Pollini, Leo ( Valmadrera (LC), 1891 - Milano (MI), 1957 giugno 6 )

Tipologia: Persona

Profilo storico / Biografia

Leo Pollini nacque nel 1891 a Valmadrera in provincia di Como da genitori piuttosto benestanti i quali assicurarono a Leo una buona formazione e anche qualche viaggio nel periodo estivo. Frequentò il liceo classico Manzoni di Milano dove conobbe Velleda Diaz de Palma, sua futura moglie, e infine si laureò in Lettere alla Regia Accademia scientifico letteraria di Milano nel 1914. Il giovane insegnate partecipò con grande fervore alla prima guerra mondiale. Combattente sul Carso col 47° Reggimento Fanteria dal 20 novembre 1915 al 3 aprile 1917, sul Pasubio dal 15 gennaio all’agosto 1918 e in seguito, fino all’armistizio, trasferito al Quartier generale del V Corpo d’Armata a Roma, raggiunse il grado di Capitano e ottenne varie decorazioni militari (tra cui la medaglia d’argento al volor militare) per le azioni svolte sul campo di battaglia. Tornato dalla guerra riprese la sua attività di insegnante di materie letterarie presso licei pubblici cittadini quali il Manzoni e il Parini; non solo, la sua attenzione verso l’educazione dei giovani lo spinse a costituire, nel giugno 1923, assieme ad altri soci, la Società Anonima “Scuola libera Dante Alighieri” avente per oggetto l’esercizio di una scuola libera classica, scientifica e tecnica, con sede in Milano in via Spartaco (nel medesimo stabile risiedeva con la numerosa famiglia).
Insegnante ma anche scrittore e studioso, si dedicò alla poesie e alla prosa fin dalla giovinezza, creò tra le mura domestiche, nel 1906, un giornale settimanale dal titolo “Variestas. Versi d’amore e prose di romanzi” luogo di sperimentazione letterarie e ricerca espressiva; pubblicò nel 1913 una raccolta di poesie da lui composte, mandò alla stampa le sue traduzioni e commenti di poeti latini, i suoi racconti e romanzi storici, il suo diario di guerra (“Le veglie al Carso”) e molto altro ancora soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni venti (ad esempio biografie, analisi storico-politiche, libri scolastici e per i giovani, infine, non meno importanti: la “Storia d’Italia”, la “Storia di Francia” e il “Dizionario di cultura universale”). Scrivere per Pollini significò anche collaborare a vario titolo con diversi periodici milanesi. Divenne direttore di: «Disciplina» (dal 1924 al 1926), «La Parola e il Libro» (dal 1926 al 1932), «Alleanza nazionale del libro» (dal 1934 al 1936/37) proseguito poi in «Rassegna di cultura» (dal 1937 all’inizio degli anni Quaranta). Nello stesso tempo collaborò con altre riviste e giornali: «Risveglio» di Varese (dal 1922 al 1924), «Piemonte» di Torino (1924), «Il Giornale di Sicilia» di Palermo (dal 1935 al 1936), «Sole» di Milano (dal 1938 al 1940), «Corriere del Ticino» di Lugano (dal 1938 al 1939), «Propaganda» della Cooperativa farmaceutica di Milano (dal 1928 al 1930), «Questione morale» di Terni (dal 1912 al 1914), mentre saltuari furono i suoi interventi su «Il Popolo d’Italia» e «Gerarchia». I libri, ma anche i suoi saggi, le lezioni agli allievi, gli articoli su periodici, nascevano dallo studio e dall’analisi delle fonti dirette. Leo era assiduo frequentatore di archivi e biblioteche cittadine: leggeva e analizzava incessantemente documenti e libri.
Fascista della prima ora e fino agli ultimi mesi di vita del partito, estimatore di Benito Mussolini fin dal 1921, fu un attivista molto energico come si evince dalla corrispondenza alla moglie, dalle sue partecipazioni alle assemblee del Fascio milanese di Combattimento e dalla sua presenza alla celebrazione della Marcia su Roma tenutasi a Milano nel 1923 in piazza Belgioioso (Leo Pollini in un’immagine del “Il Secolo illustrato” compare tra gli uomini a fianco del Duce). Leo faceva parte di quella piccola borghesia cittadina di formazione umanistica che aveva aspirazioni sia intellettuali che di ascesa professionale e politica. Salì nell’organigramma delle istituzioni politiche e culturali di Milano ottenendo l’assessorato alla Vigilanza urbana nella giunta Mangiagalli, dal 1922 fino al 1926; fu componente, all’inizio anni trenta, del Direttorio federale della Federazione provinciale fascista di Milano e membro addetto alla cultura del Direttorio del fascio di Milano. Fondatore assieme a Dino Alfieri dell’Istituto di cultura fascista di Milano, Pollini ne divenne direttore (dal 1924 al 1939 ). Attraverso selezionati e valenti conferenzieri l’obiettivo dell’Istituto era quello di creare una nuova cultura e una nuova coscienza politica. Pollini non sdegnò mai la possibilità di tenere discorsi, conferenze e conversazioni per il pubblico dell’Istituto e partecipò assiduamente e attivamente alle diverse iniziative offerte dell’Istituto agli “allievi”, tra cui viaggi, visite istruttive e politiche, crociere, concerti e rappresentazioni teatrali.
Leo spese molte energie anche all’interno di altri istituti, organi e associazioni milanesi, ad esempio troviamo tra le sue carte riferimenti alla lezioni tenute presso la Scuola di mistica fascista “Sandro Mussolini”, il Circolo filologico milanese, la famiglia Menghina. Del resto dal 1929 era stato nominato vice presidente della Federazione provinciale fascista milanese degli Enti culturali, organo di coordinamento dei vari organismi culturali milanesi (tra cui quelli appena citati).
Commissario prefettizio della Federazione italiana delle Biblioteche popolari (1925 fino al 1932), Pollini si dedicò anche alle questioni inerenti le biblioteche, i libri, la lettura e l’editoria, tutti settori in cui la politica di controllo e penetrazione del regime poteva ben attuarsi.
Il curriculum di Pollini lo vide anche Presidente dal 1931 al 1943 della Commissione di vigilanza e di consulenza della Biblioteca civica di Milano.
Contemporaneamente alle varie attività di cui si è appena parlato, Leo, “sempre pronto ad adattare la sua versatilità oratoria a temi che l’occasione richiedeva (dalla politica estera, alla letteratura latina, dalle letture dantesche alla celebrazione delle grandi istituzioni del regime) fece delle conferenze quasi una professione”, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Venti quando egli stesso si considerava “oratore ufficiale del partito nazionale fascista in varie circostanze, anche all’estero”. La voce pubblica di Leo è dunque arrivata fin oltre le città del centro-nord Italia; ha raggiunto, ad esempio, Bellinzona, Chiasso, Losanna, Yverdon, Montreux, Amsterdam, Budapest, Szeged, Klagenfurt e Villach.
Pollini durante tutta la sua vita si dedicò contemporaneamente all’insegnamento, alla scrittura, allo studio, alla politica e all’attività di conferenziere; in lui convissero sempre cultura e politica, ricerca intellettuale e riflessione ideologica, educazione e propaganda. Ancora nel 1943 e durante le vicende belliche non mancò di impegnarsi all’Istituto di cultura fascista di Milano, di lavorare ai suoi saggi e libri, e di partecipare al Direttorio del Fascio di Milano (negli ultimi mesi di vita del partito nazionale fascista). In quel periodo e successivamente fino a quando gli fu possibile, alternava giornate a Milano a fine settimana ad Alserio, dove la famiglia era sfollata “in un volontario e triste esilio provocato dalla sciagura incommensurabile della Patria”.
Nel dopoguerra gli obblighi connessi alla direzione della “Scuola libera Dante Alighieri”, la scrittura di poesie in milanese e lo studio, lo occuparono moltissimo. Del resto l’attività intellettuale era stata la sua vera e prima vocazione.
Leo Pollini morì il 6 giugno 1957 presso la clinica San Giuseppe di Milano.

Funzioni e occupazioni

  • Insegnante, giornalista

Complessi archivistici