Ospedale maggiore di Lodi ( 1457 - 1964 )
Tipologia: Ente
Tipologia ente: Ente di assistenza e beneficenza
Sede: Lodi
Codici identificativi
- MIDB001827 (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]
Profilo storico / Biografia
L’Ospedale Maggiore di Lodi sorse nel 1457 dalla concentrazione di tutti gli ospedali che operavano nella città e nella diocesi, sull’esempio di quanto già era accaduto a Milano nell’anno precedente. Il duca Francesco Sforza aveva infatti riunito in una nuova grande struttura ospedaliera diversi ospizi cittadini, per riunire e accorpare tutte le rendite di quegli istituti e creare un ospedale più grande in grado di sovvenire al meglio il bisogno dei malati, dei poveri e dei sofferenti. A Lodi fu il vescovo Carlo Pallavicino a promuovere l’aggregazione di 17 diversi istituti (1), che operavano nell’area lodigiana, al nuovo Ospedale di Santo Spirito della Carità che, a partire dal XVI secolo, assumerà la denominazione di Ospedale Maggiore. Un antico “hospitale santi Spiritus de la Caritate” detto anche della Colombetta (2), era già attivo in Lodi dai primi anni del Trecento; i confratelli laici che lo amministravano, accoglievano infermi e pellegrini in alcune case presso la chiesa di San Salvatore, sul sito in cui sorgeranno in seguito gli edifici del nuovo Ospedale.
Il decreto di nuova fondazione fu emesso dal vescovo Pallavicino il 21 novembre 1457; amministrazione e governo dell’Ospedale furono affidati alla città di Lodi attraverso una congregazione di deputati eletti dal Comune e confermati dal vescovo.
I primi sette deputati eletti svolsero una intensa attività per rendere effettiva l’aggregazione di tutte le strutture e l’incameramento dei loro beni, e per ottenere sia l’approvazione ducale che quella pontificia. La prima pietra dell’edificio fu posta nel 1459, mentre nel 1466 furono redatti gli Statuti del nuovo Ospedale. Gli “Statuta et ordines Confratrum hospitali novi et magni Sancti Spiritus de la caritate civitatis Laude” erano redatti sull’esempio di quelli di altri grandi ospedali cittadini, come Milano, Pavia e Brescia; articolati in 17 capitoli preceduti da una introduzione in cui si esortavano i confratelli a praticare la carità verso gli infermi.
Secondo le regole il governo dell’istituto doveva essere affidato a 28 deputati vitalizi, riuniti in una “compagnia di persone nobili”, con piena facoltà di operare a vantaggio della “famiglia” ospitaliera. La durata della carica fu in seguito trasformata da vitalizia ad annuale, conservando ogni anno 4 deputati anziani affiancati a 13 di nuova elezione (il numero complessivo fu ridotto a 17). Gli Statuti furono approvati nella forma definitiva da Lodovico Sforza nel 1492 e le modalità di elezione dei deputati rimasero in vigore, con modifiche non sostanziali, fino al XVIII secolo. Nel 1503 Luigi XII, re di Francia e duca di Milano, concesse all’Ospedale i privilegi destinati ai luoghi pii del ducato, confermando quelli di cui già disponeva. L’ente godeva dell’esenzione dalle decime, dazi e gabelle, poteva adire ad eredità anche in contrasto ai decreti vigenti, stipulare contratti e cedere beni liberamente, sottrarsi ai carichi ecclesiastici.
Gli obblighi e i compiti degli ufficiali dell’Ospedale erano stabiliti dalle costituzioni annesse agli statuti: le figure più importanti priori, ministro, tesoriere ed economo avevano carica annuale ed erano affiancati da una serie di ufficiali minori, impiegati nella cura dei malati e nella amministrazione. A fine mandato i conti del tesoriere e del ministro erano rivisti dal Comune e dal Consorzio del clero.
Il primo malato fu accolto nell’aprile 1467, ma l’attività ospedaliera fu da subito così intensa che già dal 1504 iniziarono lavori di ampliamento delle strutture che proseguirono per secoli. Nella seconda metà del XVIII secolo l’area ospedaliera occupava più di 11.000 metri quadri in un isolato compreso tra le vie Gorini, Bassi e piazza S. Francesco.
Oltre a provvedere al ricovero dei malati l’Ospedale elargiva sostegni e sussidi a diverse categorie di bisognosi erogando rilevanti parti delle sue rendite in particolare al mantenimento degli esposti, all’assistenza alle partorienti segrete, ai pellegrini. Assolvendo alle volontà specifiche di alcuni benefattori cure particolari erano destinate anche ai malati cronici (lascito di Giulio Sacchi del 1571) e ai convalescenti. Erogazioni in natura (pane, vestiti, legna e carbone) e doti in denaro erano consegnate a fanciulle povere, a vedove, a famiglie indigenti.
Nei primi due secoli dalla fondazione l’Ospedale conobbe una grande espansione arrivando a contare oltre 200 letti; una cattiva amministrazione pare ne causasse una grave decadenza alla fine del XVII secolo in cui c’erano, a disposizione degli ammalati solo 30 posti. Alla fine del ‘700, grazie anche al maggior controllo del governo austriaco, che aggregò all’Ospedale i redditi di 13 tra confraternite e scuole e istituti assistenziali come la Casa della Provvidenza che assisteva donne traviate, e a una più oculata amministrazione, i letti diventarono un centinaio.
Gli avvenimenti bellici seguiti all’occupazione francese e alla battaglia contro le truppe napoleoniche presso il ponte di Lodi del 1796 segnarono pesantemente la vita ospedaliera. I malati furono sfollati per far posto ai soldati feriti, la normale amministrazione fu sospesa. Tra richieste di rimborsi avanzati dalla direzione dell’Ospedale per i danni di guerra, la cura dei soldati (un ospedale militare fu aperto nel 1805) e la requisizione di beni del nosocomio da parte della Municipalità di Lodi, la situazione di incertezza amministrativa proseguì fino all’istituzione della Congregazione di Carità di Lodi. La Congregazione fu costituita per disposizione del Ministero dell’Interno del Regno d’Italia il 5 agosto 1808 e organizzata in due sezioni: la prima amministrava l’Ospedale Maggiore ed i due Orfanotrofi maschile e femminile, la seconda l’Istituto elemosiniere e il Monte di Pietà.
Terminata la dominazione napoleonica, la Lombardia rientrò in possesso dell’Austria nel 1815 e l’amministrazione generale degli Istituti di beneficenza di Lodi restò ancora concentrata nella Congregazione di Carità. Le Congregazioni furono nominalmente sospese nel 1819, pur continuando a funzionare provvisoriamente in attesa che la Commissione centrale di beneficenza, istituita dal Governo austriaco, approntasse una nuova riforma degli istituti assistenziali.
Nel 1825 le Congregazioni di Carità furono definitivamente soppresse e gli stabilimenti che le componevano vennero separati liquidandone attività e passività. Le amministrazioni di tutte le opere pie lodigiane avevano le loro rappresentanze collegiali riunite nella cosiddetta “Generale”. Il rappresentante dell’Ospedale Maggiore, l’Istituto più importante, assumeva per consuetudine la presidenza di questa congregazione generale. L’Ospedale era materialmente diretto da un Direttore medico, che ne assumeva la Direzione sanitaria, organizzativa e del personale, affiancato da un Amministratore che gestiva la parte finanziaria e la cassa.
Questa situazione rimase invariata fino al 18 settembre 1862, quando in ottemperanza alla legge delle Opere Pie del 1860, le vecchie amministrazioni furono sciolte, dichiarando istituita la nuova Congregazione di Carità. L’organismo amministrativo fu insediato in Lodi con decreto reale del 26 luglio 1863; in base al nuovo ordinamento la direzione dell’Ospedale lodigiano e degli annessi (3) fu affidata al Consiglio degli Ospitali, composto da un presidente e quattro membri.
La Congregazione di Carità limitava le sue competenze alla Casa d’industria, al Monte di Pietà e ai Luoghi pii elemosinieri. Il primo presidente del Consiglio degli Ospitali fu l’ingegnere Dionigi Biancardi.
Tra la fine dell’Ottocento ed i primi anni del Novecento l’Ospedale conobbe una notevole espansione costruttiva. Furono edificati nuovi reparti e comparti, tra i quali quello chirurgico, il reparto per le malattie infettive, un padiglione maternità e pediatria dedicato a Vittorio Emanuele II e un nuovo comparto radiologico.
Tra il 1912 e il 1914, analogamente a quanto accadeva a Milano, l’Ospedale lodigiano dovette giungere alla soluzione della cosiddetta questione ospedaliera. Andava cioè sanato il grave sbilancio che gli istituti ospedalieri avevano accumulato per l’assistenza dei malati poveri, non solo della città, ma anche del circondario, così come spettava per disposizione statutaria fin dalla fondazione, e ridefinito un nuovo assetto territoriale dell’assistenza ospedaliera.. Nel 1912 la Commissione centrale di Beneficenza amministrata dalla Cassa di risparmio delle Provincie Lombarde stanziava 25 milioni di lire per il miglioramento dell’assistenza ospedaliera in Lombardia. 11 milioni furono destinati all’Ospedale Maggiore di Milano e 14 agli ospedali della regione. Il finanziamento consentì che fosse demandata all’Ospedale di Codogno la cura dei malati poveri del mandamento di Codogno e Maleo (16 comuni) sollevando così l’Ospedale Maggiore di Lodi dall’obbligo che aveva assunto per secoli.
Parzialmente risanato il bilancio e definite le nuove competenze territoriali, l’Ospedale continuò la sua attività assistenziale attraverso i periodi travagliati delle guerre mondiali e della ricostruzione.
Le successive trasformazioni amministrative dell’Ospedale Maggiore di Lodi (denominazione ribadita ufficialmente con deliberazione 23 gennaio 1947) seguono le disposizioni legislative statali e regionali.
In particolare: dal 1968 con la legge 132, gli ospedali che fino ad allora facevano capo nella maggioranza dei casi ad enti di assistenza e beneficenza, subirono un processo di profonda trasformazione e vennero riconosciuti come enti ospedalieri.
Dopo il 1978 fu istituito il Servizio Sanitario Nazionale con l’abolizione delle casse Mutue e dal 1992/93 le Unità Sanitarie Locali e le Aziende Ospedaliere. A partire dal 2001 le Regioni assumono maggiori competenze in campo sanitario: con decreto della Giunta Regionale n° 1190 del 30 gennaio 2002 l’Ospedale di Lodi diventa uno dei 4 presidi territoriali della Azienda Ospedaliera della Provincia di Lodi insieme al presidio di Casalpusterlengo, Codogno e Sant’Angelo Lodigiano.
1 I 17 ospedali aggregati erano: S. Spirito della Carità di Lodi; S. Maria de’ Tizzoni di Lodi; S. Maria di Virolo di Lodi; S. Elisabetta di Lodi; S. Giacomo di Lodi; SS. Simone e Giuda nei sobborghi; SS. Bassano e Alberto nei sobborghi; S. Sepolcro oltre l’Adda; SS. Giacomo e Filippo della Misericordia alla Torre di Fanzago; S. Maria d’Arlano a Paullo; S. Giovanni Battista di Tavazzano; S. Salvatore di Graffignana; S. Michele di Brembio; S. Giov. Battista di S. Colombano; S. Alberto di Castione; S. Pietro in Pirolo di Gerra di Pizzighettone; S. Mamerto di Castelnuovo Bocca d’Adda.
2 L’immagine della colomba con il ramo d’ulivo nel becco fu adottata come emblema ufficiale dell’ospedale, così come fece anche l’Ospedale Maggiore di Milano.
3 Erano considerati annessi al Maggiore l’Ospedale degli Incurabili (Cronici), dei Pazzi e l’Ospizio degli Esposti.. Gli ultimi due furono chiusi nel 1869 e le loro funzioni furono demandate ai corrispettivi istituti provinciali con sede a Milano.
Schedatori
Daniela Bellettati – archivista
Daniela Fusari – archivista
Complessi archivistici
- Ospedale maggiore di Lodi (1155 - 1970)
Link risorsa: http://lombardiarchivi.servizirl.it/creators/7787