Tribunale regionale delle acque pubbliche
L’istituzione di un Tribunale delle acque pubbliche, a composizione mista, per la tutela di diritti ed interessi legittimi nella materia delle acque pubbliche, risale al 1916 (art. 34 d.lgt. luog. 20 novembre 1916, n. 1664). Dall’unico tribunale derivarono, dopo tre anni, i tribunali regionali delle acque pubbliche, istituiti per assicurare un doppio grado di giurisdizione alle controversie su diritti soggettivi (devolute prima del 1916 ai tribunali ordinari), e il Tribunale superiore, avente competenza in secondo grado su tali controversie, nonché giurisdizione in unico grado in materia di interessi legittimi, analoga a quella del Consiglio di Stato (artt. 65 e 66 r.d.l. 9 ottobre 1919, n. 2161). Tale assetto è stato da allora conservato.
I tribunali regionali sono istituiti presso otto corti d’appello ed hanno competenza territoriale talvolta estesa a più regioni, per le circoscrizioni di corte d’appello di seguito indicate: 1) Torino (per Torino e Genova), 2) Milano (per Milano e Brescia), 3) Venezia (per Venezia e Trieste), 4) Firenze (per Firenze e Bologna), 5) Roma (per Roma, L’Aquila e Ancona), 6) Napoli (per Napoli, Salerno, Bari e Catanzaro), 7) Palermo (per Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta), 8) Cagliari.
Ciascun tribunale regionale è costituito da una sezione di corte d’appello cui sono aggregati tre funzionari del Genio civile (art. 138 T.U. acque pubbliche).
Il collegio giudicante è formato da tre giudici (due magistrati ordinari e un tecnico).
I tribunali regionali delle acque pubbliche sono perciò qualificati come organi specializzati di giurisdizione ordinaria e di conseguenza attengono alla competenza per materia e non alla giurisdizione le questioni relative alla definizione della sfera di cognizione dei tribunali regionali rispetto a quelle degli altri organi dell’Autorità giudiziaria ordinaria.
Le competenze dei tribunali delle acque dunque si riferiscono principalmente a:
1) Controversie intorno alla demanialità delle acque.
L’art. 140, lett. a) del T.U. acque pubbliche attribuisce loro la cognizione “delle controversie intorno alla demanialità delle acque” che vanno sempre decise da detti tribunali, tranne che la risoluzione della questione della demanialità costituisca premessa necessaria per la decisione di un ricorso rientrante nella giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche.
2) Controversie circa i limiti dei corsi o bacini.
Tale competenza, prevista dall’art. 140, lett. b) T.U. acque pubbliche, riguarda tutte le controversie sulla delimitazione del terreno invaso dalle acque nelle piene ordinarie.
Anche in questa materia la competenza dei tribunali delle acque pubbliche sussiste indipendentemente dall’adozione di un provvedimento amministrativo e può riguardare giudizi sorti tra privati, purché in essi si controverta sulla determinazione del confine fra un fondo ed il demanio idrico.
3) Controversie aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica.
Tale competenza, contemplata dall’art. 140, lett. c) T.U. acque pubbliche, è molto estesa. Essa riguarda principalmente le controversie aventi per oggetto l’accertamento dell’insussistenza di un diritto di utilizzazione di acque pubbliche, l’accertamento della natura di scarichi in acque pubbliche e delle modalità di depurazione in relazione al contenuto delle autorizzazioni amministrative, la domanda di risarcimento danni la cui cognizione imponga l’interpretazione dell’atto di concessione di acqua pubblica.
Per quanto riguarda le controversie fra privati e amministrazione è stata riconosciuta la competenza dei tribunali regionali rispetto ai giudizi sui canoni, sui decreti di delimitazione dei bacini imbriferi montani ai sensi della legge 27 dicembre 1953, n. 959, sulla lesione conseguente ad un decreto di concessione lamentata dal titolare di un antica utenza.
4) Controversie riguardanti occupazioni e indennità in conseguenza dell’esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica, di derivazione e utilizzazione di acque.
L’art. 140, lett. d) T.U. acque pubbliche non è di agevole interpretazione: esso, infatti, devolve ai tribunali regionali “le controversie di qualunque natura, riguardanti l’occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le indennità previste dall’art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, in conseguenza dell’esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione e utilizzazione di acque”, ma solo in quanto si facciano valere diritti soggettivi.
Rientrano in questa competenza anche le controversie fra privati in materia di indennità dovuta per sottensione, tranne che si tratti di utenza non ancora attuata.
5) Controversie per il risarcimento di danni.
L’art. 140, lett. e) T.U. acque pubbliche devolve alla competenza dei tribunali regionali “le controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione e da qualunque provvedimento emesso dall’autorità amministrativa a termini dell’art. 2 del T.U. delle leggi 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l’art. 22 della legge 13 luglio 1911, n. 774”.
Il predetto art. 2 prevede opere di qualunque natura “che possono aver relazione con il buon regime delle acque pubbliche, con la difesa e conservazione, con quello delle derivazioni legalmente stabilite, e con l’animazione dei molini e opifici sovra le dette acque esistenti; e così pure sulle condizioni di regolarità dei ripari ed argini od altra opera qualunque fatta entro gli alvei e contro le sponde”.
E’ incerto in giurisprudenza se l’art. 140, lett. e) faccia riferimento soltanto ai danni oggettivamente dipendenti dall’esecuzione di opere idrauliche o anche ai danni dipendenti da fatto illecito (anche di soggetti privati), ex art. 2043 codice civile, connesso all’esecuzione o alla manutenzione o al funzionamento dell’opera idraulica, restando escluse solo le controversie che si ricollegano a fatti connessi solo in via indiretta od occasionale con le vicende relative al governo delle acque.
Rientrano sicuramente invece nella competenza dei tribunali ordinari le controversie relative a danni determinati da acque pluviali, non convogliate, scorrenti in pubbliche strade, giacché tali acque non hanno natura pubblica.
E’ stata invece dichiarata la competenza dei tribunali regionali delle acque su domande risarcitorie dei danni provocati da allagamenti conseguenti alla dedotta omessa manutenzione di canali da parte di consorzi di bonifica.
6) Controversie in materia di diritti esclusivi di pesca.
L’art. 140, lett. f) T.U. acque pubbliche prevede questa competenza per “i ricorsi previsti dagli artt. 25 e 29 del T.U. delle leggi sulla pesca, approvato con r. d. 8 ottobre 1931, n. 1604”.
Si tratta delle controversie sull’indennità per l’espropriazione per pubblica utilità dei diritti esclusivi di pesca sulle acque del demanio marittimo e lagunare e del mare territoriale (art. 25), nonché dei laghi, fiumi e torrenti ed altre acque pubbliche (art. 29). Rientrano in questa competenza anche le controversie sull’indennizzo richiesto per la menomazione di un diritto esclusivo di pesca in conseguenza di opere eseguite per l’utilizzazione di acque pubbliche, ma ciò in virtù della disposizione della lett. d) dell’art. 140.
7) Azioni possessorie e di nunciazione.
L’art. 141 T.U. acque pubbliche attribuisce a tribunali regionali la competenza a decidere in appello sulle azioni possessorie, nonché sulle denunce di nuova opera e di danno temuto, proposte dinanzi al pretore competente per territorio nelle materie previste dall’art. 140.
Tranne che nel caso sopra descritto la competenza in grado di appello di tutte le cause decise in primo grado dai tribunali regionali è attribuita al Tribunale superiore delle acque (art. 142 T.U. acque pubbliche).
Per le cause in materia possessoria e di nunciazione la sentenza d’appello è soggetta soltanto al ricorso per cassazione.
Un’ulteriore competenza è attribuita ai tribunali regionali dall’art. 144 T.U. acque pubbliche ed è relativa alle “controversie relative alle acque sotterranee e a quelle concernenti la ricerca, l’estrazione e l’utilizzazione delle acque sotterranee nei comprensori soggetti a tutela sempre che le controversie interessino la pubblica amministrazione”.
- – - – - – - – - –
Bibliografia
Tribunali delle acque pubbliche, vol. XXXI in Enciclopedia giuridica, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, voll. I – XXXII, 1988 – 1994
- – - – - – - – - –
Fonti normative
- legge 25 giugno 1865, n. 2359, Testo unico sull’espropriazione per causa di utilità pubblica (= l. 2359/1865)
- regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 che approva il testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie (= r.d. 523/1904)
- legge 13 luglio 1911, n. 774 recante provvedimenti per le sistemazione idraulico-forestale dei bacini montani, per le altre opere idrauliche e per le bonificazioni (= l. 774/1911)
- decreto luogotenenziale 20 novembre 1916, n. 1664 concernente le derivazioni ed utilizzazioni di acque pubbliche (= d.lgt. 1664/1916)
- regio decreto legge 9 ottobre 1919, n. 2161 recante disposizioni sulle derivazioni ed utilizzazioni di acque pubbliche, sui serbatoi e laghi artificiali (= r.d.l. 2161/1919)
- regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1604, “Approvazione del Testo unico delle leggi sulla pesca” (= r.d. 1604/1931)
- regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, “Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici” (= r.d. 1775/1933)
- legge 27 dicembre 1953, n. 959, “Norme modificative al testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici riguardanti l’economia montana” (= l. 959/1953)
- – - – - – - – - –
(Prima redazione a cura di Raimonda Cuomo, 1999; revisione a cura di Antonella Cassetti, 2007)
Soggetti produttori
Link risorsa: http://lombardiarchivi.servizirl.it/institutions/54