Salò. Comunità di Riviera. Inventario. (1334 novembre 4 - 1800 novembre 11)
1.492 unità archivistiche di primo livello collegateArchivio
Storia archivistica:
L’ARCHIVIO DELLA COMUNITÀ DI RIVIERA
L’attuale archivio della Comunità di Riviera contiene documenti che provengono dai diversi organi della Comunità stessa, ma anche da altre entità, come la cancelleria del tribunale del provveditore o cancelleria criminale, l’ufficio del podestà di Salò, la camera fiscale e gli uffici dei vicari di Maderno e Tignale.
I primi pronunciamenti documentati della Comunità rispetto al proprio patrimonio archivistico risalgono, come attestano i repertori, alla metà del secolo XV e riguardano prevalentemente la custodia delle carte e la redazione di inventari: si minacciano sanzioni a chi falsifica documenti, si impone la restituzione di carte indebitamente possedute e si dettano regole per l’accesso dei privati alla documentazione.
Nel secolo successivo, di fronte al progressivo aumento della massa del materiale archivistico, si pone il problema della ricerca di nuovi spazi per la cancelleria della Riviera e per quella criminale, poichè, rilevano i deputati, i documenti delle due cancellerie versano in pessime condizioni e gli stessi addetti agli archivi vedono la propria salute messa a rischio dalle cattive condizioni ambientali.
Il 26 luglio 1572 il consiglio speciale delibera di affidare al notaio salodiano Antonio Gennarini la redazione di un inventario delle scritture della Comunità («Inventarium librorum ordinamentorum, litterarum, processuum et omnium aliarum scripturarum ac iurium spectabilis Communitatis Salodii et Riperiae existentium in cancelleria praedictae spectabilis Communitatis»), il cui testo, consegnato dall’autore il 13 giugno 1573, ci è pervenuto (cfr. U. 1228). Questo inventario, che è il primo a noi noto, elenca una serie di titoli che datano dal 1403 e sono organizzati in trentasei insiemi in gran parte corrispondenti con le serie o le sottoserie attualmente riconosciute nell’archivio della Riviera; di ognuna delle “unità” citate si dà il titolo e l’estensione temporale del contenuto. Scorrendo l’elencazione del Gennarini, fatte salve le differenze nei criteri di organizzazione dei documenti, si possono fare alcune osservazioni utili a valutare il grado di completezza del materiale giunto fino a noi attraverso cinque secoli. Ad esempio, nell’insieme “Statuta” troviamo sedici titoli, tra cui i materiali di diverse riforme statutarie e copie di tutti gli statuti della Comunità, criminali, civili e daziari, che non sono più presenti nell’attuale archivio, mentre appaiono in quello dell’Ateneo di Salò; tra questi anche «Statuta duo cooperta assidibus confirmata per dominum Galeatium vicecomitem ducem Mediolani, 1386» e «Statuta datiaria et privilegium Riperiae confirmatum per Serenissimum Dominium Venetiarum, 1426». Nell’insieme intitolato “Libri ordinamentorum”, in cui non si distinguono i fogliazzi, i registri partono dal 1457 e non si interrompono nel periodo successivo alla sconfitta veneziana di Agnadello. D’altra parte le raspe, le unità pergamenacee che registrano le sentenze dei provveditori, iniziano dal 1446 e giungono senza interruzione al 1572.
Come accennato, nel secolo XVI è già vivo il problema della conservazione dell’archivio, che richiede un adeguato ordine nella collocazione delle carte, la garanzia della sufficiente capienza degli spazi dedicati a questo scopo ed il controllo sui comportamenti di coloro che fruiscono della documentazione. Ad esempio, il 24 maggio 1590 il consiglio generale prende atto che «vanno le scritture di questa Magnifica Comunità sì disperse in mano di questo et di quell’altro che qual volta se ne vuole d’alcune d’esse servire: fa di mestieri l’andar cercando per tutti i studi dell’avvocati, noncii, ambasciatori et cancellieri che sono stati per tempo». A questo disordine, cui spesso consegue l’impossibilità per la Riviera di difendere i propri diritti in tribunale, si vuole ovviare con una delibera che mira a disciplinare la fruizione delle carte d’archivio da parte di funzionari e privati: «l’andarà parte che non si possino levare le scritture d’alcuna sorte da questa Magnifica Comunità né da oratori, né da noncii, ma sì bene si debbano far le copie et tenerne particolar memoria a chi saranno consegnate, né possino li oratori, nuntii o qual si voglia a chi dette scritture saranno di tempo in tempo sta consegnate seguir da questa Magnifica Comunità il saldo loro se prima non havranno o restituite o reso conto delle scritture a loro consegnate. Et in oltre sia eletto persona da signori deputati, il qual habbia particolar cura di redurre ad uno tutte le scritture che si ritrovano in mano di questo et di quell’altro et quelle accomodar con belissimo ordine e secondo i tempi e secondo le cause et consegnarle ai magnifici deputati, i quali gli diano per la faticha quel salario che alla consienza loro parerà conveniente».
Due anni dopo la Comunità affronterà ancora il problema della facile fruibilità dell’archivio dando incarico al notaio Rodomonte Domenicetti di redigere il primo repertorio, cui ne seguiranno molti altri fino alla fine del secolo XVIII (cfr. la serie Repertori). La decisione del consiglio generale viene presa nei seguenti termini, nella seduta del 17 giugno 1592: «di quanta importanza sia un repertorio de tutte le parti, ragioni et altre scritture di questa Comunità per le necessarie et subitanee occorrenze non è alcuno che non lo sappia. Onde, sendo necessario il farlo a perpetua memoria, l’andarà parte che sia eletto per questo consiglio uno, cittadino di questa Patria, sufficiente e letterato et che habbia buona mano di scrivere con carico di far il predetto repertorio in laudabil forma de tutte le parti, scritture e ragioni che sono nei archivi di questa cancelleria nostra».
La Comunità manifesta un’attenzione crescente per le problematiche legate agli archivi a cui essa fa riferimento: nel 1595 delibera la costruzione di armadi da collocare nella propria cancelleria e negli anni successivi interviene sui cancellieri per ottenere da essi la regolare redazione di repertori. Inoltre, in diverse occasioni provvede l’archivio di ciò che materialmente gli necessita, come la carta e la cera; a questo proposito è curioso notare come il 30 gennaio 1630 deliberi una fornitura di candele al cancelliere perchè questi deve lavorare anche di notte .
Nel 1630 anche l’archivio della Comunità risente delle gravi difficoltà causate dalla pestilenza che colpisce la Riviera. Nei verbali del consiglio generale appare il 15 giugno la rinuncia di Celio Alcheri al ruolo di cancelliere. Dopo queste dimissioni il posto rimane vacante, data anche la totale confusione in cui si trovano la società e le istituzioni rivierasche sotto l’infuriare dell’epidemia. Solo il 16 ottobre di quell’anno si provvede alla sostituzione del cancelliere nel frattempo morto di peste e al nuovo nominato si affida il compito (15 maggio 1631) di recuperare tutti i documenti andati perduti in occasione della pestilenza.
Analoghe problematiche di spazi spesso insufficienti e disordine gestionale riguardano anche la cancelleria criminale, la cui sede viene più volte restaurata e spostata in collocazioni diverse.
Nella seconda metà del secolo XVII si discute spesso della predisposizione di una nuova sede per l’archivio della Comunità e la pratica giunge fino all’acquisto di una casa adiacente alla cancelleria. Tuttavia l’operazione viene interrotta nel dicembre 1674, quando la necessità di provvedere alla costruzione delle nuove carceri costringe il consiglio generale a sospendere l’erezione del nuovo archivio per tre “regimina”, cioè per il periodo di tre mandati di provveditori, che corrisponde a quattro anni. Nel frattempo la casa viene comunque acquistata e data in affitto.
Non si trovano altri documenti sulla questione, ma una delibera del consiglio generale datata 15 settembre 1714 fa pensare che la nuova sede dell’archivio sia ormai disponibile: con quell’atto si decide di eleggere una persona che curi il trasferimento delle carte e di affidare la loro gestione e custodia a due notai collegiati, che saranno tenuti anche a far legare a proprie spese periodicamente i documenti; tra l’altro, all’eletto di cui sopra viene per la prima volta tributato il titolo di archivista.
Nel 1739 si registra un nuovo acquisto di un immobile da destinare ad archivio della Comunità: si tratta di una casa dei fratelli Taccagni in contrada Trabucco. Nel 1743 vengono eseguiti lavori di adattamento dell’archivio, la costruzione di nuovi scaffali e l’introduzione di una norma che prevede che le chiavi del locale vengano affidate una al cancelliere e l’altra al sindaco della Comunità.
Nel secolo XVIII nella vita dell’archivio salodiano non emergono ulteriori problemi, se non quello ricorrente della difesa delle carte da usi impropri: nel 1780, ad esempio, interviene addirittura un avogadore da Venezia per imporre ai cancellieri la restituzione dei registri che trattengono presso di sé illegittimamente.
Non sappiamo quanto abbia inciso sull’integrità dell’archivio la catastrofe di fine secolo: anche se è possibile che qualcosa sia stato sottratto o distrutto nel passaggio di regime, non sembra che la struttura complessiva del fondo sia stata gravemente mutilata. Da questo punto di vista, è paradossalmente quasi una fortuna che il saccheggio della città avvenuto il 14 aprile 1797 sia stato compiuto dalle truppe francesi e non dai bresciani, che forse avrebbero avuto più motivi per metter mano sulle carte della Riviera.
L’archivio torna al centro dell’attenzione nel 1802, quando, su sollecitazione del ministro della Giustizia della repubblica Cisalpina preoccupato dello stato degli archivi criminali, il pretore di Salò ordina alla municipalità di provvedere un locale che possa contenere in buon ordine «tutti gli atti civili e criminali dei prossimi scorsi anni» e quelli che verranno prodotti in futuro, in modo da facilitarne l’uso da parte degli uffici: è possibile che si riferisca anche agli atti dei tribunali del provveditore e del podestà. Il comune assegnerà allo scopo, sottraendola ad un affittuario, una casa situata sulla piazza, nota come “archivio del campatico”, probabilmente perché in epoca veneta ospitava questa sezione dell’archivio comunale.
All’archivio della Comunità di Riviera come entità a sè non si fa cenno in questi anni, se non in una lettera del viceprefetto alla municipalità di Salò del 29 dicembre 1806: «Nel locale destinato pel nuovo archivio esistono le carte, libri dell’ex Patria. Esso devesi sgombrare sul momento. Urge dunque, o signori, di rinvenire altro locale pella custodia di dette carte e, siccome sono di qualche importanza, così debbo anche, o signori, invitare la diligenza vostra e la vostra attività a destinare all’istante il locale per collocarle, non volendo io esporle col ritardo al smarrimento di qualche d’una». Il comune provvede e nello stesso giorno risponde che, «contribuendo di buon grado alla conservazione dei registri dell’ex Patria di Riviera», ha collocato il materiale «in uno stanzino superiore all’archivio comunale. Tratti come furono dalli rispettivi cancelli da inesperte persone, ammonticchiati e trasportati senza alcun riguardo, trovansi presentemente così disordinati e confusi che sarebbe come non fossero conservati, se non si provvedesse alla loro riordinazione, separandone alcuni inutili affatto e collocando gli utili in appositi scaffali». Prosegue la risposta del comune: «Alla Signoria Vostra, perciò, che con commendabile zelo ha provveduto alla conservazione di tali registri, alli quali per dire il vero è in vari modi attaccato principalmente l’interesse di tutte le comuni componenti questo distretto, vorrà compiere l’opera provvedendo che a spesa del distretto medesimo vengano riordinati e custoditi in modo da potersene valere in ogni caso di bisogno».
L’archivio della Comunità di Riviera scompare poi dall’orizzonte e non se ne fa più cenno per decenni. L’attenzione sugli archivi antichi si riaccende nella seconda metà del XIX secolo, quando, tra il 1877 e il 1878, l’archivio di Stato di Brescia su sollecitazione del ministero competente chiede al comune di Salò informazioni sugli archivi comunali. Con un ritardo di più di un anno il sindaco risponde che «questo archivio comunale vecchio consta di circa N° 600 cartelle o mazzi del peso approssimativo di 200 chilogrammi». A prima vista sembrerebbe trattarsi solo dell’archivio comunale, se il sindaco non aggiungesse che i documenti in questione «datano dall’anno 1426, epoca nella quale questo comune si diede al dominio della Repubblica Veneta».
Il comune da quel momento manifesta interesse per le proprie memorie documentarie, concependo anche il progetto di sottoporle ad un riordino che le renda fruibili per il pubblico degli studiosi ed a questo scopo chiede al ministero un sussidio per le spese relative. Il 6 settembre 1880 la sottoprefettura di Salò trasmette la risposta degli uffici ministeriali, che, negando il contributo, suggeriscono però una soluzione di compromesso: «il Ministero non può non desiderare, nell’interesse degli studi storici di codesta regione, che sia riordinato quanto rimane dell’antico archivio del Comune di Salò. E vorrebbe pure concorrere a questa bisogna con qualche sussidio, siccome gliene viene fatta preghiera, ma non ha modo di farlo per l’assoluta mancanza in bilancio di somme all’uopo disponibili. Ma se il Ministero non può in questa forma contribuire a riordinare e mettere alla portata degli studiosi tale pregevole deposito di patrie memorie e poiché il municipio da solo, siccome viene assicurato, non basta all’opera dispendiosa, resterebbe forse un partito da raggiungere in altro modo, e credesi meglio, lo scopo, qualora il Municipio medesimo fosse disposto a fare volontario deposito di quelle carte nell’archivio di Stato di Brescia. Dato che questo temperamento venisse dal Municipio accolto e che l’archivio di Stato anzidetto fosse in grado di ricevere il deposito medesimo, cosa questa che occorrerebbe in prima accertare, verrebbero quelle carte ad ottenere una sede ben degna e più accessibile e più nota agli stranieri e il loro ordinamento sarebbe man mano compiuto dagli ufficiali governativi a quell’archivio addetti, senza alcun aggravio né pel Comune né pel Governo. Né al Comune riuscirebbe di pregiudizio la mancanza delle carte stesse, dappoichè avrebbe diritto in ogni tempo d’ottenere ispezione e copia di tutte quelle, onde avesse all’uopo pei bisogni della propria amministrazione».
La risposta del sindaco, qualche giorno dopo, è netta: «questo Municipio per speciali considerazioni non è disposto ad acconsentire che i documenti esistenti nel di lui archivio vecchio vengano depositati in quello di Stato di Brescia». Grazie a quella risposta oggi gli archivi del comune e della Comunità di Riviera si trovano ancora a Salò.
Certo, il problema della difficoltà dell’amministrazione comunale a finanziare il riordino e la sistemazione logistica delle antiche carte è rimasto vivo e irrisolto, come conferma una lettera del sindaco a riscontro di una circolare prefettizia del 2 settembre 1882: «il riordinamento degli archivi antichi comunali è certo nell’epoca nostra una delle opere maggiormente desiderabili, donde alla storia patria sono resi segnalati servigi e per cui vengono somministrati i mezzi necessari a fine di poter, risalendo attraverso ai secoli, rifare una narrazione vera e giudiziosa delle generazioni che furono. Fra tutti i Comuni della Riviera che svilupparono la loro esistenza sotto il dominio della Repubblica Veneta, il più florido e di tutti il più importante fu senza dubbio il Comune di Salò, la cui origine è tuttavia involta nelle tenebre e intorno al successivo incremento del quale non si hanno ora che scarse e incerte notizie per ignoranza di documenti che datino dall’epoca di sua fondazione ed i suoi primi tempi. Tali notizie però, di cui ora è sentito il bisogno, si potrebbero assai probabilmente accogliere nell’archivio vecchio di questo Comune. L’antico archivio municipale di Salò, per diverse cause che qui parrebbe inutile enumerare, più ora non possiede quella copia preziosa di pergamene di cui andava fornito nel secolo XVII, basterà soltanto accennare che parte nello scorcio del secolo passato in causa di un incendio andò distrutta e quant’altri documenti rimangono ancora del medesimo trovansi in disadatta stanzuccia letteralmente ammonticchiati alla rinfusa, aspettando da lungo tempo una mano paziente ed esperta che li riordini acconciamente». Con questi argomenti il comune avanza nuovamente allo Stato la richiesta di un aiuto finanziario per affrontare il problema.
Abbiamo ragione di ritenere che il concetto di archivio vecchio, enunciato dal sindaco, comprenda sia l’archivio propriamente comunale sia quello della Magnifica Patria, istituzione che viene esplicitamente evocata come precedente storico prestigioso della Salò attuale.
Dopo qualche anno, nel 1892 il comune riprende il progetto di intervento sui propri archivi antichi, chiamando a realizzarlo Giovanni Livi, allora direttore dell’Archivio di Stato di Brescia, un archivista di valore e storico già provato. Il lavoro tuttavia si interrompe presto per i molteplici impegni professionali del Livi. Il sindaco di Salò nell’ottobre 1901 torna ad interpellare l’archivista già noto, che risponde positivamente, dichiarandosi disposto a produrre un indice generale dell’archivio comunale di antico regime e di quello della Magnifica Patria con un lavoro di circa due mesi, mentre ritiene per lui impossibile la confezione di un inventario completo, particolareggiato e analitico.
Raggiunto l’accordo, il 21 marzo 1901 il sindaco di Salò rivolge ai comuni rivieraschi facenti parte dell’antica Comunità l’invito a sostenere parte delle spese relative a quest’opera, ottenendo una risposta positiva da quasi tutte le amministrazioni interpellate. Tuttavia il progetto deve fare i conti con contingenze più urgenti, che ne interrompono l’esecuzione. Nell’agosto di quell’anno la necessità di interventi di restauro sul palazzo municipale sottrae risorse in un primo tempo destinate agli archivi e, soprattutto, il 24 ottobre un potente terremoto colpisce la città, causando danni notevoli anche al municipio. Non solo il riordino del materiale archivistico viene sospeso, ma nel 1903 gli archivi custoditi nella residenza comunale devono essere spostati e ricoverati in altra sede, per consentire la riparazione e il consolidamento dell’edificio. Tuttavia, nel 1905 Giovanni Livi viene “richiamato in servizio” per completare l’opera iniziata e, concluso un nuovo accordo, confeziona gli inventari richiesti in quarantacinque giorni di lavoro, mentre il comune ha provveduto all’installazione degli armadi lignei in cui il materiale sarebbe stato riposto e conservato nella sala consiliare del municipio.
L’inventario Livi, come si è detto, è stato confezionato in un lasso di tempo molto breve e, secondo quanto dichiarato dallo stesso autore, non poteva essere costituito da schede dettagliate ed analitiche. Rimane, tuttavia, un’opera fondamentale per l’acutezza e la competenza con cui l’archivista ha saputo ricondurre i documenti agli uffici della Comunità che li hanno prodotti e trattati, pur dovendo procedere con grande velocità. L’archivio è stato strutturato i sedici serie, che si riconducono ai principali organi di governo della Riviera ed ai temi fondamentali della sua amministrazione. Tuttavia, talvolta le serie sono molto corpose e al loro interno piuttosto farraginose, tanto da non rendere fedelmente l’articolazione funzionale dell’istituzione; inoltre ad uno stesso numero d’inventario corrispondono spesso numerose unità. Infine, e apparentemente senza una chiara giustificazione, molte unità sono state esaminate dal Livi, ma non inserite nel suo inventario: si tratta di centoventi unità archivistiche, spesso costituite da più unità fisiche, individuate dall’autore dell’intervento, registri e volumi riguardanti per lo più la materia fiscale in tutte le sue articolazioni.
Nel 1991 il dottor Giuseppe Scarazzini, già soprintendente archivistico regionale per la Lombardia, è stato incaricato dal comune di Salò di procedere al riordino dell’archivio comunale d’antico regime e di quello della Comunità di Riviera. Completato e pubblicato nel 1997 l’inventario dell’archivio del comune, è iniziato l’esame delle carte della Riviera, che dal 1998 si è protratto fino al 2014. Questo lungo lasso di tempo si giustifica sia per l’ampiezza e la complessità del materiale, sia per l’intento, proprio del dottor Scarazzini e condiviso dai suoi collaboratori, di produrre un inventario analitico, basato su un’altrettanto analitica conoscenza delle carte. Tuttavia, bisogna tener conto anche di alcune lunghe interruzioni del lavoro dovute a cause di forza maggiore: un’ampia ristrutturazione dei locali del municipio alla fine degli anni novanta e, soprattutto, il lungo intervallo imposto dal terremoto del 24 novembre 2004, che ha reso necessario un nuovo trasferimento del materiale archivistico in locali di ricovero, in attesa che il palazzo, reso inagibile dal sisma, venisse rimesso in condizioni di efficienza. Nel frattempo, a causa del peggioramento delle condizioni di salute del dottor Scarazzini, il progetto è stato portato avanti fino alla conclusione dal gruppo dei suoi collaboratori, coordinato dal professor Giuseppe Piotti.
Nota dell'archivista:
SCHEDA METODOLOGICA
Il presente inventario è stato redatto secondo i criteri metodologici contenuti nella “Guida operativa per l’ordinamento e l’inventariazione degli archivi storici di enti locali”, edita nel 1992 dalla Regione Lombardia per l’attuazione del “Progetto Sesamo-Archivi storici in Lombardia”. Per la raccolta e sistemazione dei dati è stato usato il programma Sesamo nelle sue diverse versioni, fornito dalla Regione Lombardia; nel 2013 il materiale è stato acquisito nell’ambiente Archimista, che ne permetterà la pubblicazione in rete.
Rispetto all’elenco inventario prodotto da Giovanni Livi, si è voluto costruire un inventario analitico, pur tenendo presenti i criteri di sinteticità e oggettività che la scienza archivistica raccomanda; questa scelta si rende particolarmente evidente nelle schede introduttive all’inventario e ai vari complessi e si giustifica con l’intenzione di offrire al ricercatore il massimo di informazioni utili per un utilizzo più proficuo dell’inventario stesso.
Dal punto di vista dell’ordinamento, l’inventario 2014 ha rispettato per lo più la struttura seriale individuata da Giovanni Livi con alcune eccezioni.
È stata mantenuta la serie statuti, ma da essa sono stati espunti i registri di ducali in essa posti dal Livi, mentre la serie è stata articolata al suo interno in tre sottoserie (Riforma degli statuti, Statuti criminali, Statuti civili). La serie Provvisioni e ordinamenti è stata suddivisa in tre complessi, Fogliazzi, Ordinamenti, Carte di corredo; d’altra parte, si sono riunite tutte le ducali in un’unica serie, suddivisa in Pergamene e Registri di ducali, mentre in precedenza questi documenti risultavano spezzati in due tronconi, uno all’inizio, l’altro alla fine dell’inventario.
È stata costituita la serie Processi e sentenze, che comprende i registri delle sentenze dei provveditori, ma anche il materiale relativo a diverse specie di processi non strettamente riconducibili ad altre serie (ad es. la Sanità): la serie è stata suddivisa in cinque sottoserie, intitolate Processi in materia giurisdizionale, Contenzioso amministrativo, Processi diversi, Raspe, Vicariato di Tignale.
La serie Estimi (Estimo e censimento nell’inventario Livi), la più consistente nel precedente ordinamento, è stata articolata in sei sottoserie (Registri d’estimo, Polizze d’estimo, Estimo generale-Carte accessorie, Registrazioni degli estimatori, Censimenti, Anagrafi.
La serie Spese è stata conservata sostanzialmente intatta, mentre sulla serie Tasse, molto corposa a sua volta e piuttosto farraginosa, si è intervenuti distribuendo il materiale in sottoserie che rendessero conto delle diverse forme di tassazione e problematiche connesse, che direttamente o indirettamente interessavano la Riviera (Dazi, Gravezze, Mercato di Desenzano, Biade e contrabbandi, Stadera di Verona). Molte unità contenenti materiale processuale, dal Livi inserite nella serie Tasse, sono state trasferite in quella Processi e sentenze, ritenuta contenitore più congruo al loro contenuto.
Anche la serie Sanità, pur senza spostamenti di unità, è stata articolata in quattro serie (Deputati alla sanità, Estraordinario di sanità, Processi in materia di sanità, Sanità-Varie).
Conservata senza modifiche la piccola serie Popolazione, è stato invece variato l’assetto della serie Militari, in cui si sono riconosciute sei sottoserie (Provveditori alle cose belliche, Processi per materie belliche, Contribuzioni per la fortezza di Orzinuovi, Contribuzioni per la fortezza di Palma, Contribuzioni di fieno, Varie militari), la seconda delle quali (Processi per materie belliche) è stata suddivisa in quattro ulteriori accorpamenti (Cause contro il comune di Bedizzole, Cause contro la città di Brescia, Causa contro i tre comuni, Processi diversi).
Gli estraordinari sono stati riuniti in una sola serie, divisa in due complessi, Lettere ricevute e Lettere spedite.
Le serie Repertori e Atti estranei sono rimaste com’erano, mentre sono state costruite tre nuove serie, che il Livi non aveva individuato: Istituti ecclesiastici e luoghi pii, Cose pubbliche e fabbriche, Affari vari.
Complessivamente l’archivio risulta costituito da 1492 unità: 604 registri cartacei, 57 registri membranacei, 99 atti singoli membranacei, 1 atto singolo cartaceo, 479 volumi cartacei, 176 fascicoli, 29 mazzi di carte sciolte, 50 filze.
Soggetti conservatori
Soggetti produttori
- Comunità di Riviera. sec. XIII - 1803
Progetti
- Comunità di Riviera - riodino e inventariazione (1998-2013)
Fonti
- Domenicetti 2000 = Rodomonte Domenicetti, Descrizione della Riviera di Salò in Storia della Riviera di Salò / Bongianni Grattarolo, 2000
- Bettoni 1880 = Francesco Bettoni, Storia della Riviera di Salò, Brescia, Stefano Malaguzzi, 1880, voll. 4, p. XXI-240, 353, 342, 298; riprod. anast. Bologna, Forni, 1968.
- Grattarolo 1599 = Bongianni Grattarolo, Historia della riviera di Salò, Brescia, Vincenzo Sabbio, 1599, p. 120; riprod. anast. Brescia, Ateneo di Salò, 1978.
Link risorsa: http://lombardiarchivi.servizirl.it/fonds/36980