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Vicario pretorio

Vicario pretorio (1509 - 1800)

Serie

Le unità della serie sono state ritrovate mescolate a quelle della serie "Ufficio Pretorio", così riordinate probabilmente per la confusione creata dal termine "Pretorio" comune ad entrambe. Inoltre ad una prima analisi dei documenti sia dell'"Ufficio Pretorio" che del "Vicario Pretorio", il contenuto appare analogo, ma la differenza è data dalla magistratura a cui gli atti fanno capo: il pretore o podestà nel primo caso, il vicario pretorio nel secondo, anche se può creare qualche perplessità il fatto che spesso si ritrova citato il vicario pretorio anche negli atti dell'"Ufficio Pretorio", ma in qualità di vicegerente pretorio. Dall'analisi dei registri della cancelleria del comune, si è potuta ricavare la tipologia delle unità della serie che il notaio principale dell'ufficio del vicario pretorio consegnava annualmente:

− almeno due filze di atti con rispettive rubriche

− almeno una filza di sentenze con rispettiva rubrica

− un registro di sentenze (sia nei registri che nelle filze di sentenze si ritrovano anche molte "proclamationes", ovvero atti d'acquisto di beni immobili aventi caratteristiche particolari e diverse per le quali la vendita viene resa pubblica al fine di evitare che su detti beni nessun'altra persona al di fuori dell'acquirente possa in seguito vantare diritti)

− un registro di "citazioni, termini e comparse" (se ne ritrovano solo nel '500 e nel '600)

− un "liber punctorum" (ne è stato ritrovato uno solo; si tratta di un registro in cui vengono annotati gli "appuntamenti" ovvero i giorni della settimana destinati alla prima comparizione delle parti davanti al giudice)

− una filza e rispettivo registro di "dati in solutum" (si tratta di vendite di beni di debitori insolventi)

− un registro di "veti e pegni" (se ne ritrovano solo nel '500 e nel '600; si tratta di disposizioni di pignoramenti e sequestri di beni di debitori insolventi)

− una filza di dichiarazioni (se ne ritrovano solo nel '700; si tratta di atti diversi redatti a seguito di sentenze precedentemente emesse al fine, per la maggior parte, di renderle esecutive o di "commettere" una causa d'appellazione ad un giudice del collegio)

− un numero imprecisato di "vachette" (sono andate disperse)

Per quanto riguarda la figura del vicario pretorio, questa viene istituita fin dal primo installarsi del dominio veneziano in Bergamo. E' opportuno ricordare che l'amministrazione della giustizia civile e penale nelle città di Terraferma, spetta ai rettori veneziani e agli "assessori", che costituiscono la "corte pretoria" o "curia" al seguito del podestà, senza la quale quest'ultimo non può esercitare la propria autorità. Il vicario pretorio è il più importante degli assessori e ha mera giurisdizione civile; egli può giudicare in virtù della semplice autorità di vicario pretorio e in tal caso le sentenze emesse possono essere appellate davanti al podestà; spesso però egli esercita autorità podestarile quando giudica in sostituzione del podestà in qualità di vicegerente pretorio e come tale le sentenze in materia civile hanno lo stesso valore di quelle pronunciate dal podestà e in caso di appello vengono trasmesse a Venezia(1).

Il caso del vicario pretorio in qualità di vicegerente pretorio non riguarda, però, questa serie; gli atti che vi si ritrovano, infatti, si rifanno alla semplice autorità di vicario; come tale egli può essere subdelegato del podestà per determinate cause civili, ma in qualità di subdelegato egli agisce in nome proprio e non del podestà. La carica di vicario pretorio è ricoperta da persone scelte dal podestà e nominate con "l'autorità dell'eccelso Consiglio dei X(2)"; non può essere assunta da nobili veneziani, ma solo da dottori delle città suddite e che abbiano conseguito la laurea presso lo studio di Padova. Essi devono applicare gli statuti e le consuetudini delle città in cui esercitano, data la scelta politica di non completa integrazione fatta dalla repubblica di Venezia; statuti e consuetudini vengono poi integrati con norme tratte dallo statuto veneto, ma più spesso con quanto offre il "corpus iuris iustiniani". I tribunali civili sono retti, oltre che dal podestà e dal vicario pretorio, dal giudice alla ragione e dazi, anch'egli di nomina veneziana, dai consoli di giustizia, eletti dal collegio dei dottori della città, e dai consoli dei mercanti, eletti in seno al collegio mercantile della città. Ogni attore in prima istanza può adire a uno qualsiasi di questi tribunali, eccetto che per cause riguardanti competenze specifiche.

Circa la procedura che deve essere seguita in tutti i giudizi civili nei tre gradi di giudizio, qualunque sia la magistratura innanzi alla quale si sia presentato l'attore, si rimanda all'introduzione alla serie 36 (Giudice alla Ragione e Dazi).

Alcuni atti del '500 e del '600 ci danno testimonianza del ricorso, inoltre, ad una giurisdizione straordinaria, quella dell' "arbitratus more veneto", ossia affidata ad arbitri che, eletti dalle parti stesse, emettono giudizi che hanno il valore vincolante delle sentenze dei magistrati ordinari e la cui esecuzione viene garantita da questi. Altro istituto è quello del "consilium sapientis" o "consiglio di savio", di cui ogni litigante si può avvalere secondo il proprio beneplacito. Questo consiste nel giudizio del vicario pretorio con il consiglio di un dottore del collegio dei giudici, fatto eleggere dal vicario pretorio col sistema dei bollettini segreti come per le appellazioni, il quale viste le scritture e ascoltate le parti, non avendo l'autorità di giudicare, consiglia il giudice di prima istanza a giudicare secondo il suo parere vincolante; a questo punto il giudice ordinario non fa altro che interporvi la sua autorità. Il vicario pretorio può avere come luogotenente il giudice al maleficio, o, più raramente, il giudice alla ragione e dazi o un dottore del collegio dei giudici.

La formazione dei processi e la raccolta degli "instrumenti" delle cause era svolta nell'ufficio del vicario pretorio. Di esso fanno parte un notaio principale, che per ordine della città deve far parte del collegio dei notai, e da diversi notai coadiutori. Importante è il fatto, sottolineato dal Da Lezze, che in Bergamo il collegio dei notai non è padrone degli uffici dei giudici civili "…ma ne è padrona la magnifica Comunità, la qual cava tutte le utilità da essi offitii salariando quelli che l'essercitano. (…), nel resto gli detti salariati non hanno alcuna altra utilità (…), ma sono obligati a render conto alla Magnifica Città"(3).

Sempre a tale proposito si esprime anche un proclama a stampa del 1584 dal titolo "De Notariis Principalibus et Coadiutoribus Officiorum Pallatii"(4) in cui vengono ribadite le competenze dei notai principali e coadiutori degli uffici civili. Una delle competenze del notaio principale dell'ufficio del vicario pretorio, il più importante insieme a quello dell'ufficio pretorio, è quella di "exigere pecunias" dai notai coadiutori del suo ufficio e dai notai principali e coadiutori degli altri uffici, per consegnarle nelle mani del tesoriere del comune. Stante questa situazione patrimoniale degli uffici da parte del comune, forse si spiegherebbe l'anomala presenza presso un archivio comunale di atti di magistrature di nomina veneziana, come pure la preoccupazione del comune stesso, di cui si ha testimonianza sempre nel citato proclama, che ogni notaio principale sia tenuto a "cartare filtias" per ogni atto dell'ufficio a cui sono deputati, ad annotare gli stessi atti in una rubrica alfabetica, affinché siano facilmente reperibili, e a "fieri computa" ogni volta degli atti. Per le spese processuali i notai devono attenersi rigidamente a un tariffario. Le sottoscrizioni del notaio principale del vicario pretorio, che si ritrovano nei registri di "dati in solutum", hanno consentito di identificare la serie "Vicario Pretorio" come quella di appartenenza dei registri stessi; la loro collocazione archivistica poteva infatti riservare dei dubbi, in quanto i "dati in solutum" erano disposti da diverse magistrature.

Con il proclama di cui sopra il maggior consiglio interviene per intimare ai notai la consegna delle pratiche, proprio perché le stesse sono fonte d'entrate per il comune. Intimazioni di tal genere, però, vengono probabilmente ignorate; ne è testimonianza la presenza nella serie di filze di atti trattenuti presso di sè dal notaio Domenico Bottagisi e a distanza di anni restituiti al comune dal fratello.

Forse proprio per necessità amministrativo−contabili, cioè di consegna e computo degli atti a breve termine, ci troviamo di fronte a un insieme, apparentemente disorganico, di atti singoli e non a un'ordinata raccolta di fascicoli processuali. E' probabile che questi venissero conservati dalle parti in causa o forse dai vicari pretori. E' comune, poi, ritrovare nelle filze la corrispondenza tra il vicario pretorio di Bergamo e altri vicari o giudici del dominio veneziano, soprattutto per ciò che riguardava la richiesta di produzione di testimonianze di abitanti fuori del territorio bergamasco, necessarie in cause pendenti davanti al vicario pretorio di Bergamo. Più raramente si trovano lettere inviate da magistrature esterne al dominio o straniere.

Circa un elenco più dettagliato della tipologia degli atti rimandiamo a dizionari giuridici coevi e contemporanei.

1 Cfr. C. Povolo, "Aspetti e problemi dell'amministrazione della giustizia penale nella Repubblica di Venezia. Secoli XVIXVII", in "Stato, società e giustizia nella Repubblica Veneta (sec. XV−XVIII)", vol. I, a cura di G. Cozzi Roma, 1980, p. 161

2 Cfr. G. Morari, "Pratica de' Reggimenti di Terraferma"; Padova, 1780, pp. 21−28

3 Cfr. G. Da Lezze, "Descrizione di Bergamo e del suo territorio 1596", a cura di V. Marchetti e L. Pagani, Bergamo, 1989, p. 161

4 Biblioteca Civica di Bergamo, n. 7−844

Codici identificativi:

  • MIBA002FA6 (PLAIN) | Annotazioni: Verificato il 18/10/2013