Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Pavia - CCIAA ( 1966 - )

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Ente funzionale territoriale

Sede: Pavia

Codici identificativi

  • MIDB00123D (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]

Profilo storico / Biografia

Notizie storico-istituzionali: la Camera dei mercanti dal medioevo
Le corporazione medievali, le associazioni di mestiere, i collegia, le universitas, rappresentano tutti insieme la base di partenza di un’attività che, a partire dal medioevo, percorrendo tutta l’età moderna e contemporanea, tenderà via via sempre più a raffinare la propria fisionomia istituzionale e il proprio riconoscimento pubblico.
Dal Breve mercatorum mercadantie Papie del 1295 si evince come a Pavia la “Mercanzia dei mercanti” fosse molto organizzata a livello normativo: “una confederazione di paratici o arti (cambiatori, pellicciai, lanaioli, merciai, speziali e tutti i venditori al minuto, ecc.), di cui tutela gli interessi, sorvegliando l’andamento di tutte le arti dipendenti, dirimendo le controversie sorte sia fra individui che tra arti, disciplinando i rapporti fra commercianti e artigiani ed estendendo la sua attività anche al campo assistenziale” (sito CCIAA Pavia, 2004). Sia il Breve, ma ancor di più i successivi Statuti viscontei della metà del Trecento, indicano in maniera precisa gli obblighi delle diverse “categorie” di mercanti o artigiani (Crotti Pasi, 1979, p. XIII), nonché vanno a definire nella fisionomia guiridico-sociale queste nuove figure. Nella stessa Matricula mercatorum pavese vengono registrati i nomi di tutti i mercanti della città e del contado: un vero e proprio registro relativo alle attività dei mercanti, comprensivo dei dati anagrafici dei singoli (compresa la paternità) nonché dei “marchi” relativi alla loro attività (Crotti Pasi, 1979, p. XV). Nasceva così il registro ditte.

Notizie storico-istituzionali: la Camera dei mercanti in età moderna
In età moderna, durante l’epoca visconteo-sforzesca, la Mercanzia fu in parte privata delle funzioni legislative e esecutive, che rimasero appannaggio del governo centrale dello stato, ma di contro fu ampliata la sua funzione giudiziaria.
Come accadde in tutto lo stato spagnolo, soprattutto nelle città al di fuori della cerchia muraria di Milano, la politica degli Austrias (ovvero gli Asburgo del ramo spagnolo, v. Signorotto, 1993) lasciò ampio margine di manovra soprattutto nei settori dell’esenzione fiscale e in alcuni casi nel settore giudiziario. A Pavia infatti la Mercanzia vide notevolmente incrementate le proprie funzioni nel settore fiscale e giudiziario.
Alla governo spagnolo nel 1707 seguì quello austriaco che “intervenne in modo progressivamente innovativo … [e] soppresse le Corporazioni: a Pavia, i Paratici furono sciolti nel 1778. Il Collegio dei Mercanti, trasformato dopo lo scioglimento dei Paratici in associazione tra persone, fu mantenuto fino alla riforma iniziata nel 1786”. (sito CCIAA Pavia, 2004).
Le organizzazioni mercantili proprie dell’età delle corporazioni e le loro successive evoluzioni furono il segnale forte della costituzione di una nuova élite sociale che tendeva ad omologarsi al ceto nobiliare al quale non apparteneva per nascita: non sono più le origini a formare i ceti di governo, ma sono i “nuovi nobili”, quelli appunto legati all’economia e al mercato, a spingere per il riconoscimento pubblico e quindi a voler sedere nelle cariche di governo.
“La naturale evoluzione dell’esperienza comunale in esperienza patriziale, nei secoli che vanno dal Quattrocento alla fine del Settecento, presuppone peraltro … il passaggio dal modulo feudale a quello patrizio, [attraverso] “quattro itinerari della mutazione”: dalle decisioni del principe o di chi lo rappresenta … agli statuti cittadini come normativa vigente regolarmente approvata dal potere centrale, dalla “normativa di diritto scritto prodotta dalla città” a "integrazione delle “prescrizioni statutarie”, alla “normativa di radice consuetudinaria” che rappresenta l’attiva partecipazione delle strutture locali alla codificazione delle regole del governo cittadino" (Bilotto, 1995, p. 397-398; Zenobi, 1994, p.184)
Nella seconda metà del Settecento Pavia, come tutta la Lombardia austriaca, fu investita dall’opera riformatrice condotta da Maria Teresa e poi da Giuseppe II, che andò a riorganizzare in maniera unitaria alcune istituzioni. Riassettata la Camera dei mercanti anello intermedio tra il sovrano e i singoli commercianti (Mozzarelli 1988, p.179) nel 1786, con un editto emanato il 24 luglio, trovò la luce il nuovo ordinamento delle Camere di commercio. In termini funzionali esse vennero equiparate alla Camere dei mercanti. L’editto del 24 luglio 1786 fu firmato dal plenipotenziario di Giuseppe II, il Conte de Wilzeck, ma sostanzialmente fu redatto da Cesare Beccaria.

Notizie storico-istituzionali: la Camera di commercio nel XIX secolo
Durante il periodo napoleonico questa istituzione fu nuovamente coinvolta da un’opera di riforma. La legge del 26 agosto 1802 infatti “accoglieva le aspettative espresse dalle categorie mercantili … [ma con] una più decisa separazione delle funzioni giudiziarie da quelle politico- amministrative e nell’evoluzione in senso oggettivistico del diritto commerciale” (Paletta 1998a, p. 20). Fu da questo momento in poi che si attestò la denominazione Camera di commercio.
Pochi anni dopo, nel periodo che va dal 1806 al 1808, fu rivisto nuovamente il sistema giudiziario e furono costituiti i Tribunali di commercio di prima istanza. In questo modo le Camere di commercio persero la loro funzione giudiziaria. Di fatto “a Pavia la competenza sugli affari mercantili passò … nell’ottobre del 1807 al Tribunale ordinario” (Bidischini – Musci 1998-2002, pp. 85-86). Attraverso poi la travagliata applicazione del Codice del commercio, che attivava i Tribunali di commercio, “si esaurivano le motivazioni giudiziarie che erano state alla base della nascita delle anagrafi commerciali” (Paletta 1998a, p. 25).
Nel 1811, il viceré d’Italia Eugenio di Beauharnais, con un decreto del 27 dicembre, trasformò l’istituzione camerale nella più articolata Camera di commercio, arti e manifatture. Nella storia della Camera di commercio di Pavia il decreto suddetto è considerato l’atto di nascita di questa istituzione nella sua forma più “moderna”. “Oltre alla tutela degli interessi delle categorie commerciali ed industriali, essa aveva – al pari di altre 25 Camere coeve – il compito di raccogliere notizie sulla situazione economica e sulle difficoltà che ostacolavano lo sviluppo dei commerci e delle industrie locali …” (sito CCIAA Pavia, 2004). Attraverso il nuovo decreto si attribuivano alle Camere le funzioni consultive nell’ambito però di una giurisdizione limitata al territorio comunale. La Camera veniva però contemporaneamente a perdere le funzioni esecutive ed ispettive che avevano mantenuto vivo il registro delle ditte.
Con l’arrivo delle truppe austriache e l’avvio della Restaurazione l’apparato normativo delle Camere e le funzioni ad esse riservate non subirono alcun cambiamento significativo. Per l’allargamento delle competenze sul territorio – per Pavia arriverà fino all’area del Ticinese – bisognerà attendere il 1849, allorché il Regolamento per le Camere di commercio del Regno Lombardo-Veneto, emesso il 21 luglio, definì i confini giurisdizionali allargandoli all’intera provincia e ampliò in parte le funzioni camerali, mantenendole però solo di tipo consultivo. Con la legge del 18 marzo 1850 poi si diede la possibilità di stabilire un forte e inscindibile legame tra le Camere di commercio e il Ministero del commercio, scavalcano le amministrazioni decentrate (Paletta 1998a, p. 35-36). Oltre ad aver ancor più ampliato le funzioni consultive – in ambito di pareri e arbitrati – la legge divideva sostanzialmente in due le Camere di commercio: da una parte la sezione commerciale e dall’altra quella industriale, rappresentanti loro stesse “due partizioni del ceto economico all’interno della Camera” (Paletta 1998a, p. 36-37).
Con l’Unità nazionale si sentì l’esigenza di unificare in termini normativi anche l’attività delle Camere di commercio, che divennero, attraverso la legge del 6 luglio 1862, Camere di Commercio ed Arti, esistenti in ogni capoluogo di provincia.
La legge del 1862 attribuì nuovi compiti alle Camere. Tra essi quelli che ebbero minor effetto furono i compiti consultivi, ovvero quelle funzioni di raccordo con gli organi di governo polico-amministrativi dello Stato, eccezion fatta per alcuni Consigli all’interno dei quali i rappresentanti delle Camere di commercio riuscirono ad avere un ruolo rilevante: il Consiglio dell’Industria, il Consiglio delle tariffe e delle strade ferrate, il Consiglio superiore del Lavoro (Paletta 1998a, p. 51).
Rispetto invece ai compiti in materia esecutivo-amministrativa, le Camere ricevettero un forte rafforzamento: “alle funzioni originarie se ne aggiunsero altre, fra cui l’amministrazione delle borse di commercio e dei magazzini di deposito, i controlli sugli agenti di cambio e mediatori, ecc.” (sito CCCIA di Pavia, 2004).
Inoltre attraverso il codice di commercio del 1883 si recuperarono anche una parte delle vecchie funzioni di controllo, tra cui ad esempio la sorveglianza dell’attività della Borsa attraverso la Deputazione nominata dalla stessa Camera, o la conoscenza delle prime istanze in materia di dogane, importazioni, esportazioni, ecc., ma nel tempo tornarono alla ribalta anche le ataviche funzioni giurisdizionali tra cui l’arbitrato (in verità mai scomparso nonostante la normativa) e la produzione di giudizi (Paletta 1998a, p. 54-56)
“Le Camere – che nel passato fruivano di contributi volontari – vennero autorizzate ad applicare diritti di segreteria sui certificati e sugli atti rilasciati e ad imporre speciali addizionali e tasse; contestualmente, vennero sottoposte al controllo del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio” (sito CCCIA di Pavia, 2004).

Notizie storico-istituzionali: la Camera di commercio nel XX secolo
Con la legge del 20 marzo 1910 vennero poi ampliate le funzioni camerali in materia di usi e consuetudini, arbitrati e prezzi, ma soprattutto venne dettagliatamente codificato il registro ditte, venne attribuito alle donne il diritto a partecipare all’elettorato commerciale e vennero ampliate le possibilità di ricavi finanziari derivanti dalla propria attività con nuove applicazioni di diritti e tasse.
Come si è visto fino a questo momento la Camera di Pavia è sempre stata coinvolta prima nelle “particolarità” giuridico-amministrative dello Stato di Milano, poi in quelle della Repubblica Cisalpina e successivamente del Regno Lombardo-Veneto, fino all’Unità d’Italia che invece determinò la normazione di tale istituzione a livello nazionale. E sempre senza particolarità “locali” l’evoluzione della Camera di Pavia continuerà a seguire quella di tutte le altre Camere nei diversi capoluoghi di provincia. Così passerà attraverso l’istituzione nel 1926 dei Consigli Provinciali dell’Economia accanto agli Uffici provinciali dell’economia, che enfatizzerà la fine delle Camere di commercio basate su una impronta liberale, imponendo la formalizzazione di ideali fascisti (Crepas 1998, pp.70-83). Di stampo fascista saranno pure altre due leggi: quelle del 1931 e del 1937. Con la caduta del regime fascista, ripartirà invece un percorso che con il d.l. del 21 settembre 1944 n.315 riorganizzerà queste istituzioni a cominciare dalla trasformazione della loro denominazione che da Consiglio provinciale dell’economia corporativa diventerà Camere di commercio industria e agricoltura. Bisognerà attendere però gli anni ‘50 per il recupero di funzioni che nei decenni precedenti erano state “passate” agli Uffici provinciali, prima tra tutte la tenuta del Registro delle ditte (Paletta 1998b, p.99). E Ancora il 1966 per un nuovo cambiamento nella denominazione che divenne Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura a sottolineare la più pesante presenza degli artigiani che insieme ai coltivatori diretti già dal 1951 erano entrati a rappresentare i propri interessi all’interno della Camera (Paletta 1998b, p. 99).
Sarà soltanto nel 1993 che le Camere di commercio si riassetteranno in una forma più definita rispetto a una serie di “questioni” funzionali e istituzionali rimaste per circa 50 anni in sospeso. La legge di riordinamento del 29 dicembre 1993, n. 580, interverrà su “alcuni importanti aspetti: potestà statutaria, restituzione del ruolo dei rappresentanza e di equilibrio, riconoscimento di funzioni arbitrali, di conciliazione e normative, accanto alle consuete amministrative” (sito CCIAA di Pavia, 2004). Sembra quasi di poter azzardare che come era avvenuto con l’Editto del 1786, la legge di riforma del 1993 ha restituito “alle Camere la naturale posizione di punto di rappresentanza e di equilibrio, ne ha ridisegnato la centralità all’interno di un mercato, ne ha ricomposto la multidimensionalità riconoscendo funzioni arbitrali e normative accanto alle consuete amministrative” (sito CCIAA di Pavia, 2004).

La Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Pavia*
(*testo estratto dal sito web della CCIAA di Pavia: http://www.pv.camcom.it/origini.html)
La Camera di Commercio di Pavia svolge la sua complessa attività, oltreché direttamente, a mezzo di due Aziende Speciali – PaviaMostre, costituita nel 1985 e PaviaForm, costituita nel 1990 – create entrambe per svolgere con snellezza operativa servizi ad elevata competenza professionale. Le Aziende hanno natura pubblica e autonomia amministrativa e finanziaria. Ha istituito inoltre le Sale di Contrattazione Merci di Pavia, Voghera e Mortara, gestisce direttamente quella di Pavia e contribuisce al funzionamento delle Sale di Voghera e di Mortara.
In virtù della L. 112/98 la Camera di commercio ha acquisito le competenze dell’Ufficio Provinciale Industria, Commercio e Artigianato (UPICA), come pure dell’Ufficio Metrico Provinciale.
Ha organizzato sul territorio due uffici decentrati – il primo aperto a Vigevano nel 1981 e il secondo a Voghera nel 1989.
In virtù della legge di riordinamento n. 580/1993 la Camera di Commercio di Pavia – al pari di altre 102 Camere italiane – è ente autonomo di diritto pubblico. Ha potestà statutaria e autonomia regolamentare, finanziaria e amministrativa.
La medesima legge le assegna funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese e la cura dello sviluppo del sistema imprenditoriale stesso: una sfera di attribuzioni molto ampia, che ne avalla il ruolo storico di “istituzione” al servizio delle imprese, e che può così articolarsi:
– funzioni di supporto e promozione degli interessi generali delle imprese che hanno sede nella circoscrizione di competenza della Camera;
- funzioni amministrative istituzionali. In questo ambito assume primario rilievo la competenza della gestione del Registro Imprese, una vera Anagrafe economica con finalità di conoscenza e di trasparenza del mercato.
Vi rientrano inoltre:
- la tenuta degli Albi professionali, istituiti per legge, la cui iscrizione ha spesso natura abilitante per l’esercizio dell’attività
- il rilascio di autorizzazioni e licenze
- la certificazione inerente a stati e fatti dell’impresa, all’origine delle merci, ecc.
- le attività di accertamento (usi e consuetudini, prezzi all’ingrosso).
- le funzioni di regolazione del mercato (istituzione di commissioni arbitrali e conciliative per le controversie fra imprese e fra imprese e consumatori, promozione di contratti tipo e controllo della presenza di clausole inique nei contratti)
- le funzioni delegate dallo Stato e dalla Regione e funzioni derivanti da convenzioni internazionali – le funzioni consultive, in particolare nella formulazione di pareri e proposte alle Amministrazioni dello Stato, alle Regioni e agli Enti locali su problematiche inerenti le imprese.
(estratto da http://www.pv.camcom.it).

Note bibliografiche
- A. Bilotto, 1995 = A proposito di patriziati cittadini: in memoria di B. G. Zenobi, in “Annali di storia moderna e contemporanea”, 1, pp.393-399.
- N. Crepas, 1998 = L’istituzione camerale nel passaggio da un paradigma di sviluppo industriale all’altro (1919-1948) in Guida agli archivi delle Camere di commercio di Milano, Soveria Mannelli, 1998, pp.69-97.
- R. Crotti Pasi, 1979 = La matricola dei mercanti di Pavia , Pavia, 1979
- C. Mozzarelli = La riforma politica del 1786 e la nascita delle Camere di commercio in Lombardia, in Economia e corporazioni. Il governo degli interessi nella storia d’Italia dal Medioevo all’Età contemporanea, a cura di C. Mozzarelli, Milano, 1988, pp.163-192
- G. Paletta, 1998 a= La Camera di commercio di Milano dal 1876 al 1920, in Guida agli archivi delle Camere di commercio di Milano, Soveria Mannelli, 1998, pp. 13-67
- G. Paletta, 1998 b = Profilo istituzionale della Camera di commercio di Milano dal 1944 al 1993, in Guida agli archivi delle Camere di commercio di Milano, Soveria Mannelli, 1998, pp.99-100.
- B. Bidischini, L. Musci, 1998-2002 = Guida agli archivi storici delle Camere di commercio italiane, a cura di Elisabetta Bidischini e Leonardo Musci, Ministero per i beni culturali e ambientali, Roma 1998 (oggi disponibile in versione aggiornata al 2002 anche in http://www.camerecultura.it/GuidaArchiviStorici2
- G. Signorotto, 1993 = L’Italia degli Austrias. Monarchia cattolica e domini italiani nei secoli XVI e XVII, anno IX, n. 17-18, I semestre 1992, numero monografico a cura di G. Signorotto.
- G. B. Zenobi, 1994 = Le “ben regolate città”. Modelli politici nel governo delle periferie pontificie in età moderna, Roma, 1994.

Complessi archivistici

Compilatori

  • Antonella Bilotto (Archivista)