Chiara, Piero ( Luino (VA), 1913 marzo 23 - Varese (VA), 1986 dicembre 31 )

Tipologia: Persona

Profilo storico / Biografia

Piero Chiara nasce a Luino il 23 marzo 1913, in casa Zanella, figlio di Eugenio (1867-1963), impiegato siciliano presso la R. Dogana, e di Virginia Maffei (1879-1957), originaria del Vergante, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, collaboratrice del negozio di cappelli, ceste e ombrelli gestito dal fratello nella cittadina lacustre.
Gli anni della scuola sono tormentati, segnati da scarso impegno, bocciature, abbandoni e trasferimenti: iscritto alle scuole elementari di Luino, Chiara prosegue i suoi studi in due collegi privati (1), abbandona temporaneamente la scuola (diventando apprendista di un fotografo luinese) per poi iscriversi all’Istituto Omar di Novara, nel tentativo di conseguire il diploma di perito meccanico; seguito da un’insegnante svizzera, si prepara agli esami da privatista e ottiene la licenza complementare che consegue nel giugno 1929.
Nonostante i modesti risultati scolastici, l’adolescenza di Chiara è l’inizio della sua grande passione per la lettura, che gli fornisce attraverso la scoperta di tutti gli autori italiani e stranieri, conservati nella biblioteca parrocchiale di Luino, un’ampia e profonda cultura letteraria.
L’irrequietezza del giovane, che si scontra con la severità del padre, desideroso di un impiego tranquillo per il figlio, lo spinge a trasferirsi a Milano, dove lavora nuovamente in un laboratorio fotografico (la fotografia sarà una grande passione della sua giovinezza) e a viaggiare per quasi due anni tra Roma, Napoli e la Francia, in cui si dedica a vari mestieri (2).
Tornato in Italia nel 1931, dopo lunghi periodi trascorsi in ozio, il padre lo induce a partecipare ad un concorso bandito dal Ministero di Grazia e Giustizia per aiutante di cancelleria; risulta tra gli idonei, ma per il momento non è compreso tra i vincitori assegnatari d’incarichi. Inizia a scrivere su alcuni periodici locali (3). A ottobre è assunto dall’Amministrazione giudiziaria prima presso la Pretura di Pontebba nell’Alta Carnia, poi trasferito ad Aidussina in Slovenia, all’epoca parte del Regno d’Italia, e, infine, a Cividale del Friuli, alternando al «lavoro la stecca e le carte» (4). Colto in atteggiamenti compromettenti con un’utente in ufficio, per evitare il licenziamento finge un esaurimento nervoso, che gli permette di ottenere un congedo per motivi di salute che trascorre tra Trieste e Venezia, dove, presso la Biblioteca Marciana, viene a conoscenza per la prima volta degli scritti di Giacomo Casanova. Nel 1934 ottiene il trasferimento presso la Pretura di Varese; il lavoro amministrativo non lo entusiasma, ma non lo impegna («un posto (…) che gli avrebbe garantito sonni saporiti tra i codici, una certa esperienza dell’umanità e lunghe, preziose letture dei libri amati» (5)).
Chiara intreccia una storia d’amore con una liceale di Losanna, Jula Scherb, figlia di un illustre ortopedico di Zurigo, che diventerà sua moglie l’anno seguente, con una cerimonia estremamente intima, celebrata a Milano nella basilica di Sant’Ambrogio il 20 ottobre 1936; nel 1937 nasce il suo unico figlio Marco.
Il matrimonio è presto in crisi, reso sempre più difficile dalle incomprensioni tra i coniugi (6): Jula decide d’iscriversi alla facoltà di farmacia presso l’Università di Pavia e il figlio è affidato alle cure della nonna materna in Svizzera e poi messo in collegio.
Nel 1939 Chiara vince il suo primo premio letterario in un concorso varesino per racconti ispirati alle leggende lombarde, dove presenta un testo che racconta la storia di un miracolo, avvenuto sulle rive del lago nel 1447, per opera di un fraticello carmelitano di nome Jacobino.
Medita il trasferimento in Sudamerica, ma l’esplosione della Seconda guerra mondiale ferma i suoi propositi, nonostante il visto già ottenuto per la Bolivia.
Per il suo spirito libero, Chiara nell’Italia del regime ha fama di antifascista; è accusato di essere un “mormoratore” e viene espulso dal PNF, cui era stato iscritto d’autorità in quanto dipendente statale. A seguito della destituzione e dell’arresto del Duce, il 25 luglio 1943, una farsesca requisitoria da lui organizzata al Tribunale di Varese, con la raccolta e la chiusura di tutti i ritratti del Duce nella gabbia degli imputati, gli procura un mandato di cattura del Tribunale speciale provinciale di Varese «per atti di ostilità verso il Partito Fascista Repubblicano». Con la fondazione della Repubblica di Salò, infatti, il fascismo rialza la testa e la situazione di Chiara diventa difficile; è costretto ad attraversare clandestinamente il confine e cercare riparo in Svizzera, dove gli viene riconosciuto lo status di rifugiato. All’inizio il soggiorno elvetico è tutt’altro che semplice, Chiara è inviato in diversi campi di lavoro, ma grazie all’intervento del vescovo di Lugano ottiene l’incarico di bibliotecario all’Istituto Maghetti vicino a Mendrisio e poi quello di professore di italiano, storia e filosofia presso l’istituto Montana di Zugerberg. Da questo momento si aprono per lui prospettive diverse con la lunga collaborazione con il “Giornale del Popolo” (7) e la pubblicazione a Poschiavo del suo primo volume: una raccolta di poesie dal titolo Incantavi (1945).
Tornato in Italia, Chiara si dedica a diverse professioni (8), fino alla reintegrazione negli uffici varesini dell’Amministrazione giudiziaria.
A cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta, amplia le sue collaborazioni con quotidiani e periodici letterari, attraverso la pubblicazione di recensioni, articoli di costume e cronache di viaggio. Gli anni del dopoguerra sono anni di nuove conoscenze soprattutto in ambito letterario ed artistico, di cui è traccia evidente il vasto carteggio conservato a Varese; Chiara è un conversatore e conferenziere brillante, organizzatore di mostre d’arte, ma anche membro della Massoneria e iscritto al Partito Liberale, di cui ricopre incarichi provinciali e nazionali.
Conclusa un’importante storia d’amore con una giovane poetessa, lo scrittore conosce Irma Adele Buzzetti, detta Mimma (1910-1997), con cui decide di andare a convivere nel 1955 e che sposerà nell’ottobre 1974.
Al raggiungimento del venticinquesimo anno di impiego, con il ruolo di cancelliere di seconda classe, nel 1957 Chiara va in pensione e può dedicarsi, senza più distrazioni, alle sue passioni letterarie, venatorie e artistiche.

Una sera d’inverno 1957/58, Chiara, a cena da Angelo Romanò, «incanta i convenuti con storie di gioco vissute nella Luino entre-deux-guerres» (9); tra gli ospiti Vittorio Sereni che lo ascolta con grande interesse e lo invita a stilare una lettera con i suoi ricordi. Chiara compone subito due lettere-racconto (10), che, grazie all’interessamento di Sereni (11), ammirato dalle capacità di Chiara che è un «narratore orale di potenza e fascino inarrivabili, dagli occhi mobili e fiammeggianti dietro le spesse lenti degli occhiali» (12), saranno proposte dal poeta a Giambattista Vicari, che le pubblica sulla sua rivista “Il Caffè”: la prima nel settembre 1958, col titolo I giocatori, la seconda, nel settembre 1959, dal titolo Storia di una tenutaria.
Queste pubblicazioni sulla rivista romana e l’uscita, con uno strepitoso successo di pubblico e critica, nel marzo 1962, del suo primo romanzo Il piatto piange, nato da quel materiale narrativo contenuto nelle due lettere-racconto, segna, a quarantanove anni, l’inizio della carriera e dell’ascesa letteraria di Piero Chiara.
Da allora egli si dedica pienamente all’attività narrativa, attraverso la pubblicazione di racconti e romanzi, la scrittura di soggetti, trattamenti e sceneggiature per il cinema e la televisione, di studi e ricerche sulla vita e le opere di Giacomo Casanova e Gabriele D’Annunzio, scritti d’arte o per libri d’artista, contributi a volumi fotografici, traduzioni, curatele e introduzioni a testi letterari, articoli ed elzeviri sulla stampa periodica (13).
Il successo editoriale, la popolarità di film e sceneggiati tratti dalle sue opere, l’attività di brillante giornalista e conferenziere e i riconoscimenti letterari ed istituzionali (14) ampliano la fama dello scrittore, anche al di fuori dei confini nazionali.
Colpito da una grave malattia, Piero Chiara muore a Varese il 31 dicembre 1986, poco dopo aver corretto le bozze del suo ultimo romanzo Saluti notturni dal Passo della Cisa.

Note
(1) Collegio dei Salesiani San Luigi di Intra e collegio De Filippi di Arona.
(2) Esattore di affitti presso case popolari a Nizza, traduttore di notizie, tratte dalla stampa, da inviare all’Agenzia Stefani, giocatore al casino di Montecarlo e sguattero presso un grande albergo in Costa Azzurra.
(3) Come “Il Corriere del Verbano”, “La provincia di Varese” e “L’avvenire del Verbano”, organo del luinese Partito Nazionale Fascista.
(4) Cronologia di Mauro Novelli in Piero Chiara, Racconti, a cura di Mauro Novelli, Milano, I Meridiani Mondadori 2006, p. LVIII.
(5) Cronologia di Mauro Novelli…, p. LVII.
(6) Il loro rapporto si chiude definitivamente nel 1947 con la separazione.
(7) La collaborazione si chiude nel 1962, con l’uscita del suo primo romanzo Il piatto piange, quando il direttore sostenuto dall’ala più conservatrice del fronte cattolico ripubblica sulle pagine del quotidiano la stroncatura del romanzo comparsa sull’“Osservatore romano”. «Suscita scandalo la scena della visita del prevosto al casino (cap. VIII), peraltro modellata dal vero» (Cronologia di Mauro Novelli…, p. LXXV).
(8) Rappresentante di una conceria di Verolanuova (Brescia), mercante d’arte e commercio di olio e di altre derrate alimentari.
(9) Cronologia di Mauro Novelli…, p. LXXII.
(10) In archivio è conservata la prima lettera-racconto completa e un lacerto della seconda. Vedi b. 5, fasc. 1.
(11) «A giudicare dai reperti epistolari che ci sono pervenuti, l’idea di far esordire Chiara magari su una “rivistina”, purché fosse una “rivistina” destinata ad “un pubblico ben selezionato”, sembra essere venuta a Sereni». Piero Chiara, I bei cornuti d’antan e altri scritti del “Caffè”, a cura di Federico Roncoroni, Francesco Nastro editore, Luino 1996, p. VI.
(12) Cronologia di Mauro Novelli…, p. LXXII.
(13) Nella seconda metà degli anni Sessanta, Giovanni Spadolini, su consiglio del poeta Marino Moretti, chiama Chiara al “Resto del Carlino” (1966) e poi al “Corriere della sera” (1969).
(14) Nomina a cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana (1982).

Bibliografia

Giuseppe Antonio Camerino, “Chiara, Piero” in Enciclopedia Italiana, 1991, vol. V – Appendice (www.treccani.it/enciclopedia/piero-chiara_(Enciclopedia-Italiana)
Mauro Novelli, Cronologia in Piero Chiara, Racconti, a cura di Mauro Novelli, Milano, I Meridiani Mondadori 2006, pp. XLVIIXCII
Mauro Novelli, “Chiara, Piero” in Dizionario biografico degli Italiani, 2013 (www.treccani.it/enciclopedia/piero-chiara_(Dizionario-Biografico)
Federico Roncoroni, Nota introduttiva in Piero Chiara, I bei cornuti d’antan e altri scritti del “Caffè”, a cura di Federico Roncoroni, Luino, Francesco Nastro 1996

Complessi archivistici

Compilatori

  • Prima redazione: Dilda, Giovanni Luca (archivista) - Data intervento: 03 luglio 2025