Orfanotrofio maschile di Milano ( 1532 - )
Tipologia: Ente
Tipologia ente: Ente di assistenza e beneficenza
Condizione: pubblico
Sede: Milano
Profilo storico / Biografia
La fondazione dell’Orfanotrofio maschile dei Martinitt risale al crepuscolo del ducato
sforzesco, tra il 1532 e il 1533. Le occupazioni, le invasioni e le guerre succedutesi sotto
l’ultimo duca milanese, avevano creato povertà e miseria nelle classi subalterne, facendo
lievitare la piaga endemica della mendicità.
In questo contesto sociale la creazione di un nuovo ricovero intese provvedere alle
elementari necessità dei tanti fanciulli in stato di abbandono. L’iniziativa fu di un nobile
veneziano, Gerolamo Emiliani, che aveva già fondato diversi luoghi di ricovero a Brescia, Bergamo e Somasca.
Nella città ambrosiana il primo ricovero sorse nei pressi dell’odierna via
Morone, dove, per la vicinanza con la chiesa di San Martino, i ragazzi ebbero da allora il
nome di Martinitt.
Il luogo pio era amministrato da 18 deputati, esponenti della nobiltà cittadina, mentre la
direzione era affidata ai padri della Congregazione Somasca.
Gli istitutori posero sempre grande attenzione all’educazione: fin dal Cinquecento si
impartiva un’istruzione elementare e si insegnavano quei fondamenti di arti manuali
che avrebbero permesso ai fanciulli di entrare attivamente nel mondo del lavoro.
Nel 1772 Maria Teresa d’Austria, nell’ambito della politica di riforme assistenziali
condotta dai sovrani nella seconda metà del secolo, destinò ai Martinitt una sede più ampia: il
soppresso monastero di San Pietro in Gessate, di fronte all’odierno tribunale.
Nel 1778 il capitolo dei deputati approvò un nuovo regolamento organico, in applicazione
dei decreti teresiani e giuseppini in materia assistenziale, in cui ogni aspetto della gestione
amministrativa era sottoposto, attraverso procuratori, all’immediato controllo del governo, mentre l’insegnamento e la direzione spirituale erano sempre affidate ai padri somaschi.
Vennero in questo periodo aboliti una serie di doveri tradizionali, come l’accompagnamento ai funerali e la questua e la tonaca fu sostituita da una divisa laica; venne inoltre dato forte impulso all’istruzione tecnica e pratica, una caratteristica che fu mantenuta anche nel secolo successivo, quando l’Orfanotrofio era qualificato dalle molte “officine interne”.
Presso l’Istituto venivano accolti ragazzi di almeno 7 anni, tramite segnalazioni al
Capitolo dei deputati, orfani di uno solo o di entrambi i genitori, dimessi al compimento dei
18 anni.
In questo periodo il luogo pio venne dotato di cospicue donazioni, per garantirne i redditi
necessari alla sua amministrazione: nel 1772 vennero destinati i beni della soppressa
Inquisizione di Milano e di Como, nel 1776 quelli dell’ospedale di San Giacomo dei Pellegrini
e quelli dei santi Pietro e Paolo dei Pellegrini, e infine quelli dell’Orfanotrofio di Santa
Caterina e San Martino.
Grande eco ha sempre suscitato il ricordo dei martinitt durante le insurrezioni del 1848,
quando i ragazzi vennero utilizzati dagli insorti come staffette portaordini tra le barricate.
Lo stato italiano, all’indomani dell’Unità, intervenne con apposite legislazioni per
disciplinare il complesso mondo dei luoghi pii e degli istituti di assistenza. Dal 1863
l’Orfanotrofio dei Martinitt fu governato da un unico consiglio di amministrazione, unitamente
all’Orfanotrofio delle Stelline e al Pio Albergo Trivulzio. Vennero rivisti statuti e regolamenti
del luogo pio: l’educazione degli orfani diventò il punto centrale “affinché fatti saggi,
intelligenti e laboriosi riescano utili a sé e alla società, alla quale vanno restituiti”.
Per il ricovero nell’Orfanotrofio, oltre alla dichiarazione di povertà, occorreva essere
orfani dei genitori (o almeno del padre), essere cittadini italiani e residenti nel comune di
Milano. L’età per l’ammissione era compresa tra i 7 e i 10 anni e occorreva superare la visita
medica e un semestre di prova, al termine del quale il ricovero in istituto diventava definitivo.
L’Orfanotrofio ebbe allora due sezioni: in una trovavano posto gli alunni della scuola elementare, nell’altra gli apprendisti operai e gli alunni delle scuole professionali (attivate dapprima con laboratori interni e in seguito trasferiti all’esterno).
Con il processo di industrializzazione, che andava trasformando l’aspetto urbanistico e la
struttura sociale, che vedeva impegnati entrambi i genitori in lunghissimi turni di
lavoro nelle fabbriche, aumentò il numero di richieste di accoglienza per ragazzi rimasti orfani; in taluni momenti l’istituto arrivò ad ospitare oltre 400 martinitt.
Durante la Grande guerra, in seguito alla trasformazione del Trivulzio in ospedale militare e al trasferimento dei suoi ospiti nello stabile di S. Pietro in Gessate, i martinitt vennero alloggiati a Canzo e a Maresso, dove possedevano due ville per le vacanze estive.
Il regime fascista fece della preparazione tecnica dei ragazzi una delle bandiere per la
“rinnovazione del popolo”; l’istituto venne allora dotato di mezzi cospicui e di una nuova e attrezzata sede, inaugurata nel 1932, nella periferia est di Milano, nel quartiere
dell’Ortica.
Questa ubicazione, durante la seconda guerra mondiale, espose l’Orfanotrofio a gravi pericoli: in prossimità dello smistamento merci ferroviarie di Lambrate e di diverse ditte impegnate nella produzione bellica, l’Istituto poteva infatti divenire bersaglio di bombardamenti. Si decise pertanto di sfollare i martinitt in parte a Fano in parte a Piano Rancio.
A questo oscuro periodo seguirono gli anni della ricostruzione, del boom economico e dell’immigrazione dal sud, che videro, all’interno delle mura dell’istituto, l’avvicendamento
di numerosissimi minori, ma anche l’affermazione di nuovi indirizzi in campo pedagogico.
Nacquero così, negli anni Settanta, le “comunità alloggio”, nelle quali ristretti gruppi di ragazzi vivono, seguiti da istitutori, una sorta di vita familiare allargata.
Bibliografia sull’Orfanotrofio maschile
- Monografia dell’Orfanotrofio maschile di Milano. Omaggio di onoranza di benefattori defunti e
viventi, Milano, stab. tip. Enrico Reggiani, 1910.
- Le varie sedi dell’Orfanotrofio maschile di Milano dalla sua fondazione (1532) al tempo
presente (1933), a cura di Aurelio Angeleri, Milano, Vallardi, s. d.
- Enzo Catania, I Martinitt. Milano tra cuore e storia, Milano 1988.
- Maria Angela Previtera, Martinitt e Stelline, istruzione e lavoro attraverso le esposizioni tra
‘800 e ’900 in 200 anni di solidarietà milanese nei 100 quadri restaurati da Trivulzio, Martinitt e
Stelline, a cura di Paolo Biscottini, Milano, Motta, 1990.
- Luisa Dodi, L’Orfanotrofio dei Martinitt nell’età delle riforme, in Dalla carità all’assistenza.
Orfani, vecchi e poveri a Milano tra Settecento e Ottocento, a cura di Cristina Cenedella, atti del
convegno, Milano, Electa, 1992.
- Antonio Barbato, Vincenzo Guastafierro, Martinitt. Trovarsi – ritrovarsi, Milano, Greco &
Greco editori, 1993.
- Associazione “ex Martinitt” Ordine e Lavoro, 120 anniversario, 1884-2004 Milano, Milano,
Associazione “ex Martinitt”, s. d.
- Trivulzio, Martinitt e Stelline. Due secoli dedicati ai poveri, Catalogo della mostra, Milano,
2004.
- La vita fragile. Dipinti,1 Origine e dotazione
Complessi archivistici
- Orfanotrofio Maschile di Milano, Direzione (1778 - 1987)
Compilatori
- Schedatura: Giorgio Sassi (archivista) - Data intervento: 16 dicembre 2015
Link risorsa: http://lombardiarchivi.servizirl.it/groups/UniPV_/creators/8892