Officio delle notificazioni di Bergamo ( 1639 - )

Tipologia: Ente

Profilo storico / Biografia

L’istituzione dell’Archivio generale nel 1613, non aveva magicamente risolto tutti i problemi organizzativi che si presentavano a chi esigeva un’efficiente servizio di tutela, raccolta, conservazione ed utilizzo per fini pratico-amministrativi della cospicua mole di carte prodotte dai notai nel passato e quotidianamente accresciuta dalla loro attività.
Fu così che nel gennaio del 1638, uno dei collegiati, Gerolamo Carrara Benaglio, presentò al Senato una supplica in cui, dopo aver descritto “i disordini… che si provano per non trovarsi alle volte instrumenti, testamenti, procure et altre scritture de quali sono rogati li Nodari a beneficio cosi del publico come di privati”, proponeva l’istituzione di una nuova struttura descritta come “officio delle denotationi di tutti gli istromenti che si faranno in questa città et territorio” chiedendone la gestione cinquantennale per sé ed i propri eredi. Forte del consenso espresso dal Collegio e dal Consiglio della città, l’anno successivo il Carrara Benaglio vide accolta dal Senato la propria istanza, salvo la riduzione a vent’anni della concessione.
Veniva così fatto obbligo a tutti i notai di presentare a detto ufficio ogni due o tre mesi (a seconda che esercitassero in città o nel territorio) un elenco (detto “polizza”) di tutti i testamenti, procure, istrumenti e altre scritture da essi redatti, in cui dovevano essere precisati il tipo di atto, il nome dei contraenti, luogo e data della stipulazione. Ciò per consentire al titolare dell’ufficio di redigere le rubriche alfabetiche dei contraenti (e, separatamente, quelle dei testatori), che permettessero a chiunque volesse ritrovare una scrittura di risalire agevolmente al nome del notaio rogatario ed ottenerne, se necessario, la copia.
Il Carrara Benaglio ed i suoi successori dovevano rilasciare ricevuta ai notai dell’avvenuta consegna delle polizze, conservarle in filza, curare il tempestivo aggiornamento delle rubriche (entro un mese dalla ricezione delle polizze) e sostenere le spese di funzionamento dell’ufficio con i proventi costituiti dalle somme versate dai notai all’atto della presentazione della polizza, avendole a loro volta riscosse dai clienti […]. Nessun diritto era invece dovuto per la consultazione delle rubriche alfabetiche delle parti e dei testatori, che la persona preposta all’ufficio era tenuta a mostrare a chiunque ne facesse richiesta.
Avevano così origine le serie delle polizze, dei “registri dei notai insinuanti le polizze di notifica”, degli “indici dei testamenti” e dei cosiddetti “indici delle parti” presenti nell’inventario che segue.
Il meccanismo funzionò, a quanto pare senza intoppi, fino allo scorcio del secolo XVIII, quando toccò alla Repubblica Bergamasca stigmatizzare “la imperdonabile negligenza di molti nodari di questa città e provincia nel notificare all’Officio a tal effetto eretto, i loro rogiti con le rispettive note giurate, in quel tempo che le leggi del passato governo e dal presente in questa parte adottate, prescrivono.”
Fu perciò richiesto agli inadempienti di ottemperare alle disposizioni entro otto giorni (elevati a venti per i notai del territorio) e di attenervisi per il futuro sotto pena dell’immediata radiazione e di una multa di 20 zecchini, mentre a coloro che avessero regolarmente presentato le proprie polizze veniva richiesto di autocertificarlo con una “fede giurata di aver ciò fatto”.
Dopo un ulteriore, energico richiamo, formulato l’8 maggio 1800 da parte della Regia Congregazione delegata al governo della città, la presentazione delle polizze poté continuare fino alla definitiva soppressione del Collegio e all’emanazione del nuovo Regolamento sul Notariato (1806).
Maggiore difficoltà dovette incontrare invece il regolare aggiornamento delle rubriche dette Indici delle parti la cui serie, oltre alla vistosa lacuna riguardante gli anni dal 1775 al 1786, mostra notevoli incertezze di compilazione nel periodo 1787-1792; preludio alla sospensione del lavoro che, interrottosi nel 1793, fu ripreso solo nel 1807 in applicazione dell’art. 129, titolo V, del Regolamento napoleonico.
Tra il 1758 ed il 1761 però, altri adempimenti assai sgraditi erano andati ad aggiungersi a quelli cui erano assoggettati i notai. Si trattava della stesura delle minute degli atti su “quinternetti cuciti e numerati” e della loro registrazione su protocolli bollati corredati dai relativi indici. Minute e protocolli dovevano essere presentati una volta all’anno (“nel mese di marzo ed anco in qualunque tempo ad arbitrio della Pressidenza del Collegio de nodari”) alla vidimazione del cancelliere del Collegio che provvedeva a registrare l’avvenuta verifica ed il suo esito. L’efficacia di queste misure di controllo fu però compromessa dalla difficoltà ad ottenere che recalcitranti notai vi si assoggettassero regolarmente. […]

Complessi archivistici

Compilatori

  • Prima redazione: Schiavini Trezzi, Juanita (archivista)
  • Revisione: Dilda, Giovanni Luca (archivista)