per alloggiare i forestieri. L’agricoltura e l’artigianato rimasero però la base dell’economia del paese .
Dal 1630 al 1632 Chiuro fu gravemente colpita dalla peste, tanto che i morti furono 600 su una popolazione di 800 anime. Nel giro di pochi decenni il paese rinacque.
Nel 1797, quando Napoleone arrivò in Lombardia, i valtellinesi chiesero l’annessione alla Repubblica Cisalpina. Il 22 giugno 1797 anche Chiuro innalzò il suo albero della libertà, entrando a far parte del Dipartimento dell’Adda e dell’Oglio.
Il piccolo borgo seguì così le vicende storico-politiche della Lombardia, prima il dominio austriaco poi l’annessione al Regno di Sardegna, che nel 1861 diverrà Regno d’Italia.
Complessi archivistici
- Comune di Chiuro (1401 - 1915)
Link risorsa: http://lombardiarchivi.servizirl.it/creators/7