"Beneficenza pubblica" (1835 - 1859)
22 unità archivistiche di primo livello collegateTitolo
Consistenza archivistica: 22 fascicoli
Il titolo comprende 22 fascicoli; la documentazione copre un arco cronologico che si estende dal 1835 al 1859. Le carte testimoniano di tempi di diffusa e grave povertà e delle strategie di soccorso praticate dal Comune e dalle istituzioni di assistenza e beneficenza operanti in ambito municipale nel tentativo di contenerla.
Al Comune competevano le spese di ricovero, cura e trattamento degli ammalati indigenti negli istituti ospedalieri. Testimoniano di questo servizio le carte relative alle pratiche di rimborso da parte del Comune delle spese sostenute da quegli istituti per il ricovero degli ammalati, quali ad esempio quelle relative al ricovero di Andrea Triboldi di Tignale nell’Ospedale di Riva avvenuto nel novembre del 1857. Il Triboldi, agricoltore «senza alcuna sostanza», di ritorno da Trento dove aveva lavorato alcun tempo come «carrettiere giornaliero presso l’impresa della strada ferrata sul tronco da Rovereto a Trento», era stato ferito a
Riva e consegnato a quell’ospedale dalla Gendarmeria locale. Il mantenimento e le cure somministratigli per nove giorni costarono al Comune di Tignale 13 lire e 50 centesimi (1).
Oltre che pagando loro le spese di spedalità, il Comune sovveniva i bisognosi che ricorrevano ad esso attraverso la corresponsione di sussidi in denaro o in natura. Il servizio è documentato dalle istanze dei ricorrenti, corredate dai certificati del parroco e del medico condotto che ne attestavano rispettivamente lo stato di miserabilità e di malattia, e dalle risoluzioni prese in merito dal consiglio comunale. Per tutti il caso di Girolamo Panada di Piovere, che era povero e aveva «la moglie inferma da tempo per malattia cronica ed una bambina da latte cui attesa la malattia della madre non [poteva] somministrare colle sue
poppe il necessario alimento del latte» e che, nel maggio 1856, ricorreva alla Deputazione comunale per avere un sussidio «pel mantenimento di tre mesi della figlia presso una balia» (2).
L’amministrazione pubblica interveniva anche straordinariamente, in occasione di congiunture particolarmente gravi per il sorgere di carestie o epidemie, come accadde nel 1854.
Il 16 aprile di quell’anno numerosi «comunisti» ricorrevano al Delegato provinciale di Brescia lamentando che: «Quando pressoché tutte le Deputazioni comunali gareggiano di zelo e di premure per procurare mezzi onde soccorrere i poveri nelle attuali circostanze di estrema carezza dei viveri, la sola Deputazione comunale di questo paese inerte si rimane ed inoperosa, e vede con occhio indifferente questa povera popolazione gemere negli orrori delle miseria e della fame». Sicuri che la «riprovevole condotta» dell’amministrazione non avrebbe lasciato indifferente il Delegato, lo supplicavano affinché la svegliasse «dalla
sonnolenza» in cui versava e la invitasse a provvedere «ai poveri suoi amministrati» (3). In quel caso l’intervento dell’amministrazione locale si concretizzò, oltre che nella corresponsione di sussidi straordinari in denaro e generi di prima necessità, nel dar mano «all’accomodamento del porto al Prato della fame» impiegandovi coloro che erano rimasti senza lavoro. Testimoniano la vicenda, insieme con il ricorso citato, il protocollo di straordinaria seduta del Consiglio comunale, le note degli individui soccorsi in denaro e generi di prima necessità, le dichiarazioni di sussidi ricevuti e il carteggio con l’autorità superiore (4).
Quanto alle istituzioni di assistenza e beneficenza operanti in ambito municipale, fondamentale era il ruolo rivestito dall’Istituto elemosiniero che, a Tignale come altrove, con il ritorno degli austriaci, era subentrato alla Congregazione di carità.
L’archivio del pio luogo, di recente riordinato, testimonia come esso fosse il principale depositario dei lasciti locali con le rendite dei quali sovveniva i bisognosi attraverso la distribuzione di elemosine in denaro, indumenti e viveri, parte durante l’anno e parte in occasione di certe festività del calendario liturgico. All’attività benefica dell’Istituto elemosiniero si affiancava quella di alcuni lasciti
e legati che non erano gestiti direttamente da esso ma dalle fabbricerie parrocchiali o da organi propri. Essi avevano non solo uno scopo devozionale (celebrazione di messe di suffragio) ma anche caritativo. Come il legato disposto da Marta Panada a favore dei poveri di Piovere e amministrato da quella fabbriceria parrocchiale che si prefiggeva la distribuzione a quei bisognosi di una mezza carica di «melgotto» e di altra mezza di frumento (5).
La documentazione prodotta da questi enti non documenta la loro attività di assistenza e beneficenza, ma testimonia dei rapporti tra essi, soprattutto l’Istituto elemosiniero, e l’autorità superiore; è in gran parte corrispondenza spedita e ricevuta in materia di nomina di presidente e membri dell’istituto, autorizzazione all’accettazione di legati, contenzioso, approvazione di bilanci di previsione e conti consuntivi, appalto dell’esattoria dei redditi, stipula di contratti di mutuo con privati diversi e affrancazione di capitali dati a mutuo.
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(1) Sezione Periodo francese e Restaurazione, busta 58, 21.
(2) Ibidem, busta 58, 19.
(3) Ibidem, busta 58, 17.
(4) Ibidem.
(5) Ibidem, busta 58, 5.
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