Comune di Treviglio ( sec. XIII - )

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Ente pubblico territoriale

Sede: Treviglio

Codici identificativi

  • MIDB0001EF (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]

Profilo storico / Biografia

La prima notizia certa dell’esistenza del comune di Treviglio risale al 1224: l’abate del monastero di S. Simpliciano di Milano riscuote alcune somme di denaro dal podestà di Treviglio in conseguenza della vendita di “res” e “iura”, abolendo con ciò quel rapporto di soggezione feudale che gli “homines de Trivillio qui dicitur Grasso”, come testimonia il privilegio di Enrico IV del 1081, avevano volontariamente stabilito.
L’esistenza, dunque, di una qualche organizzazione comunitaria doveva essere sicuramente antecedente a quella data ed essersi forse originata, come è stato ipotizzato, dall’unione delle tre antiche vicinanze di porta Zeduro, porta Filagno e porta Torre, come sembra lecito dedurre da due “chartae venditionis” del 1193 e 1269 in cui, rispettivamente, i consoli di porta Zeduro e l’anziano di porta Filagno acquistano a nome delle due vicinanze alcune pertiche di terreno.
Comunque, la serie dei documenti conservati nell’Archivio Gonzaga di Mantova indica, alla data 1259, una struttura dell’organizzazione comunale già completa e sufficientemente articolata: quattro consoli, il consiglio di credenza, l’arengo e i procuratori.
A distanza di pochi anni Treviglio, in seguito all’appoggio dato ai Visconti contro i Torriani, entrava nella “communitas” milanese, chiedendo e ottenendo nel 1279 la condizione di borgo, con i relativi benefici e il riconoscimento del mercato settimanale.
In seguito poi all’adozione di una politica ghibellina, Treviglio riesce a sganciarsi momentaneamente dall’autorità di Milano, ottenendo da Enrico VII la dipendenza diretta dalla Camera, il “mero e misto imperio”, la libertà di commercio e la facoltà di derivare un canale dal fiume Brembo; privilegi che vennero puntualmente riconfermati dai successivi imperatori.
Ma all’affermazione della signoria viscontea in Lombardia, Treviglio risponde adottando una strategia già sperimentata: nel 1332 si dà volontariamente ad Azzone Visconti, ponendosi così nella condizione migliore per patteggiare il riconoscimento di un’ampia autonomia amministrativa.
Infatti nel 1344 e nel 1345 Luchino Visconti confermerà al comune il privilegio di “mero e misto imperio” e di poter definire in loco le sue cause.
Nel 1392 vengono ricompilati gli statuti comunali, grazie ai quali si ha il primo quadro preciso e dettagliato dell’organizzazione amministrativa del comune. Il podestà durava in carica sei mesi, aveva le funzioni di giudice supremo, al cui arbitrio era lasciata la misura di varie pene e per questo doveva essere giurisperito o, se “miles”, assistito da un esperto in legge. All’entrata in carica pronunciava sui santi evangeli pubblico giuramento di provvedere al bene di Treviglio, dell’ospedale degli Infermi, della scuola della Beata Vergine Maria. Non poteva allontanarsi da Treviglio più di un giorno e alla fine del suo mandato vi si tratteneva per altri otto per rendere conto del suo operato a due sindacatori.
Il ruolo del podestà diminuiva l’autorità dei quattro consoli (uno per porta), che restavano in carica sei mesi, avevano il “mero e misto imperio” e vegliavano praticamente su tutta l’amministrazione, con il compito precipuo di promuovere ogni cinque anni la revisione dell’estimo.
I due procuratori, eletti anch’essi ogni sei mesi, coadiuvavano i consoli nel controllo su tutta l’amministrazione e sovrintendevano in particolare al regolare aggiornamento dei libri dei canepari, dei libri delle condanne, emesse dal podestà e dai consoli, e di quelli relativi ai diritti sulle acque del Brembo, curando infine l’esecuzione delle eventuali condanne inflitte ai podestà.
Alla base dell’articolata struttura amministrativa del comune di Treviglio, che prevedeva la nomina di più di 400 ufficiali, stava il consiglio generale composto da sessanta consiglieri, che deteneva la piena “baylia, libertas, facultas et auctoritas” ed eleggeva “ad voces” la maggior parte degli ufficiali comunali con votazione segreta ed effettuata mediante il conteggio di “ballotte” inserite in due “bussole”: una bianca per i voti favorevoli ed una rossa per i contrari.
Con questo sistema venivano eletti i quattro consoli; i notai, che registravano tutte le condanne emesse dal podestà e dai consoli e le entrate e le uscite dei canepari; il notaio-cancelliere; i quattro canepari, che effettuavano le spese autorizzate dai consoli o dalla maggior parte del consiglio, in seguito alla presentazione di “buletae subscriptae manu notarii communis”; i quattro canepari ed i quattro notai del sale; i quattro portinai del castro vecchio, responsabili della custodia e vendita del grano comunale; i due pesatori, che controllavano la vendita al minuto di vino e pane secondo pesi e misure stabiliti; i quattro portinai delle porte, che assegnavano i turni di guardia in base a liste comprendenti tutti i maschi dai 15 ai 70 anni; i cento campari con funzioni di polizia e salvaguardia dell’ordine interno ed infine quattro o otto anziani delle acque, che sovrintendevano al regolare sfruttamento del sistema idrico, aprendo e chiudendo le chiuse e concedendo le licenze di irrigazione.
A loro volta i quattro consoli eleggevano i sessanta consiglieri scegliendoli tra gli uomini “magis idonei”; i dodici banditori; i quattro estimatori; i due anziani del drappo; i quattro ufficiali “super accessis”; i quattro deputati alle spese, che controllavano le entrate e le uscite del comune ed infine i due procuratori, che designavano a loro volta, ogni sei mesi, il consiglio dei dodici sapienti, il quale proponeva e dava valore di legge alle deliberazioni del consiglio dei sessanta di cui faceva parte. La documentazione sulla struttura amministrativa del comune dopo questa data è molto lacunosa, per cui si sono potute avanzare solo alcune congetture sulla varietà della documentazione prodotta ma non conservatasi. Restano infatti solo i libri delle ordinazioni del consiglio ordinario, dai quali comunque sembra possibile dedurre che la dominazione spagnola e la prima età asburgica non apportarono modifiche sostanziali all’ordinamento della vita amministrativa.
A quest’epoca il consiglio, dopo aver cambiato denominazione e numero dei componenti (ora 32), si riuniva irregolarmente ad intervalli variabili da una settimana a tre mesi alla presenza del pretore (in carica per almeno otto anni), che ereditava sostanzialmente le funzioni del podestà, di un suo luogotenente o propretore e dei quattro consoli e deputati, col compito precipuo di occuparsi dei “negotia tractanda et peragenda” interessanti la comunità. Il consiglio eleggeva inoltre, ogni sei mesi, quattro consoli; il vicario ed il notaio delle condanne; i due giudici delle vettovaglie; l’ex consiglio dei dodici sapienti, poi denominato consiglio della provvisione e composto di sedici membri tra cui i quattro consoli in carica, e i quattro scaduti e altri otto consoli nominati “ad vocem”. A sua volta il consiglio di provvisione nominava ogni anno i 32 consiglieri; i quattro deputati della scuola della Beata Vergine Assunta; i quattro presidenti dell’ospedale degli Infermi e i quattro fabbriceri della fabbrica della chiesa di S. Martino e, infine, provvedeva ogni due anni alla nomina dei dodici deputati alle spese. Esisteva ancora il canepario, chiamato adesso ragionato.
Gli ufficiali venivano eletti a dicembre per l’anno seguente e non pare che siano intervenuti radicali cambiamenti neppure nelle modalità di elezione, che avvenivano col metodo delle “balotte” e per porta.
Venivano inoltre stipendiati dalla comunità altre figure non rientranti a pieno titolo tra gli ufficiali dell’organizzazione amministrativa del comune, cioé il medico, il chirurgo, l’organista, il campanaro, il cappellano, il sacrestano, il sepoltore, il padre predicatore per il periodo di quaresima, il “postaro” del sale e il pedone, come emerge dall’analisi del “Registro dei Mandati spediti dal Cancelliere della Comunità di Treviglio (…) verso il Tesoriere della Comunità” (unità 81).
L’esistenza del consiglio ordinario ha fine con la riforma del governo e della amministrazione delle comunità dello stato di Milano del 1755, che istituiva nuovi organi e nuove figure istituzionali.
Treviglio ottenne pochi anni dopo un ulteriore privilegio: nel 1758 le sue istituzioni comunali vennero riordinate con alcune modifiche alle legge generale del 1755, tenendo presente alcune condizioni particolari di cui Treviglio, che ancora conservava il suo stato di terra separata (o “provincia”, come è definita nelle modifiche), godeva da secoli. Anzitutto il convocato dei possessori estimati era composto dai soli “seicentisti”, cioé dai possessori che avevano almeno 600 scudi d’estimo “in testa loro”, con “voce attiva e passiva”, il cui elenco, detto “catalogo”, doveva essere compilato dai deputati dell’estimo. Il convocato si radunava ordinariamente due volte all’anno, a gennaio e a novembre, per il rendimento dei conti e per l’elezione degli ufficiali e dei nuovi deputati dell’estimo, anziché tre volte come previsto; mentre per gli affari straordinari doveva radunarsi semplicemente quando fosse necessario.
Esistevano altri due “corpi subalterni per l’ordinaria amministrazione del pubblico”: il primo, la reggenza, corrispondente al vecchio consiglio di provvisione anche nel numero dei membri, presiedeva all’elezione del giudice delle vettovaglie, di quello delle condanne dei “danni dati in campagna”, di quello delle strade, e all’esercizio del tribunale di provvisione, nonchè alla nomina dei deputati dell’ospedale e degli altri luoghi pii, dei deputati di carità e dei protettori dei carcerati, e infine di altri dipendenti comunali, la cui designazione spettava già al consiglio ordinario. Esistevano anche i convocati della reggenza, che potevano riunirsi anche in assenza del pretore, a differenza dei convocati generali. Questo intero corpo costituisce una delle particolarità dell’amministrazione comunale di Treviglio, ma di questa istituzione, come anche degli ufficiali da essa nominati, non resta alcuna traccia nella documentazione, evidenziando una volta di più le larghe dispersioni subite.
Il secondo corpo era la deputazione dell’estimo, che aveva “la rappresentanza del pubblico per ciò che riguarda l’amministrazione”. Eletta dal convocato generale a voti segreti, era formata, come d’obbligo, da tre deputati dell’estimo e dai deputati del mercimonio e del personale. Di questi il primo deputato dell’estimo si sceglieva a votazione tra i primi tre estimati del comune, mentre gli altri due deputati venivano scelti mediante due successive votazioni a ballottaggio, tra i componenti del corpo di reggenza, anche qui in deroga alla legge generale. I deputati del mercimonio e del personale non avevano, come d’obbligo, voto deliberativo, né “alcuna delle prerogative competenti agli altri estimati del convocato generale”. L’ordinaria amministrazione del comune era comunque riservata alla deputazione dell’estimo, che doveva occuparsi della erogazione di denaro pubblico, proporre al convocato le persone da scegliere in seguito come procuratore e avvocato nelle liti (data la sua condizione di terra separata) e come oratore del comune a Milano; infine doveva occuparsi dei rendiconti di fine anno di tesoriere, esattore e sindaco.
Quest’ultimo ufficiale era il sostituto dei deputati e doveva perciò “invigilare agli affari del comune, ricevere, ed eseguire gli ordini dei superiori, e far tutto quello che potrebbero fare essi, se fossero adunati”: la sua elezione spettava ai deputati. Doveva anche ricevere tutti gli ordini diretti alla comunità dalla giunta del censimento mediante il cancelliere e darne gli avvisi; rappresentare la comunità nei contratti comunali, sempre però in accordo e con mandato dei deputati dell’estimo. Infine, doveva conservare presso di sè parte delle scritture comunali, a lui consegnate dal cancelliere per le sue occorrenze, e tenere un regolare carteggio con il cancelliere stesso; ma anche di questa documentazione non restano che sparsi frammenti.

Complessi archivistici