Associazione nazionale famiglie caduti in guerra
La legge 18 luglio 1917, n. 1143 “per la protezione e l’assistenza degli orfani di guerra” e il successivo regolamento approvato con decreto 30 giugno 1918, n. 1044 prevedevano la nascita di organizzazioni, anche a livello locale, per l’assistenza ai figli dei caduti per cause di guerra. Con regio decreto 19 aprile 1923, n. 850 all’Associazione nazionale famiglie caduti in guerra fu riconosciuta la rappresentanza esclusiva degli interessi materiali e morali delle famiglie dei caduti in guerra. L’erezione in ente morale dell’Associazione avvenne tuttavia solo con il regio decreto 7 febbraio 1924, n. 230. L’Associazione venne istituita come Opera nazionale con la legge 26 luglio 1929, n. 1397, seguita dal regolamento approvato il 13 novembre 1930.
L’ente, istituito con la denominazione di Associazione nazionale madri, vedove e famiglie dei caduti e dispersi in guerra, cambiò più volte nome, anche in funzione di volontà politiche superiori, ed ebbe sempre tra i suoi compiti istituzionali la commemorazione e la celebrazione dei militari scomparsi durante guerre nazionali. L’Associazione ebbe rapporti di collaborazione con l’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra e con l’Associazione nazionale combattenti e reduci.
La sede centrale era a Roma, da cui dipendevano i comitati provinciali. A livello locale operavano le commissioni comunali di vigilanza.
Durante il ventennio fascista, l’ente, divenuto Associazione nazionale fascista mutilati ed invalidi della guerra, fu coinvolto in manifestazioni celebrative e politiche legate al Partito nazionale fascista (PNF), accentuando l’aspetto militare e nazionalista rispetto a quello assistenziale.
Con legge 7 agosto 1941, n. 942 all’Opera succedette la Gioventù italiana del littorio (GIL). Alla fine della guerra venne ripristinato l’ordinamento precedente alla legge del 1941.
Successivamente alla seconda guerra mondiale, l’Associazione mutò nuovamente denominazione, divenendo infine Associazione nazionale famiglie caduti in guerra, e ispirò la propria politica a un’azione pacificatrice e commemorativa, perdendo le caratteristiche militaristiche e nazionaliste che ne orientarono l’azione durante il fascismo.
Ogni comune aveva il compito di tenere uno schedario anagrafico comprendente le schede di famiglia e quelle individuali di ogni orfano residente nel comune. Inoltre era prevista la tenuta di un elenco nominativo degli orfani stessi, con annotazione di quelli aventi diritto all’assistenza.
L’Associazione, sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri in forza del decreto 19 aprile 1953, n. 1023 contava nel 1953 circa 317.000 iscritti.
Gli organi delle sezioni locali erano l’assemblea dei soci, il consiglio direttivo, il presidente, il collegio sezionale dei sindaci.
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Fonti normative
- legge 18 luglio 1917, n. 1143 (= l. 1143/1917)
- decreto 30 giugno 1918, n. 1044 (= d. 1044/1918)
- regio decreto 19 aprile 1923, n. 850 (= r.d. 850/1923)
- regio decreto 7 febbraio 1924, n. 230 (= r.d.230/1924)
- legge 26 luglio 1929, n. 1397 (= l. 1397/1929)
- legge 7 agosto 1941, n. 942 (= l. 942/1941)
- decreto 19 aprile 1953, n. 1023 (= d. 1023/1953)
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(Prima redazione a cura di Paolo Pozzi, Gabriele Locatelli, 2005; rielaborazione a cura di Saverio Almini, 2006)
Soggetti produttori
- Sezione di Vigevano dell'Associazione nazionale famiglie caduti in guerra 1917 - 1962
- Comunità israelitica di Venezia 1930 - 1989
Link risorsa: http://lombardiarchivi.servizirl.it/institutions/2