Provincia di Brescia ( 1816 - )

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Ente pubblico territoriale

Sede: Brescia

Codici identificativi

  • MIDB0010C6 (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]

Profilo storico / Biografia

La Provincia di Brescia nel Regno Lombardo Veneto (1816-1859)

Con la sovrana patente 7 aprile 1815, nei territori della Lombardia e del Veneto assegnati all’Austria, venne stabilita la formazione di un regno sotto la denominazione di “Regno Lombardo-Veneto”; in essa erano contenute norme generali dedicate non solo all’organizzazione dell’amministrazione centrale dello stato, ma anche alla ripartizione territoriale ed amministrativa del regno. Per agevolare l’amministrazione il regno si divide(va) in due territori governativi, separati dal fiume Mincio, il governo milanese e quello veneto; ogni governo veniva suddiviso in province, ciascuna Provincia in distretti, ed i distretti in comuni; l’amministrazione di ciascuna Provincia (era) affidata ad una regia delegazione dipendente dal governo, mentre come organo elettivo provinciale si stabiliva la creazione di una congregazione provinciale con sede nel capoluogo di residenza delle regie delegazioni.

La notificazione governativa 24 aprile 1815 (in esecuzione della regia patente 7 aprile 1815) stabiliva la divisione del territorio del governo di Milano nelle nove province di Milano, Mantova, Brescia, Cremona, Bergamo, Como, Pavia, Lodi e Crema, Valtellina con capoluogo Sondrio; in ciascuno dei capoluoghi provinciali veniva costituita una regia delegazione.
Le delegazioni, definite come le autorità superiori politico-amministrative nell’estensione del territorio loro affidato, costituivano l’articolazione a livello provinciale del potere esecutivo.
Il regio delegato, che era sempre il presidente della congregazione provinciale, quale rappresentante diretto del governo, doveva vigilare sulle disposizioni date dalle congregazioni provinciali ai cancellieri del censo ed alle municipalità, e controllare che non eccedessero i limiti delle loro attribuzioni.
Con la notificazione governativa 1 luglio 1844 venne pubblicata una nuova compartimentazione dei territori soggetti al governo lombardo rettificata con le variazioni seguite dopo la pubblicazione del compartimento precedente. Un’ulteriore compartimentazione dei territori lombardi conforme alla nuova organizzazione distrettuale prevista per il regno Lombardo-Veneto, approvata con la sovrana risoluzione 28 gennaio 1853, venne pubblicata con la notificazione della luogotenenza lombarda 23 giugno 1853.

La Provincia di Brescia venne suddivisa in distretti, numerati progressivamente: I Brescia, II Ospitaletto, III Bagnolo, IV Montichiari, V Lonato, VI Gardone, VII Bovegno, VIII Chiari, IX Adro, X Iseo, XI Verolanuova, XII Orzinuovi, XIII Leno, XIV Salò, XV Gargnano, XVI Preseglie, XVII Vestone (legge 12 febbraio 1816). Nel 1844 una notificazione fissò le modifiche intervenute nel frattempo nelle suddivisioni amministrative dei comuni, ma modificò in modo del tutto marginale la composizione dei distretti che rimasero diciassette, subendo solo piccoli aggiustamenti (notificazione 1 luglio 1844). Una modifica sostanziale, almeno per alcuni distretti che vennero aboliti, fu apportata dalla nuova distrettuazione del 23 giugno 1853 che diminuì i distretti da 17 a 14; i distretti aboliti furono il IX di Adro, il VII di Bovegno ed il XVI di Preseglie. I comuni del distretto di Adro furono inseriti nel distretto di Iseo, quelli di Bovegno nel distretto di Gardone (Val Trompia) e quelli di Preseglie nel distretto di Vestone. La numerazione dei nuovi distretti fu modificata in questo modo: I di Brescia, II di Ospitaletto, III di Bagnolo, IV di Montichiari (tutti invariati), V di Leno (era il XIII), VI di Gardone, VII di Salò (era il XIV), VIII di Lonato (era il V), IX di Vestone (era il XVII), X di Gargnano (era il XV), XI di Chiari (era l’VIII), XII di Verolanuova (era l’XI), XIII di Iseo (era il X) e XIV di Orzinuovi (era il XII).

La Provincia di Brescia dall’annessione al Regno Sabaudo alla Repubblica Italiana (dal 1859)

Dopo l’annessione della Lombardia al Regno Sabaudo, viene emanata la legge del 1859 (legge Rattazzi), che, nell’ambito della divisione del territorio del Regno e delle relative autorità governative, disponeva la ripartizione in Province, Circondari, Mandamenti e Comuni.
A capo della Provincia vi erano un Governatore, un Vice-Governatore e un Consiglio di Governo. La Provincia venne definita un corpo morale con un’amministrazione propria che ne regge e rappresenta gli interessi (art. 145); l’Amministrazione era composta di un Consiglio provinciale, che poteva avere dai 20 ai 60 membri , e di una Deputazione provinciale, composta dal Governatore e da membri eletti dal Consiglio provinciale.

La Deputazione provvedeva all’esecuzione delle deliberazioni consiliari, preparava il bilancio, sottoponeva al Consiglio le proposte deliberative, stipulava i contratti, spediva i mandati, provvedeva agli atti conservatori e, in caso di urgenza, agli atti riservati al Consiglio.
Nel 1859 la Provincia di Brescia era costituita dai seguenti circondari: I di Brescia; II di Chiari; III di Breno; IV di Salò; V di Castiglione; VI di Verolanova. Il circondario I di Brescia comprendeva i mandamenti I di Brescia; II di Brescia; III di Brescia; IV di Rezzato; V di Bagnolo; VI di Ospitaletto; VII di Gardone; VIII di Bovegno; IX di Iseo; X di Lonato. Il circondario II di Brescia comprendeva i mandamenti I di Chiari; II di Adro; III di Orzinuovi. Il circondario III di Breno comprendeva i mandamenti I di Breno; II di Edolo. Il circondario IV di Salò comprendeva i mandamenti I di Salò, II di Gargnano; III di Vestone; IV di Preseglie. Il circondario V di Castiglione comprendeva i mandamenti I di Castiglione; II di Montechiaro; III di Asola; IV di Volta; V di Canneto. Il circondario VI di Verolanuova comprendeva i mandamenti I di Verolanuova; II di Leno. Nel 1859 la Provincia di Brescia comprendeva 255 comuni, mentre nel 1867 i comuni erano 308.

Nel 1868 dalla Provincia di Brescia venne staccato il comune di Ostiano, aggregato alla Provincia di Cremona e i seguenti comuni passati a far parte della ricostituita Provincia di Mantova: Acquanegra sul Chiese, Asola, Canneto sull’Oglio, Casalmoro, Casaloldo, Casalpoglio, Casalromano, Castel Goffredo, Castiglione delle Stiviere, Cavriana, Ceresara, Goito, Guidizzolo, Mariana Mantovana, Medole, Monzambano, Piubega, Redondesco, Solferino e Volta Mantovana. Nel 1871 dalla Provincia di Brescia venne staccato il comune di Volongo, aggregato alla Provincia di Cremona.

Dopo alcuni tentativi di modifica alla legge 20 marzo 1865, effettuati nel 1867, e successivamente nel 1868, si giunse alla legge del 23 giugno 1873, n. 1335, che modifica gli artt. 77 e 165 (relativi al termine di approvazione dei bilanci). Con questa, le sessioni autunnali dei consigli provinciali sono anticipati di un mese, per consentire la deliberazione del bilancio di previsione entro il termine prescritto dalla legge. La legge 30 dicembre 1888 n. 5865, emanata nell’ambito delle riforme crispine, apporta alcune modifiche alla precedente legislazione, e si può dire che, insieme con quella del 1848, costituisca l’ossatura dell’ordinamento provinciale nei decenni successivi. Tra le innovazioni più rilevanti figuravano: l’affidamento alla magistratura della presidenza degli uffici elettorali; le modalità inerenti allo scioglimento dei consigli provinciali, previsto sia per gravi motivi di ordine pubblico, sia nel caso che gli stessi consigli provinciali persistano nell’inosservanza degli obblighi loro imposti per legge (art.84); la gestione commissariale delle Province, prevista per quelle i cui consigli siano stati disciolti (art. 85 ); la stessa legge 30 dicembre 1888 n. 5865 dispone che, fermo il controllo di legittimità del prefetto, la tutela sulle Province venga esercitata, in luogo della Deputazione provinciale, da un organo di nuova istituzione che ne surroga le competenze, la Giunta provinciale amministrativa, composta dal prefetto, presidente, da due consiglieri di prefettura e da quattro membri effettivi (più due supplenti), nominati dal Consiglio provinciale (art.64). Poiché la legge concede al Governo la facoltà di coordinare in testo unico le proprie disposizioni con quelle della legge del 1865 e delle altre che l’avevano modificata, a tanto si provvede col T.U. 10 febbraio 1889, n. 5921.

La legge 11 luglio 1894, n. 287, contiene una norma (art.9), che stabilisce la durata dei consigli provinciali in 6 anni e dispone anche che il Presidente della Deputazione provinciale rimanga in funzione per un triennio. Il T.U. del 4 maggio 1898, n. 164, riporta le norme relative al contenzioso amministrativo in materia provinciale. Tutte le altre disposizioni ricalcano quelle già riportate nel T.U. 10 febbraio 1889, n. 5921. Durante il Governo Giolitti il nuovo Testo Unico R.D. 21 maggio 1908, n. 269 le cui disposizioni fondamentali non appaiono mutate rispetto la legislazione precedente, riporta limitate modifiche su vari aspetti introdotte con leggi emanate in precedenza: le funzioni e le competenze dei segretari provinciali (legge 7 maggio 1902, n.144); la finanza locale e l’assunzione di mutui (legge 9 luglio 1905, n.378); le elezioni (legge 2 giugno 1907, n. 294); la permanenza in carica del presidente della deputazione e della deputazione provinciale per 4 anni (legge 11 febbraio 1904, n. 35). Breve è il passaggio dal T.U. del 1908 al successivo R.D. 4 febbraio 1915, n. 148, le cui modifiche riguardano principalmente la materia elettorale, come per il precedente. Infatti con la legge del 30 giugno 1912, n.665, sono ammessi all’elettorato attivo tutti i cittadini (maschi) di almeno 30 anni di età, anche se analfabeti, e quelli, tra i 21 e i 30, aventi alcuni titoli di capacità o di censo.

In seguito alla riforma Crispi era stata introdotta l’identità tra le qualifiche dell’elettore politico e di quello amministrativo; con la legge 19 luglio 1913, n.640 tale riforma viene estesa anche alla parte amministrativa; la stessa legge detta anche nuove disposizioni in materia di formazione e tenuta delle liste elettorali e stabilisce in 4 anni la durata dei consigli provinciali, portando a 30 il numero minimo di consiglieri provinciali, in precedenza fissato a 20.
L’avvento del Fascismo segna un arresto dello sviluppo democratico delle autonomie locali, fino a un radicale mutamento delle concezioni tradizionali riguardanti i rapporti tra gli enti comunitari e lo Stato. Il R.D. 30 dicembre 1923, n.2939, passato alla storia come “prima riforma fascista della legge comunale e provinciale”, su progetto dell’on. Bonomi, attua la soppressione degli organi elettivi, comunali e provinciali, modificando il T.U. del 1915. Tale “riforma” vuole fare della Provincia un organo importante di decentramento istituzionale e il mezzo di collegamento e di soddisfazione degli interessi generali dei comuni compresi nella sua circoscrizione, riconducendo le Province alla loro vera essenza di organo amministrativo più tecnico che politico. A tale scopo se ne ampliano alcune funzioni.

Nel 1924 la Provincia di Brescia era costituita dai circondari di Breno; Brescia; Chiari; Salò; Verolanuova e comprendeva 280 comuni. Nel 1934 alla Provincia di Brescia viene aggregato il comune di Valvestino, precedentemente denominato Turano, staccato dalla Provincia di Trento.
Il R.D.L. 23 ottobre 1925, n.2113, istituisce il servizio ispettivo e prescrive il giuramento di fedeltà al regime per gli impiegati comunali e provinciali. Con il R.D. 21 ottobre 1926, n.1890 sono ridotte 94 sottoprefetture e, poi, soppresse tutte, col successivo R.D. 2 gennaio 1927, n.1, determinando la scomparsa del circondario, una delle circoscrizioni amministrative in cui è diviso il Regno fin dalla nascita. Sempre con il R.D. 2 gennaio 1927, n.1, vengono istituite n. 17 nuove province, soppressa la Provincia di Caserta e sciolti i Consigli di quelle Province, il cui territorio era modificato. La legge 27 dicembre 1928, n.2962, trasforma l’ordinamento delle province e istituisce il preside e il rettorato, in sostituzione degli organi elettivi. Il preside e il vice-preside sono nominati con decreto reale e durano in carica 4 anni, e possono essere revocati, senza possibilità di gravame; il rettorato è composto da 4 a 8 membri, nominati con decreto reale, ed esercita le funzioni che le leggi precedenti attribuivano al Consiglio Provinciale, restando assegnate al rettore le funzioni già spettanti al Presidente della Deputazione provinciale e alla Deputazione stessa.

La provincia, intesa non come ente ma come circoscrizione amministrativa, assumeva nella politica del regime una sua rilevanza peculiare. Nel capoluogo provinciale, al palazzo pubblico, sede della Provincia e della Prefettura, e al palazzo municipale, sede del Comune sotto guida podestarile, si aggiungevano adesso nuove e influenti palazzi: quello del partito, e poi quelli dei grandi enti pubblici (l’Inps, e dunque le politiche previdenziali; gli enti ricreativi e propagandistici; gli enti di assistenza e tutela dei lavoratori; gli enti di propaganda e mobilitazione); e ancora quelli dei sindacati prima e delle corporazioni.
Il Testo Unico approvato col R.D. 3 marzo 1934, n.383, che coordina e modifica le precedenti disposizioni della legge del 1915, del R.D. 1923, n.2839 e delle altre leggi e disposizioni emanate e da emanare fino al 31 dicembre, apporta notevoli modifiche alle normative precedenti. Tra queste figurano: l’attribuzione della nomina dei Rettori provinciali al Ministro dell’Interno; il riordinamento dei controlli sulle Province con attribuzione al prefetto del controllo anche di merito sulle deliberazioni non sottoposte alla giunta provinciale amministrativa; la soppressione dell’azione popolare. Il R.D.L. 4 aprile 1944, n.11, in seguito alla caduta del fascismo, disciplina l’amministrazione delle province, in attesa di poter tornare al sistema elettivo. Tale R.D.L. dispone che l’Amministrazione provinciale è composta da un presidente e da una deputazione provinciale; presidente e deputati provinciali nominati dal prefetto, con potestà di revoca. Convocazione, composizione e funzionamento degli organi restano regolati dalle norme del T.U. 1915, modificate dal R.D.L. 30 dicembre 1923, n.2839.

Il D.L.L. n.11 provvede anche al riordinamento della giunta provinciale amministrativa, stabilendo la nomina, da parte della Deputazione provinciale, dei 4 membri effettivi e dei 2 supplenti, di provenienza non burocratica, previsti per la formazione dell’organo. Il D.L. 1 febbraio 1945, n.23, estende il diritto di voto alle donne.

La nuova Costituzione della Repubblica, entrata in vigore il 1 gennaio 1948, riconobbe alla Provincia funzioni sue proprie. La Provincia dunque si confermò la cerniera fondamentale della vita pubblica del Paese, l’anello di collegamento indispensabile tra la dimensione nazionale e la dimensione locale.

La legge 8 marzo 1951, n.122, relativa alla elezione dei Consigli provinciali, ripristina le disposizioni del R.D. 1923 sulla composizione del consiglio provinciale, portando modifiche alla composizione della Giunta provinciale, graduata in relazione all’entità demografica della Provincia. La legge interpretativa 18 maggio 1951, n.328, subito dopo seguita, nel confermare che il termine Giunta provinciale ( adottato per la prima volta dalla legge 8 marzo 1951, n.122) sostituisce quello di deputazione provinciale, chiarisce che le attribuzioni e il funzionamento degli organi provinciali sono regolati dal T.U. 1915 con le modifiche del 1923. La legge 19 ottobre 1951, n.1168, accresce le competenze della Giunta provinciale, assegnando alla medesima poteri deliberativi su alcune materie già attribuite al Consiglio provinciale. La legge 10 settembre 1960, n. 962, infine, modificando le norme elettorali provinciali, stabilisce anche che si procede alla rinnovazione integrale del Consiglio provinciale, quando per dimissioni o altra causa esso abbia perduto la metà dei suoi membri. Con la modifica delle norme elettorali, con il ripristino degli organi elettivi provinciali e con la regolamentazione della loro formazione, composizione e competenza, nasce la necessità di modificare, sia pure in modo parziale, varie disposizioni del T.U. del 1934. Alcune di esse riguardano i dipendenti provinciali, altre riguardano il bilancio preventivo o consuntivo e la contabilità provinciale. Per effetto dei decreti del decentramento dei servizi delle amministrazioni statali si ampliano le funzioni delle Province. Con la Costituzione repubblicana, approvata con deliberazione dell’assemblea costituente in data 22 dicembre 1947, si fissano i principi inerenti al nuovo ordinamento dei Comuni e delle Province, unitamente a quelli riguardanti gli altri enti territoriali, le Regioni. Un intero capitolo della Carta costituzionale, il V, con 20 articoli, dal 114 al 133, è dedicato alla configurazione della struttura dell’amministrazione locale, imprimendo al principio dell’autonomia locale un valore determinante, in senso qualificatorio dello Stato.

Oggi con il termine Provincia viene indicata l’omonima circoscrizione amministrativa generale dell’amministrazione diretta dello Stato, concentrata nel capoluogo dove risiedono oltre alla prefettura, gli uffici governativi più importanti. Con diverso significato, il termine indica l’ente autarchico territoriale che ha l’estensione stessa della Provincia come circoscrizione amministrativa generale e quindi congloba nel suo territorio il territorio di molti comuni e ha una popolazione che è la somma delle popolazioni dei comuni medesimi. La Provincia si presenta nel diritto costituzionale e nella vita amministrativa del nostro Paese quale anello di congiunzione ed organo di collegamento fra il Comune, la Regione e lo Stato. La Provincia di Brescia, nella sua attuale delimitazione amministrativa, ha una superficie di kmq. 4.749,11.

Il Consiglio Provinciale

Il primo Consiglio Provinciale venne insediato e tenne immediatamente la sua prima seduta il 23 febbraio 1860 durante la quale il governatore di Brescia Agostino Depretis definì i compiti del consiglio e della deputazione provinciali: suprema tutela dei comuni, vigilanza sulle amministrazioni di opere pie, promuovere e migliorare l’industria, l’agricoltura e le comunicazioni. Fra i problemi più urgenti da affrontare, e che sarebbero stati poi almeno parzialmente risolti, figuravano quelli relativi all’armamento della guardia nazionale ed alla liquidazione di antiche pendenze amministrative ed economiche. Rispetto alla vecchia Congregazione, la nuova amministrazione che le subentrava, doveva affrontare il tentativo delle giunte di Breno, Pisogne, Edolo e Darfo di costituire con i mandamenti di Lovere e Clusone un solo circondario con Lovere capoluogo. Inoltre dovette, nel 1869, affrontare i problemi della ripartizione delle passività con le provincie di Mantova e Cremona in seguito al passaggio di comuni già bresciani a quelle province.
L’amministrazione provinciale dovette affrontare subito grossi problemi amministrativi messi in rilievo nel 1861 dal dott. Giulio Lanfranchi sulle “Condizioni e bisogni della Provincia” e inoltre quelli relativi alla perequazione delle imposte fra i vari comuni: quelli censuari, dell’imposta fondiaria, ecc. Inoltre dovette affrontare gravi danni all’agricoltura apportati dalle malattie delle viti e del baco da seta, varare provvedimenti per risollevare economicamente la situazione dell’intero territorio. Tra i primi interventi che gravarono finanziariamente sulla Provincia furono quelli per le ferrovie reclamate anche per fronteggiare la disoccupazione, l’acquisto di azioni di società industriali, l’armamento della guardia nazionale e il finanziamento di opere e monumenti anche fuori dall’ambito provinciale, le strade provinciali per le quali fu disposto un saggio regolamento, l’agricoltura, gli esperimenti di fognatura, l’osservatorio meteorologico di Brescia, la pianta degli impiegati provinciali e la pubblica assistenza.

Costante cura del Consiglio fu quella di assicurare a Brescia il mantenimento della Corte d’appello ed in relazione a ciò sono i vari provvedimenti finanziari presi per costruire un moderno e capace carcere in città, entro la cinta daziaria. Passata ai cattolico-moderati la Provincia provvide, come ha rilevato Gian Lodovico Masetti Zannini, nel I decennio del XX secolo ai miglioramenti economici dei dipendenti (1906-1910), agli sviluppi della riviera gardesana il consigliere Vincenzo Bettoni raccomandava una sollecita soluzione del problema della viabilità per evitare gli espropri in tempi lontani, quando le aree sarebbero notevolmente cresciute di prezzo. La Valcamonica veniva poi a beneficiare dell’adesione della Provincia al consorzio telefonico per l’impianto d’una linea tra Brescia e Breno; la Bassa dalla nuova convenzione per le tramvie elettriche. Si chiedeva poi il trapasso, nella loro sorveglianza, dall’Ispettorato delle ferrovie dello stato alla provincia, per spese ferroviarie e di sistemazioni stradali veniva contratto un mutuo di 3 milioni con la Cassa di risparmio.

Nuovi provvedimenti vennero presi per le acque pubbliche e per l’attuazione della legge Bertolini sulla sistemazione idraulico forestale dei bacini montani. Nel 1914 l’amministrazione provinciale, pur continuando la sua attività consueta (strade, trasporti, istruzione agraria, acque, bonifiche etc.), si interessò alle iniziative del comitato di preparazione alla guerra, si adoperò per la requisizione di quadrupedi, l’approvvigionamento granario, le famiglie dei richiamati ed i corsi di tirocinio per la lavorazione di proiettili istituiti presso la scuola Moretto. Numerose opere stradali vennero compiute negli anni ‘30 fra le quali la Gardesana occidentale costruita e inaugurata nel 1932, sotto gli auspici della provincia, costituitasi in consorzio con quella di Trento e con vari comuni interessati, grazie anche ad un largo concorso dello Stato, per il quale in due anni vennero approntati i ventotto chilometri della strada Gardesana occidentale vero capolavoro della tecnica, grande risorsa per il turismo e l’economia delle due province.

Su proposta del conte Corniani presidente della Deputazione, Vittorio Emanuele III con decreto del 10 marzo 1904 e la Consulta araldica del Regno con trascrizione in data 25 luglio approvavano nel 1904 lo stemma provinciale risultante dalla unione di quelli dei cinque Mandamenti. L’Amministrazione provinciale ebbe da sempre sede in palazzo Broletto, con dislocazione di vari uffici in sedi diverse: piazza Tebaldo Brusato, via Milano, ex Sanatorio di S. Antonino, palazzo Martinengo.

Complessi archivistici

Fonti

  • Civita, Brescia = Le istituzioni storiche del territorio lombardo. XIV - XIX secolo. Brescia, Progetto CIVITA, Regione Lombardia, Milano, 1999, repertoriazione a cura di Giovanni Zanolini, Valeria Leoni
  • Civita, istituzioni postunitarie = Le istituzioni storiche del territorio lombardo. 1859 - 1971, 2 voll., Progetto CIVITA, Regione Lombardia, Milano, 2001, repertoriazione a cura di Fulvio Calia, Caterina Antonioni, Simona Tarozzi
  • Fappani 1997 = Enciclopedia Bresciana, vol. XIV, Edizione La Voce del Popolo, Brescia, 1997
  • Melis, La Provincia = La Provincia nella storia d'Italia, s.d.
  • Storia di Brescia = Storia di Brescia, collana promossa e diretta da Giovanni Treccani Degli Alfieri, Morcelliana Editrice, Brescia, 1961

Compilatori

  • Elena Lucca (Archivista)
  • Giuliano Annibaletti (Archivista)
  • Ombretta Primavori (Archivista)
  • Chiara Manzoli (Archivista)
  • Mara Catalano (Archivista)
  • Michela Gatti (Archivista)