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Consiglio Generale

Consiglio Generale (1330 - 1796)

132 unità archivistiche di primo livello collegate

Serie

La denominazione "consiglio generale" indica la principale assemblea rappresentativa della municipalità milanese, la quale ha subito diverse trasformazioni nella sua composizione interna prima di giungere alla forma del consiglio dei sessanta decurioni (le cui ordinazioni costituiscono la parte più consistente della sottoserie). Nel XII sec., per quanto riguarda il periodo comunale, le adunanze sono denominate "conciones"; nel secolo successivo si organizzano sessioni di un'assemblea più ristretta detta "consiglio di credenza" o "credentia" che arriva a contare circa ottocento membri, suddivisi nelle tre classi dei "capitanei", "valvassores" e "cives". La durata in carica è probabilmente di un anno, come nel caso dei podestà e dei consoli, e sono nominati dal podestà stesso. Durante il periodo signorile si hanno ulteriori cambiamenti; nei primi anni del sec. XIV sembra che il numero dei componenti giunga a milleduecento, mentre a partire dal 1330, con la grida del podestà Guiscardo de Grumello pubblicata il 14 marzo, viene fatta menzione per la prima volta dei cosiddetti "novecento", numero dei consiglieri che perdurerà prossochè inalterato fino a tutto il periodo sforzesco, tranne la breve parentesi del ducato di Giovanni Maria Visconti.

Il consiglio dei novecento viene convocato dal podestà e, per quanto riguarda l'elezione, fino al 1388 è da credere che essa sia fatta dai capifamiglia delle sei porte in cui è divisa la città, in numero di centocinquanta per ciascuna; dopo quella data la nomina viene fatta dall'ufficio di provvisione con il beneplacito del signore. La durata della carica può essere di uno o di più anni a discrezione dello stesso duca(1).

Con la breve e discontinua dominazione francese (1499 − 1525) si pongono le basi della struttura istituzionale dello stato di Milano per tutto l'antico regime(2). Caratteristica saliente di questo periodo è l'introduzione della clausola per cui i membri del consiglio devono appartenere al patriziato milanese. Nel 1516 Francesco I d'Angouleme, re di Francia, riduce a centocinquanta il numero dei consiglieri o "decurioni" (termine che con questo significato è già in uso nella prima metà del sec. XIV) e poco dopo, l'1 luglio 1518, il suo luogotenente Odetto di Foix(3) stabilisce a sessanta (dieci per porta) il numero definitivo. Con gli statuti del 1502 la nomina dei decurioni è prerogativa del duca e del suo luogotenente, eccetto il periodo di Massimiliano Sforza, in cui i decurioni sono nominati dal tribunale di provvisione. In età spagnola e durante la successiva dominazione austriaca la nomina viene effettuata dal governatore.

Il consiglio generale, in quanto assemblea rappresentativa della città, esprime la continuità della sua autonomia politica pur sotto il controllo della monarchia straniera dominante, rappresentata dal governatore. La sua autorità però si estende oltre l'ambito strettamente comunale giungendo a comprendere l'intero territorio del ducato(4) o contado, soprattutto riguardo la politica fiscale, il calmiere dei prezzi e l'approvvigionamento.

I sessanta sono un organo esclusivamente deliberativo le cui competenze spaziano dalle questioni di ordinaria amministrazione a quelle di massima importanza e di interesse generale: interventi urbanistici e architettonici, sia pubblici sia privati; acque e canali, ordine pubblico e vettovagliamento; formazioni di commissioni decurionali estemporanee (le cosiddette giunte, delegazioni o deputazioni) su oggetti particolari; rappresentanza della città nelle celebrazioni solenni religiose e civili, nella difesa degli interessi locali presso la corte e nei rapporti con le maggiori autorità ecclesiastiche (nomina ed invio di ambasciatori); amministrazione e controllo del debito pubblico; nomine degli ufficiali della città(5). L'esecuzione della volontà del consiglio è demandata alle magistrature cittadine competenti. Il vicario di provvisione è a capo di tutta l'amministrazione comunale(6); la congregazione del banco di S. Ambrogio(7) si occupa dell'amministrazione delle rendite della città, ossia della vendita e dell'appalto delle imprese dei dazi civici e della gestione dell'omonimo banco; nelle situazioni di particolare gravità interviene nell'anticipo di capitali a copertura finanziaria degli obblighi della città. La congregazione dei conservatori del patrimonio(8) provvede a tutti gli affari ed interessi comunali che non appartengono all'anno in corso, poiché di questi si occupa il tribunale di provvisione. I "patrimoniali" si interessano pertanto dell'esazione dei crediti e del pagamento dei debiti, dei cambi e dei prestiti, delle liti in cui il comune è parte in causa e che si protraggono oltre un anno, della compilazione dei bilanci della città, del controllo sulle imposte e sulle tasse straordinarie, dei ricorsi alla corte per il conseguimento di sgravi fiscali.

I conservatori degli ordini(9) difendono gli interessi e le prerogative del patriziato milanese. La milizia urbana tutela, invece, l'ordine pubblico cittadino in circostanze eccezionali(10).

Il tribunale di provvisione(11), a differenza degli istituti testè accennati, conserva un'ampia autonomia decisionale rispetto al consiglio. Del resto il vicario e i dodici di provvisione sono un organismo di antica tradizione municipale che ha sempre conservato una propria fisionomia istituzionale nell'ambito della vita cittadina e di quella del contado. Tuttavia le sue competenze non entrano in contrasto con l'autorità dei sessanta in quanto le "provisiones" riguardano esclusivamente l'ambito amministrativo e quello giudiziario (cause che riguardano il comune), e non quello politico generale. In questo senso si può dire che il tribunale applica la volontà del consiglio in tutte le questioni correnti della città.

Le nuove costituzioni promulgate da Carlo V nel 1541 non dedicano molto spazio all'organizzazione interna del consiglio dei sessanta(12), se non per quanto riguarda la nomina annuale degli ufficiali della città. Il primo verbale con cui inizia la serie degli appuntamenti, conservati in originale, risale al 27 settembre 1543; le adunanze inizialmente sono poco frequenti (ammesso che il materiale di questo periodo ci sia pervenuto integralmente). Tra il 1546 e il 1556 si contano dalle tre alle sei adunanze annuali; negli anni successivi la frequenza aumenta fino ad una media indicativa di dieci o venti convocazioni all'anno. Ad eccezione delle sessioni per il periodico rinnovo degli ufficiali municipali, le adunanze non sembrano seguire scadenze regolari, appaiono invece motivate dalle particolari esigenze del momento, delle quali è interprete il vicario di provvisione.

Egli infatti richiede al governatore, tramite lettera, l'autorizzazione ad indire la adunanza; autorizzazione che viene redatta a tergo della stessa richiesta per mano del cancelliere del governatore. Inoltre il vicario convoca i consiglieri con un apposito avviso consegnato dai portieri del comune "bianchi e rossi"(13).

Le adunanze avvengono nella sala del broletto nuovo(14), "la cameretta", e sono presiedute dallo stesso vicario, alla presenza di un luogotenente regio, ossia di un decurione di fiducia scelto dal governatore su una terna proposta dal consiglio(15). Dette sessioni sono valide solo se vi intervengono almeno i due terzi dei decurioni. All'assemblea viene letto dal vicario un documento di carattere consultivo, nonchè disposizioni del governo oppure comunicazioni diverse. La votazione avviene dopo la lettura della mozione avanzata dal vicario di provvisione e verte su due possibilità: l'approvazione oppure il rinvio ad altra risoluzione da definirsi. Non è prevista durante l'adunanza la discussione dei temi in oggetto(16).

Nel sec. XIII le deliberazioni venivano sottoscritte da un notaio speciale: "notarius camere pallatii communis mediolani". Nel periodo signorile sono sottoscritte da un notaio dell'ufficio di provvisione.

Durante la dominazione straniera il sistema amministrativo cittadino conserva un certo numero di propri funzionari e salariati tra i quali il segretario della città con uno scrittore, un notaio che assiste la congregazione del patrimonio, un cancelliere per il tribunale di provvisione, un tesoriere con i coadiutori, i ragionati ed infine i portieri(17). Dall'esame degli atti pervenutici non emergono indicazioni sull'esistenza di scrittori, impiegati, notai propri del consiglio. Gli unici atti sottoscritti sono i verbali, per mano del vicario, e i diversi avvisi ed ordini emessi dal consiglio, con sottoscrizione generica del vicario e dei sessanta e vidimati dal segretario della città. E' presumibile, perciò, che i sessanta si servano degli impiegati comuni alle altre magistrature civiche.

L'ordinamento(18) attuale della sottoserie ripristina quello eseguito dal conte Giorgio Giulini e dall'abate Ignazio Lualdi, archivista civico, attorno al 1770 − 1780, ed è frutto del lavoro di molti archivisti iniziato poco dopo il 1870 (Luigi Carcano, Luigi Crescentini, Paolo Casanova, Giuseppe Ganz, Gentile Pagani), poiché le filze originarie erano state smembrate e "ordinate" da Carlo Daverio nei primi decenni del sec. XIX, secondo il metodo adottato e diffuso da Ilario Corte e Luca Peroni. Lo stesso Peroni aveva già eseguito negli anni 1800 − 1804 uno scarto indiscriminato sull'intera documentazione(19).

Le prime buste si distinguono dal resto della sottoserie. Infatti la prima porta il titolo peroniano di "provvidenze generali" e contiene atti vari, tra i quali si trovano anche i documenti più antichi, pervenutici soltanto in copia (secc. XIV − XV). Le successive buste contengono i registri delle patenti di nomina dei decurioni, gli elenchi degli stessi, gli stampati con i loro nomi e qualifiche originariamente destinati alla registrazione dei presenti alle sessioni; è inoltre conservata la comunicazione alla città della riduzione del numero dei consiglieri a sessanta, ordinata da Odetto di Foix nel 1518. Nelle buste si trovano i registri dei transunti seicenteschi e settecenteschi delle principali ordinazioni dal 1554 al 1781(20).

La conservazione sistematica delle carte del consiglio generale comincia con l'anno 1543; il materiale documentario è condizionato in buste che generalmente corrispondono all'attività consiliare di uno o due anni. All'interno di ciascuna busta i documenti mantengono l'ordinamento per filze e fascicoli(21). Ogni filza, a sua volta, può comprendere i fascicoli relativi alle sedute di uno, due o tre anni, a seconda della consistenza. Ogni fascicolo ha quasi sempre una camicia settecentesca che reca il resoconto dell'assemblea decurionale. All'interno si trovano il verbale, le deliberazioni e gli allegati relativi alla singola adunanza, tra i quali vi sono anche gli elenchi a stampa dei decurioni.

Tra gli strumenti di corredo dell'archivio civico segnaliamo, oltre all'inventario generale della serie Dicasteri, cinque volumi manoscritti del sec. XX contenenti la trascrizione dei transunti settecenteschi delle sessioni consiliari con relativo indice(22).

I documenti sono essenzialmente di due tipi. Le carte proprie dell'attività consiliare: richieste di convocazione delle adunanze da parte del vicario di provvisione, con licenza governatoriale sul verso della carta, di mano del cancelliere, avvisi di convocazione, elenchi a stampa dei decurioni con annotazione dei presenti; verbali sottoscritti dal vicario, ballottaggi che riportano la votazione e spesso anche una breve menzione delle proposte, decreti o editti, anche a stampa, lettere credenziali, nomine. Gli allegati: dispacci regi, decreti governatoriali, relazioni consultive, brevi papali, bilanci della città, scrutini preventivi e consuntivi delle imposte, resoconti degli ambasciatori, carteggi vari, suppliche e ricorsi, perizie, planimetrie e disegni, descrizioni di cerimonie pubbliche e di festeggiamenti.

Il criterio di schedatura adotta come unità archivistica la busta tranne nei casi di registri, quindi la descrizione dei documenti deve contenere informazioni di varia natura relative alla documentazione di più sedute. Perciò da una parte si è privilegiato l'aspetto contenutistico piuttosto che diplomatistico; dall'altra, nell'impossibilità di descrivere in maniera esauriente tutti i documenti, si segnalano in primo luogo gli elementi tipici e ricorrenti dell'attività consiliare, e in secondo luogo si sottolineano gli aspetti di particolare rilievo istituzionale e politico.

1. Per la storia del consiglio generale cfr. C. Santoro: "Gli offici del comune di Milano e del dominio visconteo sforzesco (1216 − 1515)", Milano, 1968, pp. 15 − 19, 59 − 65.

2. Il consiglio dei sessanta perdura sino al 1796, quando viene abolito dal governo d'occupazione francese. Il decreto a stampa, bilingue, è nella b. 132.

3. Il decreto è nella b. 6.

4. Ducato amministrativo, da non confondersi con il ducato politico e storico; cfr. G. Pagani "L'archivio…", cit., p. 20. Vedi anche l'introduzione alla sottoserie 11 Congregazione del ducato.

5. Il consiglio generale trasmette al governatore, al quale spetta la scelta definitiva, i nominativi dei candidati per il periodico rinnovo dei principali funzionari municipali: annualmente le terne per l'elezione del vicario e dei dodici di provvisione, dei giudici delle vettovaglie e delle strade, del luogotenente regio; ogni quattro anni le quaterne per il rinnovo dei conservatori del patrimonio; vengono eletti invece direttamente dal consiglio i membri della congregazione del banco di S. Ambrogio (ogni quattro anni) e i conservatori degli ordini (con carica vitalizia).

6. Cfr. G. Pagani, "L'archivio…", cit., p. 20. Con la riforma dell'imperatore Giuseppe II la carica di vicario di provvisione viene abolita e le sue funzioni svolte da uno dei prefetti della congregazione municipale; l'ufficio viene ripristinato da Leopoldo II.

7. Fondato nell'anno 1593 (v. b. 22); approvazione degli statuti nel 1601 (b. 28) nel 1786 è inglobato nel monte di S. Teresa. Oltre al vicario di provvisione e al luogotenente regio la congregazione del banco di S. Ambrogio, ossia l'organo direttivo dello stesso, è composto da due membri del tribunale di provvisione, due conservatori del patrimonio, due decurioni (che fungono da governatori), da un dottore collegiato (come pro−vicario) e un "intelligente dei conti". Gli ultimi quattro sono nominati direttamente dal consiglio generale e durano in carica quattro anni. Gentile Pagani (v. in bibliografia) dà notizia di una serie indipendente degli atti del banco di S. Ambrogio, ora non più esistente.

8. Nel 1599 viene costituita la congregazione del patrimonio (v. bb. 25 − 27) formata da sei dei "sessanta", due dottori collegiati, oltre al vicario di provvisione e al luogotenente regio.

9. I conservatori degli ordini sono tre, e vengono nominati direttamente dal consiglio generale che li sceglie tra i suoi componenti; questa magistratura s'impone nel secolo XVII contemporaneamente al consolidarsi dei privilegi del patriziato milanese.

10. Istituita nel 1615, è costituita da sudditi dello stato di Milano, a capo di essa si trovano il soprintendente generale e i maestri di campo delle sei porte della città. I suddetti, con altri quattro "aggiunti" militari appartenenti al patriziato, costituiscono la congregazione militare.

11. Si veda la relativa introduzione alle sottoserie 7 − 9.

12. Cfr. E. Verga "I consigli del comune di Milano", in "Annuario storico−statistico del comune di Milano", Milano, 1914, pp. V − LIII.

13. Tra le delibere dei sessanta ricorrono provvedimenti sul salario e sull'abbigliamento (divise estive e invernali) dei "bianchi e rossi" e "trombetti".

14. Cfr. G. Pagani, "L'archivio…", cit., pp. 12 − 14.

15. Cfr. nota 5 della scheda sottoserie 3 Consiglio generale.

16. Negli anni 1792 − 1793 a questo proposito s'avvia il dibattito sull'opportunità di introdurre la discussione tra i decurioni durante le sessioni consiliari. Si vedano le relazioni di Pietro Verri, Antonio Aymi Visconti e Francesco Melzi d'Eril e di altri ancora nelle bb. 128 − 129.

17. Cfr. A. Visconti "La pubblica amministrazione dello stato milanese durante il predominio straniero (1541 − 1796)", Roma, 1913, pp. 416 − 417.

18. Le carte della "cameretta" sono state conservate nei secc. XVIXVII nell'archivio corrente dei tribunali civici. Il primo riordino organico dell'archivio risale al 1770, con l'opera di Giorgio Giulini, in qualità di direttore, il quale ha previsto una ripartizione delle carte in venti categorie, tra le quali gli "appuntamenti della cameretta". Il progetto del Giulini è stato di fatto realizzato dall'abate Ignazio Lualdi negli anni 1770 − 1784. Nella b. 121, fasc. 6 si trova la convenzione stipulata tra il consiglio generale e detto Lualdi sul riordino e sulla conservazione dell'intero archivio; gli "appuntamenti" sono ordinati secondo il metodo storico. Dopo il 1784 l'archivio è diretto da Gregorio Pansecchi fino al 1796. Opera loro, e in particolare del Lualdi, sarebbero i cinque volumi manoscritti dei resoconti analitici delle sedute del consiglio che l'archivio civico, fino al secolo scorso, conservava in doppio ma che oggi non sono più reperibili. Forse una copia o un esemplare di questi, è il manoscritto settecentesco dell'Archivio storico civico di Milano: I. Lualdi (a cura di), "Repertorio delle ordinazioni fatte nel sec. XVI dall'eccellentissimo consiglio generale della città di Milano", tomo I; in questo ms. si trovano, infatti, i resoconti delle sedute del consiglio dall'anno 1543 al 1599.

19. Cfr. G. Pagani, "L'archivio …", cit., pp. 26 − 27.

20. Cfr. G. Pagani, "L'archivio …", cit., p. 16.

21. Le filze sono segnate in alto sulle camicie con numero progressivo romano. Ne abbiamo due serie: dalla filza IV (27 settembre 1543, b. 12) alla filza LVII (30 dicembre 1699, b. 67), e dalla filza I (29 gennaio 1700, b. 67) alla filza LXXXVIII (1784, b. 124), per un totale di 142. Le filze non corrispondono alle sedute di un solo anno, possono comprenderne anche due o tre; le buste possono contenere più di una filza. I fascicoli hanno numerazione progressiva all'interno della filza, in numeri arabi. Questo criterio è riscontrabile fino alla b. 124, che contiene le carte relative all'anno 1784.

22. Il numero di questi volumi coincide con quelli curati dal Lualdi, ma non è possibile stabilire se siano copia diretta degli originali, attualmente non reperibili, o piuttosto la trascrizione di quanto presente sulle camicie settecentesche dei fascicoli.

Codici identificativi:

  • MIBA00359A (PLAIN) | Annotazioni: Verificato il 18/10/2013