Parco nazionale dello Stelvio. Ufficio di amministrazione ( 1935 - 1995 )

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Stato

Sede: Silandro (BZ, 1935 - 1962); Bormio (SO, 1962 - 1995)

Profilo storico / Biografia

Le origini (1935 – 1943)

L’istituzione del Parco nazionale dello Stelvio fu stabilita dal Consiglio dei ministri nella seduta del 25 settembre 1934, in occasione della quale fu approvata la bozza di regio decreto legge successivamente convertito nella legge istitutiva 24 aprile 1935, n. 740. L’ente nacque con il dichiarato intento di tutelare e migliorare la flora, di incrementare la fauna e di conservare le speciali formazioni geologiche, nonché le bellezze del paesaggio e di promuovere lo sviluppo del turismo nel territorio comprendente i gruppi montani dell’Ortles e Cevedale, confinante «a nord con l’Adige; a est con il monte Marco ed il passo Rabbi; a sud con il monte Sole, Peio ed il corno dei Tre Signori; e ad ovest con la strada dello Stelvio e il confine svizzero fino a Pontevilla».
La gestione amministrativa e tecnica del Parco fu affidata all’Azienda di Stato per le foreste demaniali, ente istituito nel 1920 e posto alle dipendenze del Ministero dell’agricoltura e delle foreste, che in base alla legge 5 gennaio 1933, n. 30 era dotato di «personalità giuridica propria e gestione autonoma a tutti gli effetti» (articolo 1). L’Azienda esercitò le funzioni relative al Parco attraverso il proprio Ufficio di amministrazione delle foreste demaniali di Solda, con sede a Silandro (BZ), che nella documentazione ufficiale degli anni a seguire adottò, alternativamente e senza particolari distinzioni, anche le denominazioni di Ufficio di amministrazione delle foreste demaniali di Solda e Parco nazionale dello Stelvio, Ufficio del Parco nazionale dello Stelvio, Amministrazione del Parco nazionale dello Stelvio o Ufficio di amministrazione del Parco nazionale dello Stelvio (denominazione che si è deciso di adottare come forma normalizzata).
Un ruolo centrale era riservato alla Milizia nazionale forestale, corpo armato creato nel 1926 in sostituzione del Corpo reale forestale. Ad essa era affidata direttamente la sorveglianza su tutto il territorio del Parco, ma al contempo il personale della Milizia si occupava sin dalla sua istituzione della gestione tecnico-amministrativa dell’intera Azienda e, di conseguenza, anche delle attività tecnico-amministrative dell’ufficio di Silandro. Il rapporto gerarchico tra Milizia, Azienda e Parco emerge anche da alcuni aspetti materiali, come la dicitura riportata sulle targhe commissionate per la delimitazione dei confini del territorio sottoposto all’ente: Milizia nazionale forestale – Azienda di Stato per le foreste demaniali – Parco nazionale dello Stelvio, «con fasci e aquila stilizzata della Milizia nazionale forestale in colori verde, nero e arancione».
I membri della Milizia addetti ai servizi di sorveglianza si dovevano occupare, in particolare, di prevenire e sanzionare tutte le attività vietate all’interno del territorio del Parco, tra le quali: a) la manomissione e l’alterazione delle bellezze naturali e delle formazioni geologiche da determinarsi attraverso apposito regolamento ove non espressamente previste dalla legge; b) l’esecuzione di tagli boschivi e la raccolta di specie vegetali non espressamente autorizzate; c) l’esercizio del pascolo non autorizzato; l’apertura e l’esercizio di cave di pietrame non autorizzati. La definizione dei parchi nazionali come riserve di caccia, sancita dal regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016, aumentò ulteriormente i compiti di controllo della Milizia.
Oltre all’Ufficio di amministrazione del Parco, la legge del 1935 dispose l’istituzione di una Commissione consultiva, con sede a Roma, incaricata di «formulare proposte sulle attività di carattere scientifico attinenti alla flora, fauna, formazioni geologiche, bellezze naturali e sullo sviluppo del turismo, da svolgere nel Parco per meglio raggiungere le finalità della sua costituzione». La Commissione, da nominarsi con decreto reale, doveva essere formata da: a) un professore di zoologia, da un professore di botanica, da un ufficiale della Milizia forestale e da un esperto in materia, tutti designati dal ministro per l’Agricoltura e per le Foreste; b) un rappresentante del Ministero delle comunicazioni; c) un rappresentante del Ministero delle corporazioni, da scegliersi tra i membri del Comitato geologico; d) un rappresentante del Sottosegretariato di Stato per la stampa e la propaganda; e) un rappresentante del Touring club italiano; f) un rappresentante del Club alpino italiano; g) i presìdi delle Amministrazioni provinciali di Trento, Bolzano e Sondrio; h) l’ufficiale della Milizia forestale amministratore del Parco.
Il capomanipolo dell’ufficio della Milizia di Silandro ricopriva anche il ruolo di amministratore del Parco. Il primo ad assumere la carica fu Carlo Castelli (24 aprile 1935 – 20 settembre 1935), la cui nomina gli fu annunciata sin dall’ottobre 1934. Castelli si mise immediatamente all’opera, abbozzando il programma delle attività del futuro Parco e prevedendo le azioni da intraprendere immediatamente in materia di delimitazione e sorveglianza del territorio protetto, organizzazione degli uffici, tutela e miglioramento della flora, incremento della fauna, conservazione delle bellezze del paesaggio e sviluppo del turismo.
Le notizie sui primissimi anni di attività del Parco e sulla sua organizzazione amministrativa sono tuttavia scarse a causa delle lacune riscontrate nella documentazione del periodo, in larga parte andata distrutta durante la Seconda guerra mondiale. A caratterizzare l’ente fu in ogni caso l’instabilità, con un susseguirsi di frequenti cambi al vertice. Nel giro di pochi anni a Castelli subentrarono Jacopo Breschi (20 settembre 1935 – 17 giugno 1936), Gino Vidi (17 giugno 1936 – 23 novembre 1938), Antonio Gatti (23 novembre 1938 – 15 febbraio 1939); Emilio Girardi (15 febbraio 1939 – 31 maggio 1940); Pietro Fornaciari (31 maggio 1940 – 13 giugno 1940); Giuseppe Barsanti (13 giugno 1940 – 8 marzo 1941); Pietro Fornaciari (8 marzo 1941 – 26 maggio 1941); Giuseppe Barsanti (26 maggio 1941 – 24 gennaio 1944, dopo l’8 settembre 1943 solo per la parte lombarda del Parco).

Dalla gestione separata alla riorganizzazione del Secondo dopoguerra (1943 – 1948)

Dopo gli avvenimenti dell’8 settembre 1943, l’Ufficio di amministrazione di Silandro fu sottoposto all’Autorità forestale tedesca, in seguito alla creazione dell’_Operationszone Alpenvorland_, suddivisione territoriale posta alle dirette dipendenze dell’amministrazione militare tedesca, comprendente le province di Bolzano, Trento e Belluno. Il settore lombardo, al contrario, passò in gestione all’Ufficio di Sondrio dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali, dando il via a una separazione che sarebbe cessata nel Secondo dopoguerra, quando l’intero Parco tornò sotto la gestione della sede altoatesina diretta dall’amministratore Fabio Clauser, che resse l’ufficio sino al febbraio 1949.
Nel frattempo, sul finire del 1943 la Milizia nazionale forestale della Repubblica sociale italiana fu trasformata in Guardia nazionale repubblicana della montagna e delle foreste, operante all’interno della neonata Guardia nazionale repubblicana, continuando tuttavia a svolgere funzioni pressoché analoghe. In quegli stessi giorni, la Milizia cessò di esistere anche nel Regno d’Italia, con il passaggio delle relative funzioni al Real corpo delle foreste, poi Corpo forestale dello Stato, regolato in maniera organica con decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804.
L’assetto definitivo dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali fu stabilito nel febbraio 1948, dopo una prima riorganizzazione seguita alla soppressione della Milizia del 1943. Il nuovo Consiglio di amministrazione dell’Azienda, presieduto dal ministro per l’Agricoltura e le Foreste, prevedeva dieci membri. Il Comitato amministrativo, anch’esso presieduto dal ministro, o dal direttore generale delle foreste o da chi ne faceva le veci, era composto dal medesimo direttore generale e dai due funzionari dei Ministeri del tesoro e delle finanze componenti il Consiglio di amministrazione. Il direttore generale delle foreste assumeva anche tutte le funzioni attribuite al comandante della soppressa Milizia nazionale forestale.

L’emanazione del Regolamento del Parco (1951)

A imprimere nuovo slancio al Parco fu il successore di Clauser, Emilio Citroni, in carica dal 1 marzo 1949 sino al 30 aprile 1967. Fu sotto la sua direzione che, con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1951, n. 1178, si giunse finalmente all’emanazione del regolamento del Parco, previsto sin dalla legge istitutiva del 1935.
In merito alle specifiche funzioni degli uffici amministrativi, fu specificato che dovevano essere necessariamente sottoposti all’autorizzazione dell’Azienda: a) la costruzione, il prolungamento o la modifica di strade di qualsiasi natura, comprese le mulattiere, nonché di sciovie, slittovie, teleferiche, linee telegrafiche, telefoniche e di trasporto di energia elettrica, a eccezione di quelle statali; b) la costruzione, il prolungamento o le modifiche di centrali elettriche, stabilimenti industriali di qualsiasi natura, rifugi alpini e fabbricati in genere di particolare importanza, siti al di fuori dell’abitato dei comuni; c) la modifica totale o parziale del corso di fiumi, torrenti e rivi. Erano sottoposti all’autorizzazione dell’Amministrazione del Parco le seguenti attività: a) esecuzione di tagli boschivi di qualsiasi natura ed entità; b) i dissodamenti e le trasformazioni di coltura; c) la raccolta delle specie vegetali spontanee vegetanti nell’interno del Parco, salvo le eccezioni stabilite annualmente dalla stessa Amministrazione del Parco; d) i rimboschimenti di zone nude.
Il Regolamento ribadì la natura di riserva di caccia del Parco, ai sensi del regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016, articolo 45. Su tutto il territorio erano vietati «la caccia e l’uccellagione con qualsiasi mezzo», ove non autorizzate, «il transito» con «armi, ordigni, strumenti che servono alla caccia od all’uccellagione o con cani da caccia», con la sola eccezione delle strade statali, provinciali e comunali, dove il passaggio fu garantito, a patto che le armi fossero scariche e smontate, o nella loro custodia, e che i cani fossero tenuti al guinzaglio.
In merito alla sorveglianza sul rispetto del Regolamento, fu stabilito che i verbali degli agenti di sorveglianza dovessero essere tempestivamente trasmessi alle autorità competenti tramite l’Amministrazione del Parco, alla quale era comunque lasciata la facoltà di comminare la contravvenzione in via amministrativa. Alle mansioni di sorveglianza, monitoraggio e gestione faunistica era preposto sia personale impiegato direttamente dall’Ufficio di amministrazione, denominato di volta in volta “personale di custodia”, “guardiaparco” e “guardiacaccia” e inquadrato contrattualmente come guardia giurata, sia personale del Corpo forestale dello Stato.

Dal trasferimento a Bormio all’estensione del territorio (1962 – 1977)

Nel settembre 1962 l’Ufficio di amministrazione fu trasferito da Silandro a Bormio (SO), sempre sotto la direzione di Citroni. Per circa un triennio gli uffici del Parco furono ospitati in un immobile privato, in attesa del completamento dell’edificio di via Monte Braulio, sede dell’Ufficio di amministrazione dal 1965 al 1995.
La gestione unitaria del Parco iniziò a essere messa in discussione a partire dagli anni ’70, in seguito all’entrata in vigore del secondo statuto di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige, che assegnava alle due Province le competenze in materia di foreste e parchi, in linea con quanto era già stato previsto con il primo statuto del 1948. In base al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279, i due enti locali avrebbero dovuto partecipare all’amministrazione del Parco attraverso la costituzione di un apposito Consorzio con lo Stato. In attesa dell’istituzione del nuovo organo, le funzioni amministrative furono demandate all’Ufficio di amministrazione di Bormio, soluzione “provvisoria” che di fatto si sarebbe protratta sino al 1995.
Per il Parco iniziò comunque una lunga fase di incertezze istituzionali che segnarono le direzioni di Vittorio Agnelli (1 maggio 1967 – 19 febbraio 1973) e Walter Frigo, ultimo amministratore del Parco (20 febbraio 1973 – 1995). Malgrado tali difficoltà, nel 1977 la superficie protetta raggiunse la sua massima estensione (134.600 ettari), con l’ingresso dell’Alta Valle Camonica (Val Grande, Val Canè, Val delle Messi e Val di Viso), di una vasta area tra la Valfurva e Sondalo (Val di Rezzalo) e di un’ampia porzione del territorio compreso tra Bormio e Livigno (Valli di Cancano, S. Giacomo di Fraele e Livigno), creando un collegamento diretto tra il Parco nazionale dello Stelvio e il Parco nazionale Svizzero. Più di recente, nel 2006, furono escluse dal Parco le aree fortemente antropizzate del fondovalle venostano.

Dalla soppressione dell’Azienda di Stato delle foreste demaniali alla nascita del Consorzio di gestione del Parco (1977 – 1995)

La seconda svolta, sul piano normativo, giunse con il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, che dispose la soppressione dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali e demandò le funzioni amministrative concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve ed i parchi naturali alle regioni a statuto ordinario, che con il precedente decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 11, avevano già ottenute le funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca, in linea con l’articolo 117 del dettato costituzionale.
Il provvedimento del 1977 ribadì tuttavia il carattere unitario dei parchi nazionali e stabilì che la loro gestione sarebbe stata definita da un’apposita legge da emanarsi entro il 31 dicembre 1979. Per il Parco nazionale dello Stelvio, in particolare, fu ribadito quanto stabilito con il decreto del Presidente della Repubblica del 1974, prefigurando l’ingresso di Regione Lombardia nel Consorzio di cui già avrebbero dovuto far parte Stato, Provincia autonoma di Bolzano e Provincia autonoma di Trento. In attesa dell’emanazione della norma, per cui si dovettero attendere più di dieci anni, il Parco continuò a essere gestito dall’Ufficio amministrazione di Bormio, incardinato nell’ambito della Gestione ex Azienda di Stato per le foreste demaniali, ufficio istituito nel 1978, in seguito a decisione n. 855 della Corte dei conti, con il compito di gestire quella parte del patrimonio forestale rimasto di pertinenza statale.
Dal punto di vista istituzionale e amministrativo, la situazione non mutò neppure dopo l’istituzione del Ministero dell’ambiente (1986), competente in materia di parchi, al quale il Ministero dell’agricoltura e delle foreste avrebbe dovuto trasmettere copia di tutte le pratiche relative al Parco. Lo stallo venutosi a creare si sbloccò solo con l’emanazione della tanto attesa legge quadro sulle aree protette (Legge 6 dicembre 1991, n. 394), che stabilì il definitivo ingresso di Regione Lombardia nel futuro Consorzio di gestione del Parco nazionale dello Stelvio. L’accordo tra le parti fu raggiunto nel 1992, per essere recepito dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri 26 novembre 1993 e da successive leggi provinciali e regionali delle parti coinvolte. Sino alla primavera del 1995, tuttavia, l’Amministrazione del Parco continuò a operare presso l’Ufficio di amministrazione delle foreste demaniali di Bormio dipendente dalla Gestione ex ASfd, in attesa che si costituissero gli organi del nuovo Consorzio. L’Ufficio di amministrazione del Parco cessò di esistere nel marzo 1995, con l’entrata in carica del commissario del Consorzio Annibale Mottana (aprile – settembre 1995), che nell’agosto di quello stesso anno fu nominato primo presidente dell’ente, le cui attività presero il via nell’ottobre seguente.

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  • Prima redazione: Marco Lanzini (archivista) - Data intervento: 16 dicembre 2019