Comune di Fusine ( sec. XV - )

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Ente pubblico territoriale

Sede: Fusine

Codici identificativi

  • MIDB0002D6 (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]

Profilo storico / Biografia

Nei secoli XIV e XV Fusine è semplice contrada del comune di Berbenno. L’unità amministrativa tra i territori posti a sinistra dell’Adda, Fusine e Colorina, e quelli di destra, Berbenno, è testimoniata da diversi atti, in cui si trova scritto: “in territorio de Berbenno ubi dicitur ad Madrasceum”, “communis de Berbenno citra ad ultram Aduam” ed ancora “in contrada de li Fuxinis communis Berbenni”.
Molto probabilmente le miniere di ferro in Valmadre e la successiva lavorazione del materiale estratto nelle fucine poste a valle, allo sbocco del torrente Madrasco, sono senz’altro alcuni dei fattori che portano allo sviluppo ed ampliamento della “contrada delle Fusine”.
Successivamente, la necessità di tutelare i beni comuni e di definire in modo inequivocabile i propri diritti fa nascere negli abitanti di Fusine e Colorina l’idea di separarsi da Berbenno.
Questa divisione trascina Fusine e Berbenno in liti e discordie che durano secoli.
Il 9 maggio 1488 Francesco Rusca, arbitro nominato di comune accordo dalle parti in causa, emana una sentenza con cui riparte i territori, stabilisce i confini e definisce i diritti e i doveri dei due nuovi comuni.
Nel 1513 anche Fusine e Colorina costituiscono due comunità distinte.
La comunità “delle Fusine” durante la dominazione dei Grigioni (1513 – 1797) e ancor prima sotto il dominio visconteo-sforzesco, fa parte del terziere di mezzo, una delle cinque giurisdizioni in cui è suddivisa la valle.
Il territorio è ripartito, almeno fino alla metà del secolo XVII, in quattro quadre: “de Valmadre”, “de Montis”, “versus Madraschum” e “versus Burgum seu delle Mansionibus”.
Successivamente viene abolita la quadra del Borgo.
Organo della massima importanza per la vita del comune è la vicinanza o sindicato, riunione di tutti i capi famiglia, che viene convocata per questioni rilevanti come l’elezione del decano, del parroco e la modifica degli ordini comunali. L’assemblea, convocata “ad sonum campanae”, si raduna nella casa parrocchiale, nella chiesa di San Lorenzo o in piazza.
I capi famiglia di ogni singola quadra si riuniscono anche separatamente, ad esempio per eleggere il sindaco e gli esattori, per scegliere i candidati alla carica di decano o per definire la modalità di riscossione delle imposte.
All’effettiva amministrazione o gestione della comunità provvede il consiglio, composto dal decano e da un sindaco per ogni quadra; il consiglio ha ampio potere decisionale soprattutto per la gestione dei beni comunali e per l’imposizione di taglie e tasse.
Nel secolo XVIII, per controllare l’operato del consiglio e i vari rendiconti, la vicinanza decide di istituire una nuova carica: il deputato. Viene infatti stabilita l’elezione e la nomina di quattro deputati per la quadra di Valmadre, due per la quadra del Monte e uno per la quadra del Madrasco.
La nomina del decano compete a rotazione alle diverse quadre che propongono una rosa di candidati da cui viene estratto a sorte un nominativo.
Il decano ha varie incombenze: presiede il consiglio, rappresenta la comunità al consiglio di terziere, effettua le spese ed incamera le entrate.
Molto spesso succede che la persona eletta rinunci alla carica, pur dovendo pagare un’ammenda di lire 100, perché non in grado di svolgere i compiti che essa comporta, ma soprattutto perché per sostenere le spese lo stesso deve anticipare denaro proprio, che gli viene poi rimborsato solo al termine del suo mandato.
Nel secolo XVIII compare una nuova carica, il messo o “nuntio” della comunità, che ha il compito di aiutare, assistere e consigliare il decano, con il potere di sostituirlo nel consiglio di terziere.
Il decano ha alle sue dipendenze gli incaricati della comunità che assolvono compiti ben specifici: il cancelliere o notaio, che deve compilare i quinternetti di taglie e tasse, aggiornare i libri d’estimo, assistere alle rese dei conti, leggere le grida emanate dal governatore di valle e redigere i verbali del consiglio; l’alfiere capo della milizia paesana, che interviene in caso di pericolo immediato.
Figure minori sono: il camparo, che custodisce i campi; lo stimatore, che valuta i beni; il servitore, che provvede alle convocazioni dei consigli e alle notifiche.
Le entrate del comune sono costituite dalla locazione di beni e diritti della comunità e dalle imposte.
Nell’archivio si trovano contratti di locazioni riguardanti gli alpeggi, il taglio dell’erba nel fondovalle, il pascolo dei cavalli nel piano di Berbenno e la pesca nell’Adda.
Inoltre viene posta all’incanto e dato in affitto al miglior offerente il diritto “di fare osteria” cioè di vendere pane, vino e carne, ed alloggiare i forestieri.
L’entrata più cospicua è costituita dalle taglie sull’estimo, imposte sui terreni e fabbricati e dalle tasse sui nuclei familiari e sui forestieri.
Notevoli sono gli oneri che gravano sul bilancio del comune: i contributi dovuti al terziere, il pagamento della quota di salario per gli ufficiali grigioni, le spese di alloggiamento delle milizie e per le opere pubbliche.
Oltre a ciò Fusine, nel corso dei secoli, paga avvocati, procuratori e arbitri impegnati nelle lunghissime cause contro Berbenno, Cedrasco, Caiolo e Colorina in merito ai confini, alla divisione dei pascoli e alla manutenzione di ponti e argini.
All fine del secolo XVIII la comunità, fortemente indebitata, è costretta a vendere un bene collettivo: il monte Cervio.

Complessi archivistici