Ministero per l'assistenza militare e le pensioni di guerra (1918 novembre 25 - 1919 novembre 27)
4.100 unità archivistiche di primo livello collegateFondo
Metri lineari: 6.0
Consistenza archivistica: Il fondo denominato "Ministero per l’assistenza militare e le pensioni di guerra” consta di 4100 unità archivistiche custodite all’interno di 42 faldoni.
Le carte testimoniano dell’attività di Ugo Da Como in qualità di Ministro per l’assistenza militare e le pensioni di guerra, carica da lui ricoperta dal giugno al novembre dell’anno 1919.
Il Ministero per l’assistenza militare e le pensioni di guerra era stato istituito con regio decreto n. 1812 del 1° novembre 1917 (1), all’indomani della rotta di Caporetto, al fine di rendere più efficace del sistema pensionistico affidata, fino a quel momento, a tre organi distinti dello Stato: il Ministero della guerra, che si occupava degli accertamenti sanitari e amministrativi necessari al perfezionamento delle pratiche, la Corte dei conti, che giudicava il diritto o meno alla pensione e stabiliva le concessioni e il Ministero del tesoro, che effettuava i pagamenti. Riconducendo queste diverse competenze ad un unico ufficio, si mirava a snellire un iter burocratico lungo e complicato, che vedeva i richiedenti ricorrere di volta in volta ad amministrazioni diverse per grado e natura, senza la certezza di un risultato sicuro.
Poco prima della nascita del Ministero, nell’agosto del 1917, in un articolo pubblicato sulla Nuova Antologia (2), Da Como, all’epoca sottosegretario al tesoro, richiamando l’attenzione sulle carenze della normativa italiana nel campo dell’assistenza alle vedove e agli orfani, aveva segnalato l’urgenza di rendere più rapida − attraverso una semplificazione normativa − la procedura per la concessione delle pensioni di guerra.
Quasi due anni dopo, il 23 giugno 1919, durante il primo Governo Nitti, Ugo Da Como venne posto a capo del Dicastero e vi rimase fino al 24 novembre dello stesso anno (3), poco prima che questo venisse soppresso con regio decreto n. 2200 del 25 novembre 1919, e le sue competenze affidate al Tesoro che istituì, nel 1920, un apposito Sottosegretariato. Durante i cinque febbrili mesi di reggenza del Dicastero, allo scopo di migliorarne l’efficacia operativa, da Como ottenne di quasi raddoppiarne l’organico e provvide di procurare agli uffici una sede unica e adeguata presso l’ex Hotel Majestic di Via Veneto. Sul piano giuridico si adoperò per fare approvare una serie di provvedimenti come il sistenma della presunzione per le infermità e le malattie contratte e aggravate in guerra, la gradualità degli asegni e il reinserimento degli invalidi e dei mutilati nella realtà lavorativa; «soprattutto risultò snellita la procedura delle pratiche (si passò da circa 8.000 a 30.000 incartamenti esaminati in un mese)». (4)
L’impegno con cui il Ministro si mette immediatamente al lavoro è testimoniato nell’archivio dalle parole che rivolge – sollecitato dall’amico Luigi Caldera − al presidente del Comitato bresciano di preparazione, istituzione della quale egli stesso è presidente onorario:
Qui mi sono dato ad un lavoro di un’intensità febbrile: voglio riordinare, accelerare e innovare: mi sono proposto di superare le difficoltà con ogni sforzo. Io spero che potrò, malgrado tutto, riuscire». (5)
Al Ministero competevano infatti materie assai complesse come la gestione dei sussidi ordinari e straordinari da erogarsi alle famiglie dei richiamati alle armi, l’assistenza ai militari infortunati, l’istruzione, la liquidazione e il pagamento delle pensioni di guerra, infine la vigilanza sull’applicazione delle leggi a favore degli invalidi e degli orfani di guerra. (6)
Le pressanti richieste di aiuto, che giungevano al ministro non solo dalla sua Lonato e dalla provincia bresciana, ma da tutto il territorio nazionale, rendevano difficile tenere il passo con lo straordinario lavoro di esame delle pratiche.
All’avvocato Cirillo Bonardi di Brescia che gli domandava informazioni sul XXV Congresso della Dante Alighieri rispondeva:
«Magari, avessi, tra le speranze, qualche attimo di libertà. Ma sempre più sono ingolfato in un lavoro senza riposo; ed il dovere mi dice di continuarlo, finché le forze mi reggono». (7)
E ancora, in una lettera indirizzata all’invalido di guerra Nestore Baronio di Pontevico:
«[…] qui bisogna moltiplicarsi senza un attimo di respiro, per giungere a fare tutto quanto si può, non tutto quanto l’animo vorrebbe». (8)
Questo pesante senso di frustrazione e amarezza, che presto lo coglie, nonostante l’infaticabile impegno, ritorna più volte nelle carte, come per esempio quando confessa all’avvocato bresciano Ambrogio Vigorelli:
«La mia ambizione sarebbe di poter giungere da per tutto, migliorare i servizi, eliminare gli enormi arretrati. Dedico a questo lavoro tutte le mie forze con ogni energia, ma non sono contento, e mi accoro di continuo per le difficoltà […] non dubitare che da parte mia quicquid factibile est fiet». (9)
E in tono quasi confidenziale, a Pier Luigi Albini, dell’Associazione nazionale dei combattenti di Ciliverghe:
«[…] pensi che durante tre mesi due sole volte ebbi la possibilità di fare una corsa a casa, e sempre per poche ore, tanto che ebbi appena tempo di portare il mio saluto in famiglia». (10)
Le carte conservate a Lonato sono per lo più istanze – direttamente indirizzate al Ministro − per l’ottenimento della pensione di guerra a favore di familiari di caduti, mutilati e invalidi di guerra, ma anche per la concessione di sussidi ordinari e straordinari a reduci, vedove, orfani e genitori, fratelli e sorelle dei caduti, tanto necessari considerati i ritardi nel riconoscimento del diritto alla pensione e nella sua liquidazione.
Numerose, anche, le richieste tese a ottenere dall’uomo politico favori, appoggio, interessamento per i motivi più diversi, offrendo in cambio deferenza e talvolta promesse di voto in occasione delle elezioni. È il caso del medico provinciale di Brescia Alessio Nicolais, che scrive a Da Como
«[…] correndo tutti i giorni attraverso i comuni di questa provincia, non tralascio di attaccare discorsi con i medici condotti e, senza che alcuno me ne abbia dato l’incarico, per viva simpatia verso vostra eccellenza, faccio come meglio mi è possibile un po’ di propaganda a suo favore per la prossima campagna elettorale». (11)
Affollano le pratiche domande di assunzione o riammissione in servizio, trasferimento, promozione, conferimento di onorificenze, inoltrate da militari e non, ma anche istanze per l’apertura di attività commerciali o di sostegno a ditte che chiedono interessamento per esercitare i loro commerci attraverso frontiere ancora non del tutto aperte e libere.
Pietro Wührer, fabbricante di birra a Brescia, domanda appoggio per ottenere l’autorizzazione ad importare dalla Svizzera un macchinario occorrente alla sua industria (12); Dominatore Mainetti socio del "Calzificio A. Dal Brun e D. Mainetti" di Brescia, stabilimento che confeziona calze per conto dell'autorità militare, sollecita la definizione di pratiche in corso. (13) E ancora Carlo Bossini, esercente fucine per la fabbricazione di attrezzi rurali a Nuvolento, che aspira ad ottenere un rifornimento di 20 tonnellate di carbone, così da non dover interrompere la produzione pena il licenziamento dei dipendenti. (14)
A giungere sulla scrivania del ministro sono infine, inviti a cerimonie di inaugurazione di monumenti ai caduti, richieste di condono di pena per reati diversi, ricorsi in grazia dei condannati per diserzione. Domande che, nonostante lo sforzo profuso, la crisi del dopoguerra lascerà spesse volte del tutto ‘inevase’, come si legge scritto a matita su molte delle camicie delle pratiche più recenti.
(1) Il Ministero venne istituito durante il primo Governo Orlando, primo ministro fu Leonida Bissolati Bergamaschi, seguito da Vittorio Zupelli, Giuseppe Girardini, e dai sottosegretari Mario Cermenati e Ugo Scalori.
(2) U. Da Como, Appunti sulle pensioni di guerra, in «Nuova Antologia», 1° agosto 1917.
(3) Affiancato dal sottosegretario Marco Di Saluzzo Di Paesana e dal segretario particolare Amedeo Paoletti.
(4) http://www.treccani.it/enciclopedia/ugo−da−como_(Dizionario−Biografico)/, pagina consultata il 18 febbraio 2020.
(5) In Archivio Ugo Da Como, Fondo Ministero per l’assistenza militare e le pensioni di guerra (d’ora in poi ADC, AM), b. 18, f. 1742.
(6) Le funzioni spettanti al Ministero sono precisate nel decreto legislativo 6 dicembre 1917 n. 2067.
(7) ADC, AM, b. 17, f. 1678.
(8) Ibidem, b. 12, f. 1183.
(9) Ibidem, b. 13, f. 1240.
(10) Ibidem, b. 2, f. 111, copia della lettera 18 settembre 1919 indirizzata da Ugo Da Como a Pier Luigi Albini.
(11) Ibidem, b. 34, f. 3331.
(12) Ibidem, b. 8, f. 736.
(13) Ibidem, b. 26 f. 2592.
(14) Ibidem, b. 15, f. 1432.
Storia archivistica:
Sul perché queste carte (così come quelle degli altri due fondi che fanno parte dell’Archivio, quello del Sottosegretariato alle finanze e quello del Sottosegretariato al tesoro), chiaramente afferenti a un archivio ministeriale (pubblico), siano confluite nell’archivio personale (privato) di Ugo Da Como, si possono avanzare solo ipotesi. Scioltosi, nel novembre 1919 il ministero e terminato il proprio incarico, forse Da Como prese una parte della documentazione dall’ufficio romano e la portò con sé, a Lonato; oppure selezionò queste carte in un altro momento, ritenendole strumentali a qualche fine (1). L’inventariazione della corrispondenza privata dello statista, che – si auspica – seguirà il lavoro di schedatura dei materiali dei ministeri, potrebbe in questo senso fornire interessanti chiarimenti e informazioni.
D’altro canto la “personalizzazione delle carte di Stato” era, nell’età liberale, per così dire “diffusa”, e questo non è certo un caso isolato. Per fare solo un esempio – noto a chi scrive – identica situazione si può osservare in un altro archivio di persona, quello di Giuseppe Zanardelli, che – come l’Archivio Da Como – conserva, insieme alle carte personali, familiari e professionali dello statista, quelle relative alle cariche pubbliche ricoperte, da lui portate nella sua villa di Maderno. Interessante è notare che, nel caso dell’Archivio Zanardelli, lo Stato aveva cercato, subito dopo la morte, di acquistarle, considerandole di proprietà dello Stato, a riprova del fatto che ne era riconosciuta la natura di bene pubblico (2).
La “personalizzazione delle carte di Stato” rende difficile attribuire il complesso documentale a chi ha prodotto le carte, l’Ufficio, o alla persona che ne ha ricoperto la carica (il titolare dell’Ufficio). Tanto più nel caso particolare delle pratiche contenute in questo fondo, le pratiche individuali dei raccomandati, la distinzione tra l’Ufficio e la persona non è chiara. Il raccomandato, cioè, si rivolgeva non tanto al Ministro, ma a quel Ministro.
La questione meriterebbe certo di essere approfondita sia dal punto di vista storico che da quello archivistico (3). Anche perché, essa porta con sé, da questo ultimo punto di vista, altro quesito, su dove si trovi il resto della documentazione prodotta dal Ministero per l’assistenza militare e le pensioni di guerra: una mole di documentazione indubbiamente consistente stante le indicazioni fornite in molte relazioni sull’operato del Dicastero (4) e che non può esaurirsi nelle 34 buste conservate presso l’Archivio centrale dello Stato attribuite al fondo Ministero del tesoro, Direzione generale pensioni di guerra (1919-1927). Verosimile è che il materiale sia confluito nell’archivio dell’ente/degli enti che – a partire dal 1919 – ha/hanno ereditato le competenze del soppresso ministero, senza che la sua “identità" archivistica sia stata segnalata, o riconosciuta.
(1) Di ricostruzione storica, di sostegno all’illustrazione del suo impegno quale membro del Governo, specie a favore di quella rete di petenti a lui legati in ragione della soddisfazione delle loro richieste da rapporti di riconoscenza che si sarebbero prima o poi tramutati in preferenze in campagna elettorale.
(2) Sulle vicende dell’Archivio Zanardelli si veda l’introduzione all’Inventario del fondo Carte Zanardelli, a cura di Studio Associato Scrinia, mezzo di corredo disponibile presso l’Archivio di Stato di Brescia e on line sul sito istituzionale dell’ente, nella sezione “Strumenti di ricerca”.
(3) Si ringrazia l’amica Costanza Bertolotti per la condivisione delle riflessioni sopra esposte e per i puntuali riferimenti a studi e saggi che, pur non citati in questa sede, hanno fatto da sfondo alla redazione di queste righe.
(4) Si veda in proposito F. Quagliaroli, Risarcire la nazione in armi. Il ministero per l’assistenza militare e le pensioni di guerra (1917-1923), Unicopli, Biblioteca di storia contemporanea, 2018.
Nota dell'archivista:
Prima del presente lavoro le carte dell’archivio Da Como non erano mai state oggetto di alcun intervento di riordino e inventariazione ma disponevano di un elenco di consistenza che – pur non descrivendone il contenuto – era utile per valutare consistenza e estremi cronologici delle diverse serie. (1) Il fondo possedeva mezzi di corredo coevi alla formazione delle pratiche, usati dal personale d’ufficio per rinvenire le carte occorrenti al disbrigo dell’attività. Si tratta di due grossi volumi rilegati intitolati il primo “Rubrica segreteria particolare”, una rubrica alfabetica contenente il nome del richiedente, il numero di pratica (2) e (indicato con una R maiuscola) il nome del raccomandante, il secondo intitolato “Gabinetto di sua Eccellenza Sottosegretario”, una rubrica alfabetica uguale alla precedente dove al posto del nome del raccomandante c’è l’oggetto della pratica.
Il fondo è stato articolato in due serie: alla prima, intitolata “Pratiche individuali dei raccomandati”, sono ascritte 4098 unità (3), alla seconda, “Fondo speciale”, due sole unità che contengono i mandati di pagamento relativi ai sussidi straordinari pagati sul Fondo speciale a disposizione del Ministro e due elenchi recanti il rendiconto delle somme erogate.
Alla documentazione è stato mantenuto l’ordine originario dato dal soggetto produttore che la vedeva articolata in fascicoli, composti dalla camicia e dai documenti in essa contenuti, e disposti secondo una numerazione progressiva, che rispecchia – approssimativamente – l’ordine di arrivo delle istanze. Infine, poiché all’interno dei fascicoli le carte erano organizzate secondo un impianto preciso che riflette la originale sedimentazione dei documenti, anche in questo caso esse sono state lasciate nella successione in cui si presentavano e ci si è limitati a cartularle. (4)
Nell’inventario ogni fascicolo è stato descritto attraverso una serie di informazioni rintracciabili alcune sulla carpetta che riunisce i documenti, altre all’interno di essa, nei documenti che formano la pratica. Tali informazioni sono state distribuite nei campi delle schede unità di Archimista nel modo che di seguito si descrive.
Il campo titolo contiene cognome e nome del richiedente (pensione, sussidio, licenza, raccomandazione o altro); nel caso di enti, la denominazione è stata, dove possibile, normalizzata. In casi assai rari al posto del richiedente compare l’oggetto della pratica. Al campo titolo segue il campo estremi cronologici dei documenti (nella forma anno, mese e giorno); quando questi sono assenti la pratica è stata attribuita genericamente all’anno 1919.
Il campo contenuto ospita una serie assai ampia di informazioni, esposte in forma discorsiva: l’oggetto della richiesta inoltrata al Ministro; le generalità del richiedente, che, già note dal titolo, sono qui arricchite da dati anagrafici, relazioni parentali, luoghi d’origine, titoli o, nel caso dei militari, gradi e corpo d’appartenenza. In ultimo vengono indicati anche cognome e nome ed eventuali qualifiche o titoli del raccomandante.
Il campo consistenza riporta (preceduto dalla abbreviazione cc., carte) il numero complessivo delle carte (esclusa la carpetta) che formano la pratica, e il campo segnatura riporta la segnatura archivistica del pezzo, numero di busta e numero di fascicolo (abbreviati rispettivamente con b. e fasc.).
In alcuni casi l’identificazione dell’intestatario della pratica ha posto delle difficoltà: nei casi in cui il nome o il cognome presentano due forme diverse, una sulla carpetta e una nelle carte, oppure non coincidono, si è scelto di riportarle entrambe ponendone una tra parentesi tonde.
Arricchiscono l’inventario gli indici dei nomi di persona, di ente e degli oggetti delle pratiche. Si tratta dei nomi degli intestatari delle pratiche o del loro oggetto (nei pochi casi in cui esso compare al posto dell’intestatario della pratica) che, ordinati alfabeticamente, offrono – attraverso il riferimento al numero di pratica, un rapido mezzo di ricerca all’interno del fondo.
(1) C. Patucelli, Censimento dell’archivio privato del senatore Ugo Da Como (1869-1941), cit.
(2) Che va oltre il 4000, a riprova che il fondo oggetto di questo inventario è uno spezzone d’archivio.
(3) Mancano le pratiche n. 2196 e n. 3467.
(4) La numerazione delle carte ricomincia da 1 in ogni fascicolo ed è preceduta dalla sigla AM (Assistenza militare) abbinata al numero di riferimento della pratica.
Lingua della documentazione:
- ita
Condizione di accesso:
liberamente accessibile
Note alla condizione di accesso:
La documentazioen è liberamente consultabile presso la sede della Fondazione previo appuntamento.
Condizione di riproduzione:
consentita per uso studio
Stato di conservazione:
buono
Link risorsa: http://lombardiarchivi.servizirl.it/fonds/122837