Congregazione di carità

I precedenti della congregazione di carità, istituita nel Regno d’Italia con legge 3 agosto 1862, n. 753 sull’amministrazione della opere pie, vanno ricercati nella normativa sugli istituti di beneficenza della Repubblica italiana (1802 – 1805) e del Regno d’Italia napoleonico (1805 – 1814).
Con decreto 3 agosto 1803, il vicepresidente della Repubblica italiana, vista la necessità di estendere provvisoriamente a tutta la Repubblica i regolamenti in vigore in vari dipartimenti per la migliore amministrazione economica e più esatta tutela dei beni addetti a istituti di religione o di beneficenza, su rapporto del ministro per il culto, stabilì un regolamento provvisorio per l’amministrazione e tutela dei beni addetti a istituti di religione o di beneficenza, portante le modalità di tenuta e trasmissione dei bilanci annuali, le norme sulle rendite e proprietà fondiarie e i rapporti con il ministro.
Con il decreto sull’amministrazione generale di pubblica beneficenza, dato dal viceré Eugenio di Beauharnais il 5 settembre 1807, fu di fatto stabilito un sistema regolare e uniforme nell’amministrazione della pubblica beneficenza.
Per decreto di Napoleone Bonaparte 21 dicembre 1807, infine, gli oggetti di beneficenza pubblica passarono nelle attribuzioni del ministro dell’interno; i comuni venivano incaricati di supplire ai bisogni degli ospedali, orfanotrofi, istituti elemosinieri, i cui beni erano amministrati da un certo numero di probi cittadini del comune. Gli istituti creati localmente prendevano il nome di congregazione della carità. Il decreto del dicembre 1807 fissava il numero degli amministratori a seconda del numero di abitanti; prefetto del dipartimento, vescovo e podestà facevano parte della congregazione; il consiglio d’amministrazione, composto di quattro consiglieri, esercitava presso il ministero dell’interno le stesse ispezioni sugli enti, redditi e lasciti di pubblica beneficenza che prima esercitava presso il ministero per il culto.
La congregazione fu abolita con la Restaurazione. Nel 1815, venne riattivata la legislazione austriaca che diede alla congregazione di carità un regime semplificato rispetto al passato. La nuova amministrazione, rimasta in vigore fino alla legge sabauda del 20 novembre 1859 sull’assistenza, era costituita da un solo amministratore per tutti gli affari che riguardavano il buon andamento del patrimonio e da un direttorio elemosiniero per l’erogazione delle elemosine. Il direttorio si componeva di due membri: il parroco locale e un deputato comunale dimorante nel comune.
Con la legge del 1862, venne istituita presso ogni comune del Regno una congregazione di carità con lo scopo di curare l’amministrazione dei beni destinati all’erogazione di sussidi e altri benefici per i poveri (cfr. Antoniella 1979, pp. 85 – 86).
La congregazione di carità era un ente morale sostenuto con donazioni e lasciti; curava gli interessi dei poveri e ne assumeva la rappresentanza legale davanti all’autorità amministrativa e giudiziaria; amministrava i beni che le erano assegnati per elargire le rendite secondo la legislazione vigente; assisteva e curava gli orfani e i minorenni abbandonati, i ciechi e i sordomuti poveri. Fonte e sostentamento dell’istituto erano le somme assegnate da enti pubblici (comune, istituti di credito) e le rendite dei beni donati o lasciati da privati. Le congregazioni di carità erano anche incaricate dell’amministrazione delle opere pie preesistenti, la cui gestione fosse loro attribuita dai rispettivi consigli comunali. La congregazione sovrintendeva al conseguimento degli scopi delle opere pie poste sotto la sua dipendenza con i redditi derivanti dal patrimonio di ciascuna di esse, il cui ammontare era determinato nei rispettivi inventari e bilanci.
La gestione della congregazione era affidata a un consiglio d’amministrazione, composto da un presidente e da un numero variabile di componenti (dipendente dell’entità della popolazione residente) eletti dal consiglio comunale, in parte al proprio interno, e disponeva di un segretario e di un tesoriere per la gestione rispettivamente della corrispondenza e della contabilità.
Lo strumento regolatore dell’attività era lo statuto organico.
Le funzioni e le attività da svolgere da parte delle congregazioni di carità, nonché le modalità di gestione, furono ridefinite nel 1890 e 1891, in base alla legge 17 luglio 1890, n. 6972 sulle istituzioni pubbliche di beneficenza, e al successivo regolamento emanato con decreto reale n. 99 del 5 febbraio 1891.
Con legge 3 giugno 1937, n. 847 le congregazioni di carità vennero soppresse e le loro competenze passarono ai nuovi enti comunali di assistenza (ECA).
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Bibliografia
Antoniella 1979 = A. Antoniella, L’archivio comunale postunitario. Contributo all’ordinamento degli archivi dei comuni, Firenze, Giunta regionale toscana e La Nuova Italia, 1979
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Fonti normative
- decreto 3 agosto 1803 (= d. 3 ago 1803)
- decreto 5 settembre 1807 (= d. 5 set 1807)
- decreto 21 dicembre 1807 (= d. 21 dic 1807)
- legge 20 novembre 1859 (= l. 20 nov 1859)
- legge 3 agosto 1862, n. 753 (= l. 753/1862)
- legge 17 luglio 1890, n. 6972 (= l. 6972/1890)
- decreto 5 febbraio 1891 (= d. 5 feb 1891)
- legge 3 giugno 1937, n. 847 (= l. 847/1937)
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(Redazione a cura di Saverio Almini, 2006)

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