Giudicatura di mandamento del regno di Sardegna

Il regio editto 21 maggio 1814 n. 9 (1), uno dei primi pubblicati dopo la restaurazione e il ritorno del re Vittorio Emanuele I a Torino, abroga i codici e la legislazione francese richiamando in vigore le regie Costituzioni del 1770 e le altre leggi emanate fino al 23 giugno 1800 dalla casa Savoia (art.1), ristabilisce i magistrati previsti dall’ordinamento sabaudo (art. 4). Non sono poche però le tracce durevoli che sopravvivono negli ordinamenti della penisola alla caduta dei regimi ispirati o dipendenti da oltralpe; in particolare si può rilevare il nesso esistente tra il juge de paix trapiantato il Italia e il giudice di mandamento piemontese nella sua evoluzione fino alla figura del pretore.
Il Regio Editto 7 ottobre 1814 n. 70 (2) definisce le circoscrizioni delle province dipendenti dal Senato del Piemonte e la loro divisione in Mandamenti (art. 1), stabilisce che i giudici nominati o confermati nel 1814 rimangano in carica solo per l’anno giudiziario 1814-1815 (art. 2), che si tengano regolarmente le assisie (art. 3) e i giudici risiedano stabilmente nel capoluogo del Mandamento (art. 5).
Il titolo V del libro secondo delle Leggi e costituzioni di Sua Maestà (2), ripristinate come si è detto nel 1814, riguarda ‘i giudici ordinari dei luoghi e loro luogotenenti’: questi devono essere laureati (art. 2), prima di essere ammessi all’esercizio delle Giudicature loro conferite devono essere sufficientemente esaminati e approvati dal Senato (art. 8) e presentare la loro Patente con approvazione del Senato al Prefetto della Provincia (art. 10); hanno l’autorità di decidere in prima istanza di tutte le cause e le liti sia civili che penali che insorgono tra i sottoposti alle loro Giudicature (art. 4); nella parte iniziale degli atti civili e penali devono apporre la data delle loro patenti d’ammissione o conferma, con indicazione del registro e del foglio in cui sono state inscritte (art. 12); è permesso loro di esercitare in più Giudicature (art. 5) e rimangono in carica per tre anni (art. 15), inoltre devono scegliersi un ‘luogotenente capace’ (art. 23). Il titolo VI del medesimo libro disciplina le caratteristiche e le funzioni di castellani e baili, che non sono giudici ordinari ma notai delegati a udire e decidere di alcune tipologie di contenziosi che possono sorgere nella castellania, un territorio delimitato dei Mandamenti composti da più di tre luoghi e nei quali sia troppo gravosa o inattuabile la trasferta del giudice o del suo luogotenente (tit. V art. 27). In particolare i castellani si occupano di cause vertenti pagamenti di prestazioni e beni (art. 1) e di querele che insorgono ‘fra gente rustica’ sulla variazione di confini o altro (art. 3); i castellani devono astenersi dal decidere sulle cause che richiedono un’ispezione giudiziaria, su quelle che eccedono nell’oggetto del contendere un valore di quaranta lire e quelle in cui uno degli attori chieda di essere rimesso al giudice ordinario del Mandamento. Il giudice, sotto la cui giurisdizione si trovano castellani o baili, deve tenere ogni anno nel periodo delle Ferie (o due volte all’anno in caso di necessità) in ciascuna castellania delle pubbliche assisie, nelle quali si esaminano cause civili e cause penali per reati leggeri (libro secondo tit. VII artt. 1 e 3); i prefetti devono tenere le assisie per le Giudicature della loro provincia sul finire del triennio di incarico di ciascun giudice, col fine di valutare le lamentele e le querele che vengono avanzate contro i giudici (art. 14).
Il titolo VIII definisce i compiti e gli obblighi dei segretari e degli attuari (coloro che si occupano della stesura degli atti e dei verbali) degli uffici giudiziari.
Il libro terzo delle Leggi e costituzioni (3) detta le norme che disciplinano il procedimento civile, definendo il giudice ordinario competente in prima istanza per tutte le cause civili del luogo o feudo di sua giurisdizione (art. 1 del tit. I); il libro quarto riguarda invece la materia criminale e i procedimenti penali (4), la cui cognizione appartiene ai tribunali dei luoghi ove sono stati commessi i reati; infine nel libro quinto sono contenute le norme di una serie di istituti del diritto pubblico e privato (sucessioni, tutele, transazioni ecc.), per alcuni dei quali è richiesta la registrazione o insinuazione presso il Tabellione o Archivio d’Insinuazione della Tappa.
Con il r.e. 27 ottobre 1815 n. 240 la divisione delle Province dipendenti dal Senato del Piemonte in Mandamenti di Giudicature e in Cantoni per le assisie viene definitivamente stabilita (5) (art. 1. Viene sancito che dal 14 settembre 1814 le nomine dei giudici hanno validità triennale (art. 2); i giudici devono risiedere stabilmente nel capoluogo del Mandamento ed occuparsi delle udienze e dell’amministrazione della giustizia in tutti i giorni della settimana, in conciliazione con le disposizioni del r.e. n. 70/1814 (art. 6); inoltre sono obbligati a tenere un’udienza mensile presso le comunità facenti parte del Mandamento, un’udienza ebdomedaria nei luoghi di mercato, devono effettuare delle trasferte ogni volta che sia necessario per provvedere ad atti di natura penale (art. 7). Gli artt. 8 e 9 definiscono requisiti e compiti dei segretari e dei procuratori fiscali, mentre gli artt. 12 e 13 stabiliscono che lo stipendio del messo giurato e del giudice della Giudicatura venga corrisposto dalle comunità componenti il Mandamento.
Il regio editto 27 settembre 1822 n. 1392 (6), oltre a sopprimere i Consigli di Giustizia e a creare i Tribunali di Prefettura, abolisce gli antichi diritti di regalìa e attribuisce ai magistrati stipendi fissi: si consideri che fino ad allora il giudice era retribuito dalle parti attraverso le sportule e non riceveva di regola uno stipendio. Definendo la competenza dei Tribunali di Prefettura, nel titolo secondo di questa legge si sancisce che i giudici di Mandamento abbiano conoscenza delle cause meramente personali che non eccedano il valore di trecento lire, dei danni provocati ai fondi rustici e ai prodotti agricoli, dell’usurpazione di terreni o alberi, dei contenziosi sorti in materia di acque, canali e fossi, delle cause di possesso (art. X), o in materia di gabelle e per la riscossione dei dazi comunali (art. XI); inoltre le sentenze civili dei giudici mandamentali sono dichiarate inappellabili quando non eccedano nella pena pecuniaria il valore di cento lire (art. XIII). Spetta ai giudici l’apposizione e rimozione dei sigilli, la convocazione e la supervisione dei consigli di famiglia per i minori, gli assenti e coloro che siano posti sotto tutela; la cognizione delle cause per interdizione, deputazione di tutori, curatori, consulenti giudiziari appartiene ai Tribunali di Prefettura, così come spetta a questi provvedere agli atti di giurisdizione volontaria e di cause per alienazioni o separazioni di dote: si devono però commissionare ai rispettivi giudici di Mandamento gli atti di raccolta di informazioni e le altre scritture occorrenti per questi provvedimenti (art. XIX). Per le materie criminali, gli artt. XXIV e XXVI prescrivono che la competenza dei giudici di Mandamento venga ristretta alle cause per contravvenzioni ai regolamenti municipali o di polizia per fatti comportanti una pena pecuniaria non eccedente cinquanta lire o il carcere per non più di tre giorni, ai delitti minimi e leggeri contemplati negli artt. 3 e segg. del libro quarto titolo III delle Leggi e costituzioni di Sua Maestà.
Il Codice di procedura penale emanato da Carlo Alberto il 30 ottobre 1847 e in vigore dal 1 maggio 1848 ridefinisce in maniera organica le competenze, le caratteristiche e l’esecuzione dei procedimenti penali; allo stesso modo opera per i contenziosi di natura civile il successivo Codice di procedura civile (7), promulgato da Vittorio Emanuele II con legge 16 luglio 1854 e in esecuzione dal 1 aprile dell’anno successivo. Entrambi i codici, rivisti e aggiornati in vista della loro successiva applicazione all’Italia unificata, sono stati pubblicati con legge 20 novembre 1859, con osservanza dal 1 maggio 1860; questi codici vengono integrati il 15 aprile 1860 con i relativi regolamenti applicativi. Nel frattempo viene decretata l’inamovibilità dei giudici, e quindi una loro maggiore indipendenza dal potere esecutivo, con la legge 19 maggio 1851 n. 1186 (8).
La legge 13 novembre 1859 n. 3781 sull’ordinamento giudiziario (9) elenca e definisce le autorità alle quali è affidata l’amministrazione della giustizia, ponendo alla base della struttura gerarchica i giudici di Mandamento e di Polizia (art. 1), descrive i requisiti, gli obblighi e le modalità di immissione negli uffici giudiziari (artt. 4-8). Il capo I titolo secondo di questo decreto tratta in particolare dei requisiti e degli obblighi dei giudici di Mandamento o di Polizia e dei vice-giudici: i giudici (artt. 20-25) devono essere laureati in legge e avere compiuto un uditorato di tre anni, o essere avvocati patrocinanti con alle spalle sei anni di esercizio effettivo davanti ai Tribunali o alle Corti, oppure vice-giudici laureati in legge e in carica da almeno sei anni. Il titolo VII (capi I-II) e il titolo VIII, in maniera analoga agli articoli sopra citati, definiscono requisiti ed obblighi rispettivamente dei segretari addetti alla Giudicatura (artt. 186-188, 195-199), degli scrivani (artt. 203-205), degli uscieri (artt. 206-223). A completamento della legislazione sulla struttura giudiziaria del Regno, la legge 20 novembre 1859 n. 3782 (10) fissa gli stipendi per i funzionari di ogni grado dell’ordine giudiziario.

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Note:
(1) Raccolta degli atti del governo di Sua Maestà il Re di Sardegna dall’anno 1814 a tutto il 1832, Torino 1842-1848, vol. I, pp. 15-18.
(2) Leggi e costituzioni di Sua Maestà, Torino 1770, tomo I, pp. 122-169.
(3) Ibid., tomo I, pp. 270 e segg.
(4) Ibid., tomo II, pp. 5 e segg.
(5) Raccolta degli atti del Governo di Sua Maestà il re di Sardegna dall’anno 1814 a tutto il 1832, Torino 1842-1848, vol. VIII, pp. 741-764.
(6) Ibid., vol. XII pp. 672-705.
(7) Codice di procedura civile, in Formolario degli atti di Procedura Civile preceduto dal testo del codice con le sorgenti di ciascun articolo e le relazioni ufficiali, Torino 1855, pp. 9-10, 14-24, 79-99, 109-132.
(8) Raccolta degli atti del Governo di Sua Maestà il re di Sardegna, Torino 1833-1861, vol. XIX pp. 433-446.
(9) Ibid., vol. XXVIII pp. 2519-2622.
(10) Ibid., vol. XXVIII pp. 2623-2630.
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(Redazione a cura di Eleonora Fontana, 2007)

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