Congregazione di carità e Istituto elemosiniero di Castelcovati ( 1809 - 1861 )

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Ente di assistenza e beneficenza

Sede: Castelcovati

Codici identificativi

  • MIDB0010B3 (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]

Profilo storico / Biografia

L’istituzione delle Congregazioni di carità fu deliberata nel corso del 1807. Essa attuava l’accorpamento degli istituti caritativo assistenziali e la diretta direzione statale degli stessi. Le nuove istituzioni si articolavano in tre sezioni, ciascuna preposta ad un particolare settore dell’assistenza: ospedali, istituti di ricovero e enti elemosinieri. Subentravano ad ogni altro consiglio amministrativo preesistente e rispondevano direttamente al Ministero per il culto.
La Congregazione di carità di Castelcovati amministrava la beneficenza ai poveri ed era preposta al Monte biada, che le preesisteva da tempo (1). L’ufficio era ubicato in contrada Piazza, in un locale di ragione del segretario Bortolo Cologno (2); segretario e tesoriere (o esattore) costituivano il personale d’amministrazione.
Dei documenti conservati nell’archivio i primi che attestano con certezza la sua esistenza sono il bilancio preventivo per l’anno 1809 e la documentazione ad esso allegata. Secondo quanto vi si legge, a quella data, secondo “un antichissimo uso”, la Congregazione sopperiva alle necessità degli indigenti distribuendo annualmente a “titolo di limosina il quantitativo di pesi numero trenta di sale”, “lire italiane 78 annualmente a 3 giovani le quali si maritano e questo a titolo di dote”, “italiane lire 85 per titolo di sussidio ai più poveri e vergognosi ed infermi”, “italiane lire 98 per titolo di educazione che si presta alle figlie” (3).
Con il passaggio delle province lombarde sotto il governo austriaco l’amministrazione del settore caritativo assistenziale venne riorganizzata. Il governo austriaco sciolse le Congregazioni di carità. Ogni istituto si sarebbe retto da sé, attraverso un’amministrazione e una direzione proprie. Agli amministratori, che ricoprivano gratuitamente la carica, era affidata la gestione patrimoniale degli istituti; ai direttori invece, che potevano percepire uno stipendio, era demandata la gestione interna, disciplinare ed economica.
Sebbene le Congregazioni di carità della provincia fossero state soppresse già con circolare del 16 ottobre 1819, quella di Castelcovati cessò di esistere soltanto nel 1829. Il 23 luglio 1829 vennero insediati il nuovo amministratore Francesco Capitanio e il nuovo direttorio. Quest’ultimo restava affidato al detto amministratore Pietro Cadeo e a un corpo collegiale composto dal parroco locale Paolo Riva e dal primo deputato all’amministrazione comunale Giuseppe Capitanio. Mentre le incombenze del direttorio erano circoscritte alla “erogazione delle rendite in pesi fissi nella distribuzione delle elemosine, doti, ed in altri oggetti di ordinaria beneficenza”, all’amministratore rimaneva da trattare l’amministrazione del patrimonio (4). L’istituto elemosiniero risiedeva in contrada Piazza al n. 23 (5) e si avvaleva dell’opera dei medesimi impiegati addetti alla passata Congregazione di carità.
Dopo l’annessione della Lombardia al Piemonte, il settore caritativo assistenziale della regione venne disciplinato nei modi previsti dalla legge Rattazzi del 20 novembre 1859 sulle Opere pie del Regno sabaudo. La legge ricostituiva in ogni comune una Congregazione di carità con lo scopo di amministrare i beni destinati genericamente a vantaggio dei poveri; mentre lasciava una completa libertà di gestione alle istituzioni di beneficenza aventi scopo determinato: lo Stato si riservava semplici poteri di vigilanza. La Congregazione era formata da un numero di membri compreso tra quattro (nei comuni la cui popolazione non eccedeva i 10.000 abitanti) e otto (nei comuni con oltre 10.000 abitanti) e da un presidente. Il presidente era nominato dal re su proposta del Ministro dell’interno e durava in carica quattro anni; i membri venivano eletti dal Consiglio comunale, si rinnovavano ogni anno per un quarto ed erano rieleggibili.
L’Istituto elemosiniero di Castelcovati disimpegnò le proprie funzioni fino al 1861, quando venne insediata la nuova Congregazione di carità. Infatti il giorno 8 agosto l’amministratore uscente Gaetano Fabeni passava le consegne alla Congregazione entrante. Questa era costituita da un presidente, Gaetano Fabeni, e quattro membri: il parroco locale Giovanni Zeni, il sacerdote Antonio Cadeo, Giovanni Cabiati e Carlo Montini (6).

Note
1. Dell’archivio prodotto dal Monte biada di Castelcovati non resta più traccia. Ciò che da l’idea della perdita è la lettura dell’inventario del Monte redatto il 30 dicembre 1861 dall’allora presidente dell’Istituto elemosiniero di Castelcovati. Secondo quanto vi si legge, a quella data, nell’archivio del Monte esisteva documentazione relativa a crediti, compere, vendite e carte di corrispondenza, registri e pratiche. In particolare si parla di quinternetti relativi agli anni 1708-1802 e 1821-1860, e dei registri dei conti consuntivi dal 1803 al 1854. Non esistevano invece “documenti di fondazione, né testamenti, né donazioni”. Si riteneva tuttavia che il Monte fosse “stato costituito in epoca remota dalla famiglia Zone, appunto perché il Monte era denominato Zone”. In f. 160. La mancanza di documenti non consente quindi di collocare la fondazione di questo ente e di indagare la sua attività. Da fonti indirette apprendiamo che tra il 1609 e il 1610 a Cstelcovati esisteva un Monte di pietà con 10 some di miglio, e che a quel tempo era “distrutto per essrer stato dato a diversi, dai quali non si …[era] potuto scoder”. Vedi Giovanni Da Lezze, Il catastico bresciano (1609-1610), nell’esemplare queriniano H.V. 1-2, vol II, Brescia, Apollonio, 1973. Al tempo della visita del vescovo Marco Dolfin alla diocesi negli anni 1702-1704, la crisi economica e le vicende belliche avevano distrutto l’articolata organizzazione assistenziale che la comunità si era data, e che prevedeva la presenza di un “Mons pietatis ad suffragium pauperum erectus in custodia communitatis”, un “Mons de Zonis” e, ancora, un Monte legato da Ferrante Nassino “custoditus a regentibus scolae Santissimi Sacramenti”. In Daniele Montanari, I monti di pietà di Brescia (1489-1989), a cura di Id., Travagliato (Bs), Officina Grafica Artigiana, 1989, pp. 249-250. Dalla lettura dell’inventario di cui si è già detto si evince che al 1861 sul granaio del Monte, che già dal 1798 distribuiva granoturco al posto di miglio e frumento, esistevano una quarta e un coppo di farro del valore di una lira e che, a causa delle “circostanze economiche di molti debitori e pieggi, circa un quarto del patrimonio sarebbe [stato] … a ritenersi di difficile ed anche improbabile realizzazione”.
2. Allegato n. 1 al conto consuntivo del 1823, in ACCCs, unità 61.
3. “Allegati qualificanti la spesa annuale della Congregazione”, unità 47.
4. Verbale di seduta dell’Istituto elemosiniero, 23 luglio 1829, unità 2.
5. In unità 184.
6. Verbale di seduta tenutosi nell’ufficio comunale, 8 agosto 1861, unità 2.

Complessi archivistici