Orfanotrofio femminile dell'Immacolata - "Istituto Maria Rimoldi" ( 1671 - 1989 )
Tipologia: Ente
Tipologia ente: Ente di assistenza e beneficenza
Sede: Como
Profilo storico / Biografia
Origine, sviluppo e cessazione
L’Istituto ha origine dalla “Casa di ricovero eretta presso l’Oratorio segreto di S. Giuseppe” per mezzo della sostanza lasciata da Giovanni Lavizzari, negoziante comasco, con testamento del 15 dicembre 1671. Nel testamento è contemplato l’obbligo di “mantenere un ricovero sicuro per quelle donne di mala vita di qualsivoglia condizione, stato, o grado, le quali cadute in disonestà, o molto sospette, o prossime al cadere risolvono ritirarsi dal peccato e dalle occasioni per ivi menare una vita cristiana, e assicurare la salute delle anime loro; ovvero che per evitare il pubblico scandalo o altro disordine vi fossero col consenso de’ tre signori Deputati condotte col braccio de’ Superiori …”.
L’edificio che ospita il pio luogo viene costruito nel 1674 grazie alla collaborazione tra lo stesso Lavizzari, i Padri Gesuiti e Pietro Antonio Somalvico. Questo primo ricovero trova sede a Como, nel fabbricato presso la chiesa di S. Eusebio, in via del Fontanile (ora via A. Volta).
Tra le numerose donazioni che consentono la sopravvivenza dell’istituzione, minacciata dalle ingenti spese e dalle controversie giudiziarie che interessano il testamento di Giovanni Lavizzari, deceduto nel 1680, è particolarmente significativa la somma di lire 12.000 lasciata dal cardinale Benedetto Odescalchi, futuro papa Innocenzo XI (1675).
Nel 1750, per volontà del direttore padre Martorino, l’Opera pia viene dotata di nuovi regolamenti che escludono l’ammissione di “forzate” e forestiere, conferendo all’Istituto il carattere di “Conservatorio” cittadino. In virtù di tali riforme viene introdotta inoltre la figura delle Stabilite o Figlie della Casa, giovani già ospitate che chiedono e ottengono di rimanere presso l’Istituto vita natural durante, prestando la loro opera a favore del pio istituto, anche dedicandosi all’educazione delle fanciulle ammesse dietro pagamento di una modica retta.
Nel 1774 avviene una prima concentrazione dell’Ente con il Luogo pio del Soccorso, istituito da Alessandro Parravicino nel 1606 per il ricovero delle fanciulle pericolanti. L’aggregazione viene approvata dalla duchessa di Milano, Maria Teresa, che dona inoltre al Luogo pio la somma di lire 10.000 a “condizione sempre di farne un seminario di artigiani valenti nelle manifatture di sete …”.
Nel 1786 viene concentrato anche l’Orfanotrofio di S. Antonio o Luogo pio delle Orfanelle, fondato nel 1691 da suor Maria Giovanna Palanza e “dotato” da Lodovico Turcone, per il ricovero e l’educazione delle fanciulle orfane e povere.
Con decreto del 3 dicembre 1788 dell’imperatore Giuseppe II l’Istituzione viene riorganizzata ricalcando le norme del Luogo pio della Stella di Milano.
Si fa risalire a questo momento l’introduzione della distinzione tra le Stabilite e le orfane aggregate in seguito, cambiamento che conferisce all’Istituto la prevalente fisionomia di orfanotrofio.
Con l’aumentare del numero delle educande paganti, dovuto alla buona fama del Luogo pio, si rende necessario introdurre, nel 1819, un nuovo regolamento che, al fine di evitare una deviazione dagli scopi originari perseguiti, stabilisce la triplice natura della Casa, basata sulla distinzione tra Stabilite, Orfanotrofio (ricovero di fanciulle orfane e povere) e Convitto (educande paganti). La diversificazione degli scopi viene ulteriormente sancita nell’aprile 1842 con il trasferimento delle educande nel fabbricato dell’ex convento di S. Chiara, in via Milano, acquistato nel 1838 dai fratelli Luraschi.
In seguito all’alienazione degli stabili della vecchia sede di S. Eusebio, resa necessaria da considerazioni di carattere economico, il 1° settembre 1881 anche l’Orfanotrofio si trasferisce nei locali di S. Chiara, pur rimanendo ferma la distinzione amministrativa ed economica tra questo e il Convitto.
Intorno alla metà del XIX secolo è ormai definito anche il patrimonio immobiliare del Luogo pio che comprende terreni e fabbricati, non solo nella città di Como, ma anche nel territorio della provincia e fino al lodigiano. I beni più consistenti e rilevanti risultano quelli della tenuta di Torricella, situata tra i comuni di Barzanò e Rovagnate, acquistata nel 1853 da Domenico Argenti e alienata nel 1920 a favore dei coloni. Di particolare interesse sono anche i possedimenti della Colombara in Sant’Angelo Lodigiano, acquistati nel 1853 tramite la Congregazione di carità di Como e i beni di Pusiano, Penzano e Cassina Mariaga, le cui vicende di espropriazione, terminate con la messa all’asta del 1850 a danno di Ottavio e Francesco Pellegatta, costituiscono un ampio carteggio nell’archivio dell’Istituto.
La presenza di molti documenti riferiti a questo patrimonio, anche anteriori all’acquisizione da parte dell’Istituto, ha suggerito di costituire di serie documentali che rispettassero l’organicità della documentazione pervenuta al Luogo pio attraverso le acquisizioni.
Con deliberazione della Giunta municipale di Como del 2 luglio 1884 viene approvata la costituzione di un’associazione di cittadini benemeriti con l’obiettivo di favorire la continuazione dell’attività del Collegio.
Grazie all’interesse e alla generosità di cittadini facoltosi e alle cure dei Consigli di amministrazione succedutesi, il patrimonio e l’efficienza dell’Istituto si incrementano per tutto il periodo successivo. Tra le donazioni più cospicue ricevute si distinguono: eredità della direttrice Adelaide Casnati (1894), eredità Maria Bonomi, vedova Bianchi, eredità Filippo Gariboldi (1906), legato Carlo Olginati (1918), legato don Santo Monti (1923), legato Ippolita Olginati (1924), legato Teresa Rimoldi (1925), legato Carlotta Olginati (1932), legato Carlo Maria Porta (1934).
Con donazione del 7 dicembre 1934 la nobildonna Luisa Scalabrini, vedova Rimoldi, in memoria della morte della figlia Maria, lascia all’Istituto una vasta proprietà in Camerlata dove, dopo ingenti lavori di riadattamento e in seguito all’alienazione a favore del Comune di Como del complesso di S. Chiara in via Milano, l’Orfanotrofio si trasferisce definitivamente il 9 luglio 1936, assumendo la nuova denominazione di “Istituto Maria Rimoldi – Orfanotrofio femminile dell’Immacolata”, proprio in memoria della bambina defunta.
Notevole impulso all’efficienza dell’Istituzione deriva dall’entrata in servizio delle suore della Congregazione di Gesù, tanto che alla fine degli anni ‘70 del ventesimo secolo il Convitto ospita circa 120 bambine di età compresa tra i 6 e i 16 anni.
Sotto la presidenza di Mario Margheritis, nel 1963, si stipula inoltre una convenzione con il Provveditorato agli studi di Como per l’istituzione di una scuola elementare parificata, aperta a bambini e bambine della zona. Si costruisce anche l’edificio scolastico di via Scalabrini, originariamente destinato alla scuola media Fogazzaro.
Negli anni ‘80 le domande di ammissione al Convitto diminuiscono in modo considerevole, determinando gravosi problemi di gestione finanziaria e l’aumento graduale del disavanzo. A queste difficoltà economiche si aggiungono anche problemi di carattere organizzativo a seguito del ritiro delle religiose in servizio nell’Istituto da parte della Congregazione delle Figlie di Gesù.
Più volte in questi anni si ipotizza il trasferimento dell’Istituto al Comune di Como, in virtù del DPR 24 luglio 1977, n. 616 sullo scioglimento delle IIPPAB.
L’interesse delle famiglie degli alunni e di tutta la cittadinanza, nonché la valenza storica dell’Istituzione, ne scongiurano in prima battuta e a più riprese la cessazione, che di fatto avviene in via definitiva solo con decreto del Presidente della Regione Lombardia 20 luglio 1989, n. 14895, ai sensi art. 4 della L.R. 28 dicembre 1981, n. 72.
Sulla base dei provvedimenti conseguenti, il complesso di via Scalabrini perviene al Comune di Como. A seguito di richiesta da parte della Provincia, motivata da urgenti e indilazionabili necessità di pubblica utilità, di poter disporre temporaneamente dell’immobile per uso scolastico, viene stipulato un atto concessorio della durata di sei anni, decorrenti dal 1° settembre 1989 al 31 agosto 1995. La concessione viene successivamente rinnovata per ulteriori sei anni, dal 1° settembre 1996 al 31 agosto 2002.
Con atto 10 giugno 2004 n. 12259, in esecuzione del provvedimento della Giunta comunale di Como n. 106 del 22 aprile 2004 e della deliberazione della Giunta provinciale di Como n. 112 del 22 aprile 2004, Comune e Provincia convengono, fra l’altro, in ordine alla titolarità di alcune scuole. Viene in particolare riconosciuto alla Provincia l’uso dell’edificio di via Scalabrini, ai sensi della legge 23/1996, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della medesima.
Amministrazione dell’Istituto: statuti e regolamenti
Nel corso della sua storia l’Istituzione si è dotata di diversi statuti e regolamenti per la gestione amministrativa e la disciplina interna del personale e delle fanciulle ospitate.
Nell’archivio sono conservati regolamenti manoscritti a partire dal XVIII secolo, tra i quali il primo che presenti una struttura organica è il regolamento interno del 3 giugno 1750, compilato dai Deputati e sottoposto all’approvazione di Maria Teresa.
In base a tale regolamento l’Istituzione risulta amministrata da tre deputati eletti da una Consulta. Le competenze di questi organi sono descritte al capo 1 e al capo 2. I deputati vengono eletti, con votazione segreta, all’interno del Conservatorio o, qualora non vi fossero persone adatte, all’interno della Congregazione dei mercanti e degli artigiani.
Al capo 3 vengono invece elencate le “Avvertenze da usarsi nell’accettazione e nello stabilimento delle Donne nel Conservatorio”. Sono ammesse le donne considerate “pericolanti”, dove è da “intendersi per donne in pericolo di cadere anche le giovani nubili che non hanno chi le custodisca né di che mantenersi”. Sono invece escluse le donne gravide, quelle di età avanzata e quelle colpite da malattie infettive o mentali “… non essendo il Conservatorio uno Spedale di pazzerelle”.
Viene qui introdotta la figura delle Stabilite, determinando che “quando alcuna delle donne, o figlie risolvesse di restare tutto il tempo di sua vita nel Conservatorio lontano dai rischi, ed occasioni del mondo … si dovrà mantenere a spese dell’opera pia …” dal momento che “…] possono servire di buon esempio alla Comunità, e di ajuto alla Superiora e di ammaestramento alle nuove, tanto nei lavori, quanto nelle altre cose domestiche” (capo 3, punto 12).
Pur essendo prevista la scelta di rimanere nell’Istituto per tutta la vita, si ribadisce la natura laica del Luogo pio, secondo la volontà del testatore, con l’esclusione di “qualsiasi abito religioso” (capo 3, punto 14).
Al capo 4 e 5 sono descritte le regole disciplinari per le donne ospitate e i criteri di scelta del Direttore spirituale, dei confessori, della Superiora, della Vice – superiore e della “fattora”.
Seguono quindi gli specifici regolamenti per il Direttore spirituale e per la Madre Superiora, quest’ultimo in dieci capi che disciplinano tutta la sua attività e le sue competenze (cura verso sé stessa e verso Dio, comportamento verso le orfane e verso la Vice – superiora, cura delle inferme ecc.).
In chiusura si trovano il regolamento per la Vice – superiora e brevi regole comuni.
Nonostante l’organicità del regolamento non si riescono a garantire ancora l’ordine e la disciplina auspicate, tanto che una successiva deliberazione esclude dall’ammissione le donne contro la propria volontà.
Un nuovo regolamento viene predisposto nel 1819, con criteri ancora più precisi relativamente all’ammissione e alla permanenza delle donne presso l’Istituto.
I primi tre articoli, infatti, contemplano regole “… per l’ammissione, dimissione e disciplina interna del Conservatorio delle Zitelle in Como”, che stabiliscono che l’età di ammissione sia compresa tra gli 8 e i 12 anni e la permanenza non possa protrarsi oltre il diciottesimo anno d’età.
Viene inoltre determinato il numero delle “piazze” gratuite a carico del Luogo pio del Soccorso (n. 10), del Luogo pio delle Orfane (n. 14) e del Conservatorio (n. 14), ricalcando la triplice natura dell’Istituto. Questi posti gratuiti vengono assegnati a coloro che giustifichino l’impossibilità a pagare, dando preferenza in primo luogo alle orfane di padre e di madre, in secondo luogo alle orfane di padre e in terzo luogo alle orfane di madre.
Il numero delle piazze per le educande paganti è invece indeterminato, potendo variare di anno in anno.
Gli articoli successivi del regolamento disciplinano i vari aspetti della vita e della giornata comunitaria: orario (artt. 4 e 5), vitto (artt. 6 – 13), abito (artt. 14 – 18), salute (artt. 19 – 23), religione (artt. 24 – 32), regole di ritiro (artt. 33 – 49), premi e castighi (artt. 50 – 60).
Con R.D. 14 giugno 1866 viene approvato lo Statuto organico per l’Orfanotrofio femminile detto dell’Immacolata o di S. Eusebio coll’unito Convitto di S. Chiara in Como, redatto ai sensi della legge 3 agosto 1862, n. 753 sulle opere pie.
Nello statuto, composto da 15 articoli, vengono meglio definiti gli organi preposti all’amministrazione e cioè un Consiglio di amministrazione, nominato dal Consiglio comunale di Como, composto da cinque membri compreso il Presidente. I componenti rimangono in carica quattro anni e sono rieleggibili.
Lo scopo del Luogo pio, enunciato nel primo articolo, è quello di “dare ricovero a fanciulle povere ed orfane della Città e Sobborghi di Como per educarle e istruirle secondo la loro condizione e abilitarle a guadagnarsi il vitto onoratamente”.
Le ospiti sono addestrate nei lavori femminili e viene loro impartita l’istruzione delle prime tre classi elementari. Quelle eminenti per condotta e per ingegno vengono ammesse agli studi superiori per abilitarle a “riportare la patente di Maestra”.
L’ammissione viene decisa dal Consiglio di amministrazione in via di prova per un trimestre.
Alcuni impieghi e uffici del Luogo pio sono promiscui fra l’Orfanotrofio e il Convitto tra cui quello del Segretario ragioniere economo e del Direttore spirituale. Nell’organico dell’Orfanotrofio sono poi previste la Direttrice, le maestre, le assistenti e altro personale di servizio. Nel Convitto sono impiegate la Direttrice, il personale amministrativo, il custode e sagrestano, le maestre, le assistenti e altro personale di servizio, oltre ad un professore per la lingua e letteratura francese.
Sulla scorta dello statuto vengono predisposti nuovi regolamenti interni, distinti, approvati entrambi il 12 agosto 1870 dal Consiglio di amministrazione dell’Orfanotrofio ed Uniti Istituti, retto dall’allora presidente E. Castiglioni.
1. Regolamento interno per l’Orfanotrofio femminile detto dell’Immacolata o di S. Eusebio in Como
Al capitolo I vengono previste le regole per l’ammissione delle orfane. Il numero dei posti disponibili viene determinato di anno in anno sulla base delle rendite dell’Istituto. Ai primi di settembre il Consiglio di amministrazione pubblica l’avviso di concorso delle piazze vacanti e a ottobre vengono nominate le ricoverate che entrano nell’orfanotrofio il 1° novembre.
I capitoli dal II al VI riguardano la permanenza delle fanciulle presso l’Istituto e le loro dimissioni. La Comunità risulta divisa in Compagnie in ragione dell’età e dell’istruzione. Le orfane che si distinguono negli studi e nella condotta possono essere trasferite nel Collegio S. Chiara per ricevere un’istruzione superiore, ottenere la patente di maestra ed essere destinate all’insegnamento nell’Orfanotrofio o nel Convitto (cap. II).
L’istituto riceve commissioni di lavori femminili dall’esterno e a ogni orfana si accorda un quinto del prodotto netto dei suoi lavori, il resto spetta al Luogo pio (cap. III).
Al compimento dei 18 anni le fanciulle vengono dimesse e affidate ai genitori o al tutore. Possono rimanere nell’istituto le orfane trasferite al Convitto per ricevere istruzione e le orfane che venissero assunte quali assistenti di scuola o di lavoro (cap. VI).
I capitoli VII, VIII, IX contengono disposizioni sul Consiglio di amministrazione, il segretario – ragioniere e la Direttrice che dipende direttamente dal Consiglio.
La disciplina sulle maestre è definita nel capitolo X, in base al quale il numero delle insegnanti viene stabilito di anno in anno in base alle necessità. Ad ogni Compagnia è preposta una maestra alla quale spettano anche compiti di sorveglianza.
Le Stabilite o Figlie della Casa non fanno voti, sono libere di abbandonare l’Istituto in qualsiasi momento e il Consiglio ha il diritto di licenziarle per insubordinazione o cattiva condotta. Esse costituiscono gran parte del personale. Possono conseguire le piazze di Stabilite in preferenza le orfane allevate o dimoranti gratuitamente nell’Istituto, si richiede in ogni caso lo stato di nubile (cap. XI).
Il Direttore spirituale e catechista è unico per l’Orfanotrofio e per il Convitto. È incaricato dell’istruzione religiosa e dipende immediatamente dal Consiglio di amministrazione (cap. XII).
Infine nel capitolo XIII si definiscono le regole per il servizio sanitario, rivolto sia alle ospiti che al personale insegnante e di servizio.
2. Regolamento interno del Collegio femminile di S. Chiara in Como
Lo scopo del Convitto è quello di “dare a fanciulle di famiglia civile una compiuta educazione”. Vengono qui accolte le educande paganti una pensione annua.
Il Collegio è sotto la dipendenza e la sorveglianza economica, amministrativa, educativa e disciplinare del Consiglio di amministrazione dell’Orfanotrofio (cap. I).
L’istruzione è ripartita in due corsi, uno elementare di quattro classi e l’altro perfettivo di tre anni. Il corso di quattro anni comprende tutte le materie previste dalla legge 13 novembre 1859, n. 3725 (legge Casati) con l’aggiunta della lingua francese e della geografia.
Per i tre anni di perfezionamento, oltre alle materie obbligatorie, si possono scegliere materie aggiuntive in base alle doti delle fanciulle e alla disponibilità finanziaria delle famiglie, essendo a loro spese. L’anno scolastico inizia a novembre e termina a metà settembre.
Orario e discipline vengono stabiliti dalla Direttrice di concerto con il Consiglio di amministrazione (cap. II).
Le alunne sono ammesse dai 6 fino ai 18 anni. È il Consiglio di amministrazione a decidere sull’ammissione. La pensione annua ammonta a L. 440. Oltre alla pensione sono a carico delle alunne i libri e altro materiale didattico (cap. III).
Al vertice dell’organico c’è la Direttrice. L’istruzione è affidata a quattro maestre interne, ad assistenti e a personale esterno. Per tutto il personale, oltre allo stipendio, è accordato l’alloggio nel collegio. Le maestre e le assistenti vengono scelte preferibilmente tra le Stabilite (cap. IV).
Al capitolo V vengono definite le competenze della Direttrice e del resto dell’organico.
Le alunne sono divise in sezioni in ragione dell’età e delle classi. Ad ogni sezione presiedono almeno due maestre, una per lo studio e una per i lavori.
Le ospiti sottostanno ad una stretta sorveglianza disciplinare (controllo della posta personale, regolamentazione delle visite e delle uscite periodiche, dell’abbigliamento e del vitto, responsabilità del proprio corredo, ecc.) (cap. VI).
Lo statuto organico viene modificato una prima volta nel 1939 (Decreto regio del 26 ottobre 1939). Oltre a un adeguamento formale alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di assistenza e beneficenza, i membri del Consiglio di amministrazione vengono portati da cinque a sette (art. 22) e viene approvata la nuova denominazione di “Istituto Maria Rimoldi – Orfanotrofio femminile dell’Immacolata”. La denominazione subisce un’ulteriore modifica in Orfanotrofio femminile dell’Immacolata “Istituto Maria Rimoldi”, con lo statuto approvato dal Consiglio di amministrazione il 3 ottobre 1958 (Decreto del Presidente della Repubblica del 6 febbraio 1963).
In entrambi i nuovi statuti (agli art. 21 dello statuto 1939 e all’art. 2 dello statuto del 1958) vengono elencati i legati di culto a favore del Luogo pio: Giovanni Lavizzari (1671), Giulia Imbonati Odescalchi (1691), don Cesare Rusca (1705), anonimo a mezzo di don Giacomo Cattaneo (1738), Giuseppe Castellazzi (1744), Alfiere Angelo Visconti (1748), don Antonio De Carli (1751), Della Porta Natta (1765), don Marco Gallio (1775), Clara San Giuliano Visconti (1775), don Emilio Casanova (1775), Bonanomi (1775), don Luigi Primavesi (1784).
Per rescritto di Mons. Valfrè, vescovo di Como, del 22 giugno 1897, l’erogazione di tali rendite viene destinata tra le altre cose alla retribuzione del confessore delle orfane e del sagrestano.
Complessi archivistici
Compilatori
- Schedatura: Lara Maria Trolli (archivista) - Data intervento: 17 dicembre 2012
- Revisione: Domenico Quartieri (archivista) - Data intervento: 17 dicembre 2012
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