Comunità di Riviera. ( sec. XIII - 1803 )

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Ente pubblico territoriale

Altre denominazioni: Riviera Bresciana

Condizione: pubblico

Sede: Salò.

Profilo storico / Biografia

Storia.
Non si hanno notizie certe sul periodo in cui prende vita questo composito organismo che pare configurarsi, sin dal suo sorgere, come confederazione di comuni. Nel corso dei secoli XII e XIII anche in altre aree dell’arco alpino si assiste al comporsi di alleanze tra comunità rurali al fine di contenere le pretese egemoniche di potenze urbane o signorili. Le terre della Riviera, all’epoca della formazione del cosiddetto stato cittadino, sono contese dalla signoria vescovile di Trento, dal comune di Verona e, soprattutto, da Brescia, città che, a partire dal XII secolo, avvia un robusto processo di conquista del contado circostante.
Al secolo XII risalgono alcuni privilegi imperiali, concessi da Federico I di Svevia alle comunità di Scovolo (San Felice) e Maderno, che conferiscono ad esse l’autonomia fiscale rispetto ad ogni autorità diversa dalla imperiale. Questi documenti, successivamente in più occasioni confermati, costituiscono probabilmente il fondamento su cui è sorta la Comunità di Riviera. La nascita della confederazione attraverso l’unione di comuni, alcuni dei quali già privilegiati, potrebbe essere avvenuta intorno alla metà o nella seconda metà del XIII secolo, un periodo nel quale l’aggressività espansiva di Brescia verso la provincia si è fatta più sensibile.
Negli Statuti bresciani del 1271 si fa cenno a un insieme di castelli governati dal podestà della Riviera del Garda: sembra esistere dunque, già in questa epoca, una giurisdizione separata, anche se ne ignoriamo i confini e le caratteristiche.
Nel 1336 la Comunità ottiene da Venezia l’invio periodico di un podestà scelto dal consiglio della Riviera tra i nobili della Serenissima: inizia così una specie di protettorato veneziano, il cui profilo si fa più preciso quando, nel 1344, Venezia impone una modifica agli statuti della Comunità che assegna alla città lagunare la nomina del podestà. Dal 1350 la regione conosce la dominazione viscontea, durante la quale, nel 1377, il ruolo di capoluogo viene sottratto a Maderno ed assegnato a Salò; dal 1404 passa sotto le insegne di Pandolfo Malatesta e torna infine nel 1421 sotto quelle milanesi. Dal 1426 comincia, con i patti di dedizione, la lunga formale appartenenza alla repubblica veneta.
Con l’ingresso nello stato di terraferma della Serenissima si conclude un lungo periodo, quasi un secolo, segnato dall’alternarsi di pace e di belligeranza; in questo lasso di tempo la Riviera ha modo di contenere le mire bresciane riuscendo ad ottenere dalle varie dominazioni che si succedono il riconoscimento di autonomie piuttosto ampie. Nell’archivio della Magnifica Patria e in quelli di molti comuni si conservano ancora oggi gli atti di privilegio e le relative conferme.
Con l’assoggettamento alla repubblica di San Marco l’attrito con Brescia sembra trovare un punto di equilibrio: alla Riviera sono riconosciuti la separazione fiscale dal territorio e l’esercizio del mero e misto imperio, cioè l’amministrazione della giustizia criminale e civile. Alla prima presiede un provveditore e capitano della Riviera di nomina veneziana, mentre alla seconda un podestà bresciano. Quest’ultima figura viene introdotta negli anni quaranta del secolo XV, come riconoscimento da parte di Venezia della fedeltà bresciana, non senza resistenze da parte dei gardesani.
I contrasti tra la Riviera e la città non sembrano sopirsi e danno vita nel tempo a varie forme di contenzioso giudiziario: questo conflitto rappresenta uno dei tratti caratteristici delle dinamiche istituzionali e dell’identità stessa della Riviera per tutto il periodo della lunga, e per altri versi pacifica, dominazione veneziana.
Sulle ragioni che hanno condotto i comuni della regione a legarsi in confederazione non disponiamo di prove documentarie, ma possiamo fondatamente argomentare a partire dalla posizione strategica della Riviera nel sistema geografico ed economico italiano ed europeo.
L’accordo tra le diverse comunità deve avere trovato un primo fondamento nella specificità condivisa da molti comuni rivieraschi consistente nella vocazione commerciale e imprenditoriale della loro economia, legata alle caratteristiche e alla collocazione del territorio su cui insistevano. Questa esperienza economica ha probabilmente prodotto nelle classi dirigenti locali la consapevolezza della propria capacità di governo, della propria autosufficienza, la coscienza dei propri interessi, la capacità di tradurli in precise direttive politico-strategiche ed in altrettanto precise richieste ai dominatori di turno. Certamente ha agito come ulteriore fattore di coagulazione la consapevolezza da parte dei singoli comuni della propria debolezza individuale e dei vantaggi che avrebbero potuto derivare dall’unione delle forze, utile a strappare un trattamento di maggior favore ai diversi e successivi dominanti o aspiranti tali. L’associazione che ne è nata si può definire da un lato “non naturale”, dall’altro “necessaria”. Non naturale perché senza dubbio la subordinazione dell’egoismo campanilistico ad un governo “federale” contrasta con l’individualismo, questo sì naturale, delle singole comunità locali. Nel corso di tutta la storia documentata della Riviera emergono come cause di estenuanti conflitti le innumerevoli differenze che separano e fanno divergere gli elementi che compongono il tutto. Innanzitutto le caratteristiche ambientali ed economiche che distinguono e spesso contrappongono le differenti zone geografiche rappresentate dalle quadre, come la montagna, la zona collinare, la pianura fertile, la capitale. In secondo luogo hanno grande rilievo polemico gli attriti che si innescano tra i contrapposti individualismi dei comuni, soprattutto i maggiori come Salò e Desenzano, le cui classi dirigenti si fanno portatrici di interessi divergenti e manifestano velleità egemoniche e, come nel caso di Desenzano, un evidente e persistente fastidio per il primato salodiano. Le carte dell’archivio testimoniano un contenzioso instancabilmente arricchito da sempre nuove liti tra le quadre, tra i comuni o tra le comunità locali e la Riviera; i motivi che provocano queste contese, che spesso raggiungono le istanze giudiziarie più elevate e lontane, sono disparati e vanno da ragioni di prestigio alla distribuzione dei carichi fiscali, costringendo le parti in causa ad un dispendio di energie umane e finanziarie talvolta paradossale, soprattutto se confrontato con i risultati a cui le cause intraprese talvolta conducono. Tuttavia, nonostante questo stillicidio di fattori corrosivi, tutti i comuni confermano sempre la loro volontà di adesione alla Comunità, che evidentemente continuano a considerare necessaria, nella consapevolezza che solo uniti si vince, per lo meno nel senso che solo insieme i singoli centri riescono ad ottenere dal dominante di turno la soddisfazione delle loro principali esigenze.
La Comunità di Riviera regge alla prova del tempo, realizzando al suo interno un equilibrio delicato e difficile e sempre bisognoso di limature e conferme.

Territorio, circoscrizioni e amministrazione.
Non è del tutto chiaro quanti siano i comuni che fanno parte della Riviera; o meglio non è chiaro quanti degli insediamenti e dei villaggi che la compongono esprimano una organizzazione amministrativa di tipo comunale.
Nel 1580 Rodomonte Domenicetti, cancelliere della Patria, compila una esauriente “Descrittione della Riviera del Benaco”, in cui passa in rassegna i diversi aspetti dei locali ordinamenti. Nell’illustrare la composizione degli organi di governo, i cui membri sono nominati in base al territorio, cita 35 comuni ripartiti per quadre. Della quadra di Gargnano fanno parte tre comuni (Gargnano, Tremosine e Limone), quattro appartengono a quella di Maderno (Maderno, Gardone, Toscolano, Roina), la quadra di Salò ne conta tre (Salò, Caccavero, Volciano), Montagna nove (Idro, Cazzi, Sabbio, Vobarno, Hano, Degagna, Provaglio di Sopra, Provaglio di Sotto, Teglie), Valtenesi otto (Manerba, San Felice, Raffa, Polpenazze, Puegnago, Portese, Moniga, Soiano) e otto anche per la quadra di Campagna (Moscoline, Bedizzole, Padenghe, Calvagese, Carzago, Desenzano, Rivoltella e Pozzolengo). A questi 35 vanno aggiunti Tignale e Muslone, che, godendo di un privilegio di separazione come si spiega più oltre, non eleggono proprie rappresentanze negli organi della Riviera e pertanto non vengono conteggiati. In totale quindi i comuni della Riviera, compresi questi ultimi due, sarebbero 37; tuttavia quelli che inviano stabilmente propri rappresentanti nel consiglio generale della Riviera sono 34, dato che il comune di Roina esiste come entità autonoma solo per circa un secolo dalla metà del Cinquecento alla metà del secolo successivo.
Questa incerta situazione si spiega in ragione del fatto che sono molti gli insediamenti minori (Clibbio, Bottenago, Castrezzone, Centenaro, Maguzzano, Drugolo, Arzaga, Venzago), i quali, pur non avendo diritto alla nomina di proprie rappresentanze, vengono comunque censiti per obblighi di diversa natura verso lo stato.
La maggior parte dei comuni adotta, qui come altrove, forme di governo piuttosto simili: il potere sovrano è esercitato per lo più dall’assemblea generale dei capi famiglia, la vicinia, che delibera sulle questioni di maggior rilievo, elegge un organo esecutivo ristretto e nomina gli ufficiali, almeno quelli maggiori. Al di là di questi, che sono tratti comuni a tutte le amministrazioni rurali in Antico Regime, vi è poi una serie infinita di varianti locali che riguardano: la sopravvivenza e l’effettivo ruolo di governo delle vicinie, i criteri di scelta dei consigli ristretti, le attribuzioni delle burocrazie locali e le modalità di nomina, la gestione delle finanze e la riscossione dei tributi, l’amministrazione dei beni comuni e i mille altri aspetti collegati alle specifiche condizioni territoriali, demografiche, sociali di ciascun comune.
Anche rispetto alle due più tipiche manifestazioni del potere pubblico, fiscalità e giustizia, su cui si impernia in epoca moderna la dialettica tra stati e territori, si registrano significative differenze tra i vari corpi della Riviera. I comuni di Maderno, Muslone e Tignale, ad esempio, per il giudizio civile nominano propri magistrati, ricorrendo a quelli residenti in Salò per il solo appello. Il giudice di Maderno, “dottor di legge” che ha titolo di vicario, ha giurisdizione non solo sui propri abitanti ma anche su tutti quelli dei comuni della sua quadra. Nella campagna del Venzago, non un vero e proprio comune ma terra di insediamenti sparsi, si esercita la giurisdizione dei magistrati salodiani, però, limitatamente alle questioni daziarie, possono intervenire anche quelli di Lonato. Molti comuni infine, anche di modeste dimensioni demografiche, eleggono tra i residenti propri magistrati, i consoli, che rendono ragione sulle questioni minori.
Significativi anche sul piano fiscale i casi di Muslone e Tignale, che sono esenti dai carichi ordinari e dall’obbligo di fornire soldati; oneri che invece vengono ripartiti, più o meno equamente, tra le restanti amministrazioni del territorio.

Popolazione.
Secondo un’anonima descrizione della Riviera del 1493, edita alla fine del XIX secolo (Medin 1886), il numero di abitanti assomma a circa 40.000. Una indicazione più precisa viene fornita dal Domenicetti che parla, nel 1580, di 44.472 residenti. Di questi 9.358 sono maschi che non hanno ancora compiuto i 18 anni, 8.168 quelli compresi tra i 18 e i 45 e 4.403 coloro che hanno superato questa soglia; le femmine, che non vengono identificate in base alle fasce anagrafiche, sono 22.669. I centri più popolosi, sempre secondo Domenicetti, sarebbero Salò con 4.848 unità, Gargnano con 3.637 e Desenzano con 3.035. All’estremo opposto Burago con 83 abitanti, Maguzzano 142, Raffa 155 e Roina 167. Una indicazione, alquanto approssimativa, dei primi anni del Seicento (Da Lezze, 1973) accredita la Riviera di 50.000 abitanti, cifra probabilmente sovrastimata.

Organi elettivi e struttura burocratica.
Come detto in esordio, non si hanno notizie certe sull’origine della associazione di comunità rurali chiamata Comunità di Riviera che, in epoca previscontea, sembra essere già consolidata. Si ha infatti notizia che nel 1334 viene decisa una revisione degli Statuti.
Gli assetti istituzionali e la fisionomia organizzativa ci appaiono in modo più chiaro a partire dal periodo veneto, perché ampiamente documentati sia dalla memorialistica coeva che dallo stesso archivio.
Massimo organo di autogoverno è il consiglio generale, composto da trentasei membri, sei per ciascuna delle quadre in cui il territorio è articolato; è presieduto dal provveditore e capitano di nomina veneziana e può farvi parte il podestà inviato da Brescia. Il consiglio si forma attraverso un complicato meccanismo di turnazione, concepito in modo tale da garantire a tutti i comuni di parteciparvi. Ne sono esclusi solamente quelli di Muslone e Tignale per le ragioni di “separazione” sopra ricordate e le terre minori di Bottenago, Burago, Arzaga, Drugolo, Venzago e Maguzzano.
Il consiglio generale esprime sei deputati, uno per quadra, che restano in carica per un trimestre; costoro provvedono a pagare gli ufficiali, garantire l’esecuzione delle condanne pecuniarie, saldare i conti dei creditori, del tesoriere e degli esattori, sovrintendere al mercato dei cereali di Desenzano e ad altre quotidiane faccende di governo. Scaduto il breve mandato ne subentrano altri sei e così via.
Al sindaco speciale, “che deve essere laureato”, resta in carica un anno ed è il vertice esecutivo della Comunità, compete il ruolo di contraddittore nelle deliberazioni che deve assumere il consiglio. I tre sindaci generali svolgono compiti di quello che oggi chiameremmo un organo di controllo, sottoponendo a revisione l’operato dei deputati. Funzioni di controllo sono anche quelle che esercitano i soprastanti alle biade che vigilano sui commerci di derrate nel mercato di Salò e, soprattutto, in quello importantissimo di Desenzano.
Numerose sono le figure degli officiali salariati. Il tesoriero ordinario riscuote la taglia ducale, mentre quello estraordinario gli altri carichi imposti dalla Riviera, salda i debiti e provvede alle spese quotidiane. La contabilità generale è curata dal ragionato che salda i conti con i tesorieri. Il cancelliere, che “deve essere notaio di collegio” e resta in carica un triennio, redige il verbali delle deliberazioni, provvede alla corrispondenza ufficiale e si occupa dell’archivio, di cui è tenuto a redigere a fine mandato un repertorio. E’ notaio di collegio anche il coadiutore della cancelleria criminale, che assiste il giusdicente e redige gli atti dei processi istruiti presso la corte penale con l’assistenza di un copista. Funzioni di polizia rurale ha il cavaliere, che sorveglia il rispetto dei pesi e delle misure ufficiali e la manutenzione delle strade. I nunzi rappresentano la Riviera a Venezia, dove sono tenuti a risiedere. Altre figure minori di salariati sono: il custode delle armi, i cavallari (incaricati della posta), l’usciere, il “ligatore alla tortura”, il custode della barca della comunità, il “nettezzatore” (spazzino), i ministrali (messi).
I sei deputati alla sanità e i sei provveditori alla biade sono scelti uno per quadra e non hanno alcun salario; sovrintendono rispettivamente alle faccende relative alla salute pubblica e agli approvvigionamenti delle derrate.

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