Commissione interna
Struttura aziendale di rappresentanza unitaria e necessaria, cioè istituzionalmente rappresentativa, di tutti i lavoratori (iscritti e non al sindacato), per il solo fatto che lavorano in una stessa impresa.
Comparsa in Italia agli inizi del secolo e riconosciuta per la prima volta nel 1906 dall’accordo tra la Fiom e la fabbrica Italia di Torino, questa struttura ebbe negli anni successivi un largo sviluppo. Soppresse durante il regime fascista con il patto di Palazzo Vidoni nel 1925 (e sostituite dalla figura inconsistente del fiduciario di azienda), le c.i. rinacquero subito dopo la caduta del regime, il 2 settembre 1942, con il cosiddetto patto Buozzi-Mazzini, stipulato tra la Confindustria e la CGIL unitaria, che attribuiva ad esse anche poteri di contrattazione a livello aziendale. Tale potere fu ad esse sottratto successivamente, con l’accordo interconfederale del 7 agosto 1947 (rinnovato l’8 maggio 1953 ed il 18 aprile 1966, e mai esplicitamente abrogato); il risultato fu il restringimento progressivo dei compiti di questo istituto. La politica perseguita dalle tre grandi confederazioni Cgil, Cisl e Uil è stata quella di “congelare” le c.i., non denunciando espressamente l’accordo del 1966, ma non indicendo nuove elezioni, cosicchè progressivamente esse sono state sostituite dalle nuove strutture rappresentative sorte alla fine degli anni Sessanta (assemblea, delegati, consigli di fabbrica).
Per quanto riguarda le modalità di elezione della c.i., essa avveniva, su iniziativa dei lavoratori o della commissione scaduta, a suffragio universale, con voto segreto e su liste, all’interno delle quali ciascun lavoratore esprimeva le sue preferenze. La c.i. rappresentava sia gli operai che gli impiegati che rimanevano però distinti nel corso delle operazioni elettorali. Il numero dei componenti della c.i. era determinato in proporzione al numero dei lavoratori occupati in ciascuna attività sindacale.
Tra i compiti ancora formalmente riconosciuti alle c.i. dopo l’accordo del 1947 vi era quello di collaborare con la direzione per favorire il regolare svolgimento dell’attività produttiva. Esse svolgevano poi attività preventiva e conciliativa delle controversie collettive ed individuali tra lavoratori e datore di lavoro; formulavano proposte per il perfezionamento, ai fini produttivistici, dei metodi di lavoro; contribuivano all’elaborazione e all’attuazione dei regolamenti interni, soprattutto per le attività di carattere sociale ecc. Erano invece esclusi – come si è detto – i compiti contrattuali, anche se di fatto in molti casi, e su specifiche materie, essi sono stati ugualmente svolti. Le c.i., pur con tutti i loro limiti, sono state però la struttura portante del conflitto industriale all’interno delle aziende fino ai primi anni Sessanta.
Va, infine, ricordato che un richiamo alle funzioni delle commissioni interne è contenuto nello Statuto dei lavoratori, che ha riconosciuto a queste strutture una competenza sussidiaria, o limitata alle ipotesi di mancato accordo tra datore di lavoro e rappresentanze sindacali aziendali, ai fini della stipulazione di accordi relativi a: a) l’installazione nelle imprese di impianti e apparecchiature di controllo richiesti da esigenze organizzative e produttive o dalla sicurezza del lavoro (art. 4); b) la definizione delle ipotesi e delle modalità di effettuazione di visite personali di controllo sul lavoratore (art. 6).
Soggetti produttori
- Carlo Erba - Commissione interna e Consiglio di fabbrica 1945 - 1970
- Pirelli Bicocca di Milano - Commissione interna e Consiglio di fabbrica 1945 - 1970
- A.L. Colombo di Milano - Commissione interna e Consiglio di fabbrica
- ABB Elettrocondutture - Commissione interna e Consiglio di fabbrica
- Alfa Romeo Portello - Commissione interna e Consiglio di gestione
- Borletti - Commissione interna e Consiglio di fabbrica
Compilatori
- Inserimento dati: Primo Ferrari (Archivista) - Data intervento: 18 dicembre 2013
Link risorsa: http://lombardiarchivi.servizirl.it/institutions/360