Ospedale maggiore di Lodi ( 1457 - )

Tipologia: Ente

Sede: Lodi

Codici identificativi

  • MIDB001715 (PLAIN) [Verificato il 22/10/2013]

Profilo storico / Biografia

L’Ospedale Maggiore di Lodi fu fondato nel 1457, nell’ambito del processo di concentrazione delle istituzioni ospedaliere che caratterizzò l’area padana in quel secolo. Su proposta dei Decurioni, il vescovo Carlo Pallavicino decretò l’aggregazione degli ospedali laudensi, con i relativi patrimoni, a quello di Santo Spirito della carità. Subito dopo (1459) cominciarono i lavori per la costruzione della nuova e più ampia sede, ispirata al modello a crociera ideato da Antonio Averulino, detto il Filarete. Il giuspatronato del nuovo “Maggiore”, che conservò lo stemma (la “colombetta”) del Santo Spirito, fu attribuito alla Città: l’amministrazione fu affidata a una Confraternita di sette delegati – poi (1466) divenuti ventidue e infine (1482) ventitré – la cui nomina doveva essere approvata dal vescovo. In seguito (1492), per volontà del duca di Milano Gian Galeazzo Maria Sforza, le cariche, inizialmente vitalizie, divennero annuali, secondo un meccanismo di rotazione simile a quello formulato nel 1456 per il Capitolo dell’Ospedale Maggiore di Milano: il consiglio sarebbe stato formato da diciassette deputati elettivi, oltre al podestà e al commissario ducale.

Accanto alla cura e al ricovero dei malati poveri, che non formano oggetto di questo profilo, l’Ospedale di Lodi era destinato, fin dalla sua fondazione, ad accogliere anche i bambini esposti presso la sua sede o in luogo pubblico, purché fossero figli di persone povere, come ammoniva nel 1509 la bolla di scomunica di Giulio II, richiesta dai deputati lodigiani contro i genitori non indigenti che abbandonavano i figli al Luogo pio senza poi indennizzarlo (1). Per l’accoglimento dei neonati fu aperto, non si sa con precisione da quale epoca, un torno o ruota. Allo stato attuale della ricerca non è noto quali forme peculiari assunse nei secoli successivi l’assistenza materno-infantile. E’ probabile che alcune innovazioni siano state introdotte a partire dagli ultimi decenni del Settecento, quando, con l’età delle riforme, anche il nosocomio lodigiano fu coinvolto nel processo di riorganizzazione e pubblicizzazione delle opere pie e nel parallelo potenziamento del profilo medico-scientifico degli enti ospedalieri. Tale processo vide, infatti, non solo la sostituzione dei delegati cittadini con funzionari di nomina governativa e l’apertura di una scuola di chimica e chirurgia pratica, ma anche la creazione di nuovi reparti destinati alle puerpere “segrete” e agli esposti, nonché l’inaugurazione di una scuola-convitto di ostetricia per levatrici comunali. Durante la seguente epoca napoleonica, la concentrazione amministrativa – su scala comunale – degli ospedali, degli ospizi e degli orfanotrofi, nonché degli enti elemosinieri nella Congregazione di carità (1807) determinò l’assegnazione della gestione dell’Ospedale Maggiore ai funzionari della Prima sezione della Congregazione. L’organismo fu sciolto (1819) dal restaurato governo austriaco che, tuttavia, qui come altrove, mantenne il controllo statale sull’ente.

La prima traccia di regolamento per il Luogo Pio degli esposti di Lodi è un progetto compilato nel 1822 dal direttore Enrico Morandini, “sulle tracce di quello dato per modello dall’I.R.Governo” (2), e permette di conoscere quali fossero, in quegli anni, le pratiche in uso relativamente all’"accettazione, mantenimento ed educazione degli esposti". Erano accolti sia gli esposti nel torno e in luogo pubblico – in città e nel territorio di sua pertinenza -, sia i bambini nati nel comparto destinato alle puerpere “segrete”, sia quelli partoriti nelle crociere da donne maritate miserabili o malate, sia, per soli sette mesi di baliatico gratuito, i figli legittimi di madri povere inabili all’allattamento, sia, infine e più raramente, i fanciulli “abbandonati e profughi” che venivano inviati da qualche autorità o, mediante compenso, da qualche comune. Dopo l’ingresso, i neonati erano affidati alle cure delle nutrici interne, battezzati, vaccinati e al più presto inviati presso le balie di campagna, che, in cambio, ricevevano una mercede mensile e il corredo per il bambino. Il pagamento delle “pensioni” e le somministrazioni di vestiario per gli esposti collocati all’esterno cessavano con il quindicesimo anno, salvo il diritto delle ragazze a ricevere una dote di 50 lire milanesi all’atto del matrimonio. I pochi assistiti che restavano nella “famiglia interna” del Luogo Pio avevano un diverso trattamento a seconda che fossero maschi o femmine. I ragazzi erano affidati ad un maestro che, oltre a provvedere alla loro istruzione ed educazione, doveva condurli ogni giorno a lavorare presso botteghe artigiane, finché, a diciotto anni, venivano dimessi. Le ragazze, invece, recluse sotto la guida di una priora, si prendevano cura della “formazione, riparazione, manutenzione, cambio, consegna e riconsegna per il bucato” di tutta la biancheria per uso interno dell’Ospedale, attività per la quale ricevevano 8 centesimi ogni giorno feriale. Erano ospitate fino al momento del loro “stabile collocamento”, che consisteva nel matrimonio, grazie alla dote concessa da un benefattore, oppure nell’andare stabilmente a servizio presso una famiglia che offrisse adeguate garanzie di tutela.

Dal punto di vista amministrativo, secondo il Regolamento del 1822, gli esposti e le esposte restavano in carico all’ufficio di Balieria fino all’età di sei anni, dopodiché divenivano competenza dell’Economato, cioè dell’ufficio generale che curava “tutti gli oggetti economici relativi ai vari rami in detto locale esistenti”. Quando i bambini e le bambine raggiungevano i sei anni, l’Economato provvedeva alla verifica delle singole posizioni e, secondo le risultanze, confermava l’affidamento alle famiglie o disponeva il rientro degli assistiti e il loro trasferimento presso altre persone.

Il 1° gennaio 1869, in seguito all’aggregazione della provincia di Lodi a quella di Milano, il Luogo Pio degli esposti fu staccato dall’Ospedale Maggiore di Lodi e aggregato, come “filiale”, all’Ospizio provinciale degli esposti e delle partorienti di Milano.

(1) Timolati 1883, pp. 106-107

(2) Progetto di regolamento Lodi 1822

Complessi archivistici

Soggetti produttori

Fonti

  • Canella, Dodi, Reggiani 2008 = M. Canella, L. Dodi, F. Reggiani (a cura di), "Si consegna questo figlio". L'assistenza all'infanzia e alla maternità dalla Ca' Granda alla Provincia di Milano (1456-1920), Milano, Skira, 2008
  • Timolati 1883 = A. Timolati, Monografia dell'Ospitale Maggiore di Lodi del sac. prof. cav. Andrea Timolati, Lodi, Tipografia Cima e Moroni, 1883
  • Bassi 1981 = A. Bassi, Ospedale Maggiore di Lodi. Cenni storici, Lodi, Banca Popolare di Lodi, 1981
  • Agnelli 1950 = Giovanni Agnelli, Ospedale di Lodi. Monografia storica, Lodi, 1950
  • Progetto regolamento Lodi 1822 = Progetto di regolamento per il P.L. degli esposti di Lodi compilato sulle tracce di quello dato per modello dall'I.R. Governo, in Archivio Ospedale Maggiore di Lodi. Sezione moderna. Carteggio. Amministrazione. Esposti.

Compilatori

  • Flores Reggiani (Archivista)